Svegliarsi con una sensazione di rigidità, sentirsi “come delle mummie”, faticare persino a mettersi i calzini sono alcune delle condizioni che caratterizzano l’osteoartrosi. Una patologia che solitamente si associa al passare degli anni, ma che invece può colpire anche persone più giovani e sportivi, come Massimiliano Rosolino. L’ex nuotatore, oggi 44enne, ci ha raccontato come è arrivato alla diagnosi e come gestisce questi dolori.

Cos’è l’osteoartrosi

Spesso le prime manifestazioni di dolore, rigidità o difficoltà nel camminare compaiono durante lo svolgimento di attività comuni come alzarsi, vestirsi, lavarsi, infilarsi le scarpe o andare al supermercato. È la classica sensazione “della mummia”. Ma si tratta di segnali da non sottovalutare, che possono portare a una vera e propria diagnosi di osteoartrosi. Prima che si troppo tardi, che si fatichi a compiere semplici movimenti quotidiani, è dunque importante saper intercettare i segnali. È questo lo scopo della campagna “Not a Good Moarning?”, promossa da IBSA Italy con il patrocinio di ANMAR ODV – Associazione Nazionale Malati Reumatici e del Municipio 1 del Comune di Milano. Gioca sulle parole Morning e MOArning, in cui OA fa riferimento all’OsteOArtrosi. A parlarne è l’ex nuotatore Massimiliano Rosolino, special guest dell’iniziativa.

Max Rosolino e i primi dolori

Difficile pensare che un grande sportivo come Max Rosolino possa soffrire di dolori articolari, eppure è così: «Non ho ricevuto una diagnosi diretta, tuttavia sentendo la parola riconosco i sintomi sia di persone a me care e che conosco direttamente, sia di casi di cui si parla sempre più e con cui entro in contatto costantemente. Durante la campagna si fa particolare riferimento alla rigidità, al non riuscire a mettere i calzini. Ecco, qui mi sono sentito chiamato in causa in prima persona», spiega il campione, non esente da dolori come altri sportivi.

Perché l’osteoartrosi colpisce anche gli sportivi

«È una diagnosi che può riguardare sia chi pratica attività sportiva, sia chi conduce uno stile di vita sedentario – chiarisce Rosolino – In generale, chi pratica attività sportiva tende a prestare maggiore attenzione alla propria forma fisica, a recepire meglio una diagnosi ed affrontare un protocollo di recupero riabilitativo. Da qui il campanello d’allarme che ha sentito anche l’ex nuotatore: «Sentirsi delle mummie e non riuscire a mettersi i calzini sono dei sintomi che si dovrebbe provare raramente, a me è successo le poche volte in cui sono rimasto a letto per piccoli infortuni. Non dico che questi sintomi non debbano essere mai provati, ma raramente, perché è anche grazie alla nostra memoria traumatica che capiamo l’importanza del prenderci cura del nostro corpo e delle nostre articolazioni».

Osteoartrosi, cosa fare?

«L’unico modo per poter ridurre questi sintomi è il movimento, a qualsiasi età – consiglia Rosolino – Gli esercizi che consiglio di fare riguardano l’attività aerobica, la forza e l’elasticità. Io personalmente pratico Pilates, vado in palestra e corro. Per una persona che vuole preservare il benessere proprio e delle proprie articolazioni bastano piccoli accorgimenti: andare a camminare, praticare esercizi che aiutino a portare i sacchi della spesa, stimolare i movimenti della mano contraendola a pugno e aprendola. Sono dei piccoli accorgimenti da prendere nel quotidiano che contribuiscono nel condurre un corretto stile di vita e mantenere il benessere a lungo termine».

I controlli da effettuare

La prevenzione, però, è rimane la parola d’ordine: «Effettuare regolarmente controlli da medici specialisti, mantenere un’alimentazione corretta e soprattutto evitare la sedentarietà sono importantissimi», aggiunge Rosolino. «Intervenire precocemente nell’osteoartrosi è fondamentale per rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita. Il primo passo è riconoscere i sintomi iniziali, come dolore e rigidità articolare, e rivolgersi a un medico per una diagnosi tempestiva, che può includere un esame clinico dettagliato e test di imaging, come le radiografie. Poi è essenziale un approccio multidisciplinare, che includa lo stile di vita. Mantenere un peso corporeo sano, per esempio, riduce il carico sulle articolazioni, soprattutto su ginocchia e anche. Una dieta equilibrata, invece, può aiutare a controllare l’infiammazione e migliorare la salute articolare», conferma Mario Vetrano, Professore Associato di Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università Sapienza di Roma.

Le donne più colpite dopo i 50 anni

Una particolare attenzione va prestata alle over 50: mentre fino ai 50 anni, «gli uomini tendono ad essere leggermente più colpiti, soprattutto per quanto riguarda l’osteoartrosi dell’anca. Tuttavia, dopo i 50 anni, la prevalenza è significativamente più alta nelle donne, in particolare per quanto riguarda le articolazioni delle mani e le ginocchia – conferma Vetrano – Dopo la menopausa, infatti, le donne sperimentano un calo significativo degli estrogeni, che hanno un effetto protettivo sulla cartilagine articolare e la cui diminuzione sembra aumentare la suscettibilità all’osteoartrosi. Inoltre, le donne tendono ad avere un’architettura articolare diversa rispetto agli uomini, con un maggiore angolo del ginocchio (valgo), che può contribuire a un maggiore stress articolare».

Una malattia legata all’età

Nonostante possa colpire anche i più giovani, però, «l’osteoartrosi è principalmente una malattia legata all’età. Di solito compare dopo i 45 anni e la sua prevalenza aumenta con l’invecchiamento. Nelle persone sopra i 65 anni, l’osteoartrosi è molto comune, con una prevalenza che può superare il 50% in alcune popolazioni. Tuttavia, anche le persone più giovani possono esserne colpite, specialmente se presentano fattori di rischio specifici come traumi articolari, obesità, lesioni articolari pregresse o una predisposizione genetica», sottolinea il medico.

I campanelli d’allarme

I sintomi dell’osteoartrosi possono variare a seconda delle articolazioni coinvolte e della gravità della malattia, ma ci sono alcuni segni tipici. «Il più comune è il dolore articolare, che all’inizio può essere lieve e associato all’attività fisica, ma con il progredire della malattia diventa più costante. Spesso il dolore peggiora con il movimento o alla fine della giornata, migliorando con il riposo. Un altro sintomo frequente è la rigidità articolare, che si manifesta soprattutto al mattino o dopo lunghi periodi di inattività, e generalmente dura meno di 30 minuti. La riduzione della mobilità articolare è un altro segno caratteristico, rendendo difficile compiere movimenti completi e limitando progressivamente le attività quotidiane», spiega Vetrano.

Gli “scricchiolii” sospetti

«Un altro sintomo tipico sono i crepitii articolari, che si manifestano come una sensazione di scricchiolio o scroscio durante il movimento delle articolazioni colpite. Può inoltre comparire un lieve gonfiore intorno all’articolazione interessata, dovuto all’infiammazione della membrana sinoviale o all’accumulo di liquido sinoviale. Tutti questi sintomi possono diventare più costanti e peggiorare nelle fasi più avanzate», chiarisce il medico.

Gli esercizi giusti

Se il dolore nei movimenti è uno dei sintomi, l’inattività è tra i fattori che possono aumentarli: «L’esercizio fisico regolare è un elemento chiave: attività come il nuoto, la camminata o il ciclismo rafforzano i muscoli circostanti le articolazioni, migliorando il supporto e la stabilità articolare. Gli esercizi di stretching e mobilizzazione mantengono la flessibilità e riducono la rigidità. Inoltre, la fisioterapia può essere utile per sviluppare un programma di esercizi personalizzato che migliori la mobilità e la funzionalità – conferma Vetrano – Dal punto di vista farmacologico, è possibile utilizzare farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o paracetamolo per il sollievo dal dolore. Nei casi più avanzati o gravi, le iniezioni intra-articolari di acido ialuronico o corticosteroidi possono alleviare l’infiammazione. Anche i condroprotettori come la glucosamina e il condroitin solfato possono essere utili nel ridurre i sintomi, ma è importante consultare sempre uno specialista, come un fisiatra o un ortopedico».