Maddalena Adorno e i farmaci per ritardare l’invecchiamento

E se gli anni migliori fossero quelli che devono ancora venire? Maddalena Adorno, scienziata, ha realizzato una scoperta rivoluzionaria: il meccanismo che ritarda l’invecchiamento. E con la sua startup sta lavorando a una nuova generazione di farmaci per rallentare le malattie legate all’età

«Questo non era il mio sogno ma, quando ti trovi nel posto giusto al momento giusto, non puoi tirarti, indietro». Una dozzina di anni fa, a 30 anni, l’italiana Maddalena Adorno, scienziata e ricercatrice, una laurea e un dottorato in Biotecnologia medica a Padova, un post-dottorato alla Stanford University, metteva a segno un’importante scoperta destinata a imprimere una svolta epocale nella medicina, in particolare nel campo degli studi sulla longevità e l’invecchiamento. Con una ricerca innovativa indicava la strada per guidare le cellule verso la rigenerazione, ritardando così il processo d’invecchiamento e ponendo un argine all’evoluzione delle malattie a esso legate: tra queste, Alzheimer, diabete, osteoporosi.

Maddalena Adorno ha scoperto un meccanismo che rallenta l’invecchiamento

Ora la brillante studiosa italiana, che ha inaugurato a Stanford il primo corso di Aging and longevity, si prepara a lanciare sul mercato una nuova generazione di farmaci utili, in un vicino futuro, a rallentare la progressione dell’invecchiamento e rendere le persone anziane più vitali grazie all’azienda biotech di cui è ceo e co-fondatrice con un’amica e collega: Dorian Therapeutics, nel cui nome riecheggia la celebre opera di Oscar Wilde dedicata all’ossessione dell’eterna giovinezza. «Un progetto che più che aggiungere anni alla vita, regala più vita agli anni».

Su quali evidenze poggia la sua scoperta?

«Mi sono, accorta che tutte le malattie dell’invecchiamento hanno una cosa in comune, cioè i meccanismi molecolari, e che cellule staminali e invecchiamento sono due aspetti intimamente collegati: si possono regolare, amplificando la rigenerazione e rallentando l’invecchiamento».

Come ci è arrivata?

«Il momento di svolta è stato quando abbiamo cominciato a studiare le persone con la sindrome di Down, generalmente soggette a un invecchiamento precoce, finora non sufficientemente analizzato: già dall’infanzia presentano i livelli di senescenza di un 50-60enne e spesso, ancora giovani, si ammalano di Alzheimer, diabete e osteoporosi. Compreso il quadro clinico, ne abbiamo osservato il funzionamento cellulare. L’ultimo step è stato indagare le cause che risiedono – abbiamo scoperto – nel cromosoma 21, di cui queste persone hanno una dotazione extra: in tale cromosoma c’è una sorta di regolatore dell’invecchiamento. La sfida era riuscire ad agire su quel regolatore per migliorare la qualità dell’invecchiamento e contrastare i disturbi che porta con sé. Poi andava verificato che queste osservazioni non riguardassero solo la sindrome di Down, ma tutte le persone».

Maddalena Adorno, quando si è resa conto di aver fatto una scoperta rivoluzionaria?

«C’è voluto del tempo. Da scienziata, ho raffreddato gli entusiasmi e fatto in modo che il maggior numero di studiosi possibile avesse l’opportunità di verificare con i propri occhi le evidenze raccolte. Ho condiviso le mie informazioni con una serie di scienziati a Stanford: chi studiava il cervello, chi l’Alzheimer, chi il tessuto mammario, oppure il colon. Ho chiesto loro: “Vedi quello che vedo io?”. Dopo una lunga serie di esperimenti, tutti hanno confermato. Solo allora mi sono autorizzata ad ammettere di aver scoperto qualcosa».

Con la sua startup Maddalena Adorno mira a produrre farmaci contro l’invecchiamento

Qualcosa che l’ha convinta a fare il grande salto fuori dall’Accademia.

«Le ricerche accademiche raramente ti consentono di arrivare in fondo a quel genere di scoperte, di completare il percorso finalizzando l’ultimo tratto che spesso si rivela il più complesso. Avevo 10 anni di ricerca e molte pubblicazioni alle spalle, mi sono chiesta se davvero avrei voluto continuare così: nuove borse di studio, altri studi e articoli. Avevo voglia di fare la differenza, di “quagliare”».

Quando ha preso la decisione?

«Quando sono rimasta incinta della mia prima figlia. In quei mesi, aspettava il suo secondo figlio anche una collega e amica di sempre, Benedetta Di Robilant, conosciuta a Stanford. Durante il congedo, di maternità, abbiamo avuto occasione di parlare un po’. Per le mie scoperte avevo ottenuto un brevetto: ci siamo dette che sarebbe stato bello riuscire a realizzare qualcosa al di fuori dell’Accademia. Avevo già provato ad aprire una company con altri professori, ma restando dentro Stanford: in questo tipo di impresa, se non ti butti al 100%, non puoi avere successo».

Quello della longevità è un mercato promettente.

«Nel 2018, quando abbiamo inaugurato la startup, non era ancora così, anche se a Palo Alto, dove abito, al centro della Silicon Valley, ogni mese già si tenevano dei saloni dedicati alla longevità, in cui persone di tutte le estrazioni sociali, scienziati, milionari, “tech people” si trovavano per confrontarsi sul tema con una visione integrata, che condivido pienamente: prolungare gli anni della vecchiaia, viverli in salute, non è un tema meramente scientifico, ma un’opportunità, un cambiamento epocale per la società».

Sta studiando una terapia di prevenzione contro l’artrite

A che punto siete? Come agisce la terapia che state mettendo a punto?

«Siamo in una fase pre-clinica: stiamo sviluppando sia una pillola da prendere oralmente sia un’iniezione locale sul ginocchio per l’artrite. Il nostro scopo è agire sulle malattie che affliggono l’invecchiamento e minacciano la longevità: per ora ci stiamo dedicando proprio all’artrite con un programma che vorremmo sviluppare in Italia, oltre che alla fibrosi e alle malattie autoimmuni».

Funzionerà, in forma di prevenzione, anche con le persone “sane”?

«Di prevenzione o di intervento precoce, ai primi sintomi di un decadimento. Ma non è una pillola magica. Ciò che osserviamo nei nostri modelli è che in caso di malattia si registra una regressione, somministrato in forma preventiva, la malattia si sviluppa più lentamente».

Che effetto le fa partecipare alla prossima Italian Tech Week a Torino e portare in Italia parte di questa, ricerca? «Mi rende orgogliosa, mi fa piacere condividere la mia esperienza, in particolare con le ragazze italiane: la mia storia dimostra che questo tipo di carriera non impone di sacrificare passioni e vita privata. Io ho un marito, due figli, mi alleno quotidianamente, non sono diventata un’asceta per dedicarmi all’azienda. Se vivi solo per lavorare, non hai la lucidità per fare le scelte giuste, non hai la forza e la lungimiranza per affrontare un percorso imprenditoriale, innovativo. Benedetta e io abbiamo cinque figli in due, ci siamo sempre sostenute, senza giudizi: sappiamo entrambe che possiamo dare il massimo, anche quando al centro dei nostri pensieri c’è la vita privata».

Appuntamento con Maddalena Adorno all’Italian Tech Week

Maddalena Adorno, scienziata, ceo e co-fondatrice di Dorian Therapeutics sarà – accanto a personalità come Sam Altman, fondatore e ceo di OpenAI, e Brian Chesky, fondatore di Airbnb – tra gli ospiti, internazionali dell’Italian Tech Week, l’evento annuale di Italian Tech, che si tiene a Torino dal 27 al 29 settembre presso OGR, Officine Grandi Riparazioni. Tre giorni di talk, panel, masterclass e performance che riuniscono le menti più brillanti della scena tech planetaria per parlare di innovazione. E tracciare tra spazio, filosofia, musica, cinema, salute, ambiente e solidarietà, l’affresco delle trasformazioni che attraversano il presente e che ci traghetteranno nel futuro. Info su italiantechweek.com.

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