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Marina Spadafora e la sua lotta per una moda etica

Con il movimento Fashion Revolution, di cui è coordinatrice per l’Italia,Marina Spadafora ha ottenuto un primo, grande risultato: la strategia europea per la sostenibilità del settore tessile. Prossimo obiettivo? «Paghe più giuste»

Malgrado siano sempre più numerose le aziende fashion che hanno ridotto i propri rifiuti, investito in materiali riciclabili o lavorazioni a basso impatto, attuato politiche di controllo sulla filiera, l’industria della moda globale ha ancora grandi problemi con l’inquinamento e le violazioni dei diritti umani.

Marina Spadafora e Fashion Revolution

Abbiamo chiesto a Marina Spadafora di aiutarci a capire cosa è stato fatto davvero, cosa è andato storto, come si possa agire nel concreto. Da sempre portavoce di un moda etica e sostenibile nel mondo, ha gestito il suo brand, collaborato con Ferragamo, Prada, Miu Miu, Marni e Aspesi come consulente stile, ed è docente di moda etica in prestigiose accademie. È stata direttrice creativa di Auteurs du Monde, il brand fair trade di Altro Mercato, e dal 2014 è la coordinatrice nazionale italiana di Fashion Revolution, il movimento internazionale che chiede all’industria della moda di diventare un settore più etico e rispettoso dell’ambiente.

Le nuove norme renderanno la moda più etica e sostenibile

Si potranno mai raggiungere criteri unici, validi almeno per l’Europa, per garantirci che quello che acquistiamo etichettato come eco, sostenibile, organico, lo sia davvero?

«Nel marzo 2022 è stata pubblicata la nuova strategia dell’Ue per il tessile circolare, sulla base della proposta di legge “Fair and Sustainable Textiles” presentata al Parlamento europeo da una coalizione di 60 Ong. Dal 2024 le norme inserite nella strategia diventeranno legge in tutti i Paesi europei. Ci sono molti punti importanti al suo interno, come i principi di ecodesign mandatorio, la responsabilità estesa del produttore, le etichette con un codice QR che racconterà tutta la storia del capo che stiamo per acquistare. E il green washing diventerà perseguibile per legge».

È vero che al momento non ci sono ancora certificazioni oggettive?

«Esistono molte certificazioni serie ma sono molto costose, per cui soprattutto i marchi emergenti non se le possono permettere. Dall’implementazione delle nuove leggi nel 2024 tutto cambierà e si dovrà essere molto più trasparenti. Anche le dichiarazioni false saranno perseguibili».

A quali enti devono rivolgersi le aziende?

«In Italia abbiamo ICEA, Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale, per le certificazioni di prodotti biologici. La certificazione più attendibile nel settore moda, che stabilisce uno standard globale, è GOTS, Global Organic Textile Standard, promossa dalle organizzazioni internazionali leader nell’agricoltura biologica per garantire uno sviluppo responsabile e sostenibile nel settore tessile. Detto ciò, come consumatori noi dobbiamo diventare più attenti. Esistono app molto utili che possono darci informazioni dettagliate sulla sostenibilità dei brand. Sta a noi poi scegliere cosa fare. In genere, un marchio è serio se le sue iniziative green hanno continuità e non sono episodi isolati».

Puntano alla sostenibilità grandi gruppi del lusso e giovani brand

Si parla di investimenti importanti: sono le nuove realtà o i grandi marchi a impegnarsi di più?

«C’è una corsa ad allinearsi con le nuove richieste dei consumatori e dei legislatori da parte sia dei grandi gruppi del lusso sia dei giovani brand molto creativi nell’ideare collezioni di capi vintage tagliati e riassemblati, oppure fatte con tessuti recuperati prima che venissero buttati o bruciati. Le vie della sostenibilità sono infinite, bisogna solo avere voglia di accogliere la sfida! A New York e Miami ha aperto un bellissimo negozio, The Canvas, (thecanvas.global, ndr), che offre solo marchi sostenibili ed etici provenienti da tutto, il mondo. È sempre fonte di ispirazione curiosare tra queste idee».

Come riconoscere se un capo è sostenibile? Basta fidarsi delle sigle sull’etichetta?

«Prima di comprare dovremmo informarci sul brand che ci attrae, ci sono diverse app per farlo. Possiamo anche comperare vintage o cercare il negozio che fa per noi sulla mappa dello shopping sostenibile di Fashion Revolution Italia (italy.fashionrevolution.org/en/the-revolution-map, ndr). La pigrizia mentale è il peggior nemico della sostenibilità!».

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Va dato un salario giusto ai lavoratori della filiera della moda

Con Fashion Revolution lei si è impegnata moltissimo per rendere la moda più sostenibile. Cosa avete ottenuto? Quali sono gli obiettivi futuri?

«La strategia tessile dell’Ue è un grande successo e dimostra che quando uniamo le forze siamo invincibili. Ora ci stiamo concentrando sulla campagna di raccolta firme “Good Clothes Fair Pay” per sostenere una nuova proposta di legge depositata al Parlamento europeo per ottenere il pagamento di un salario dignitoso per i lavoratori della filiera della moda. I 70 milioni di persone che oggi fanno i nostri vestiti percepiscono la paga minima, che nei Paesi di Sud Est asiatico, Africa e Sudamerica è sotto il livello di povertà. Sono 160 milioni di piccoli lavoratori nel mondo, conseguenza del mancato pagamento di un salario dignitoso ai loro genitori».

Qual è il nemico n. 1 quando si parla di evoluzione in chiave sostenibile? Come possiamo combatterlo?

«L’ignoranza è un grande ostacolo. Se una persona non sa, non può agire. Poter scegliere è l’arma più potente che abbiamo. Io e Fashion Revolution ci impegniamo per creare consapevolezza attraverso corsi, eventi, libri. Ma anche con Junk: Armadi Pieni, la docuserie coprodotta da Will Media e Sky Italia, con Matteo Ward, imprenditore e fondatore del marchio green e genderfree Wrad. In 6 episodi racconta le persone e gli ecosistemi che subiscono l’impatto del fast fashion. Ogni puntata è dedicata a un Paese e un tema con uno scopo: generare consapevolezza e restituire la certezza che il cambiamento è possibile e che tutti abbiamo un ruolo da protagonisti».

Le app per scegliere bene

GOOD ON YOU È una rivoluzionaria piattaforma di rating di sostenibilità per la moda, la principale fonte mondiale di valutazioni dei marchi: è stata capace di costruire e mettere a disposizione di tutti un’enciclopedia dei brand classificati in base all’impatto delle loro azioni su persone, Pianeta e animali, (goodonyou.eco).

RENOON è un innovativo motore di ricerca made in Italy per la moda green. I quattro giovani imprenditori che lo hanno fondato hanno aggregato in un’unica piattaforma la più vasta selezione di articoli eco-friendly al mondo, dalle fasce di prezzo accessibili fino al luxury, la app è disponibile sia per Android sia per iOS.

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