“Guardami”. Lo penso osservando il signore in treno davanti a me, che ha le palpebre abbassate sul suo telefonino. Digita, scrolla, sorride, aggrotta le sopracciglia, fa una leggera smorfia con la bocca, abbassa il volume di una musichetta. Quando passa il controllore, solleva appena lo sguardo, porge lo schermo con il biglietto e poi ricomincia. Oltre tre ore di viaggio, nella tratta Milano-Roma, in cui non ci rivolgiamo la parola, non ci guardiamo negli occhi, non notiamo neppure il colore dei capelli o i vestiti dell’altro, se non in modo approssimativo e distratto. Ognuno rimane chiuso nella propria bolla, indifferente al paesaggio che scorre oltre i finestrini, alla pioggia che a un certo punto inizia a battere sui vetri, alla voce monocorde dell’altoparlante che annuncia l’ennesimo ritardo. Reggio Emilia, Bologna, Firenze Santa Maria Novella… Le stazioni sfilano una dietro l’altra e noi neanche ce ne accorgiamo. Siamo fisicamente presenti, ma con la testa altrove.

Immersi nello smartphone, persi nel presente

La stessa scena si ripete quando salgo su un vagone della metro, quando faccio la coda alla cassa di un supermercato, quando mi siedo nella sala d’attesa di un medico o di un ufficio pubblico. Testa bassa, spalle curve, dito che scorre e digita. Solo gli anziani ancora sostano pazienti misurando la fila e il tempo che manca.

Tutti gli altri, noi, nativi e immigrati digitali, ci intratteniamo con lo smartphone in una qualche attività, che sia di svago o di lavoro, ormai incapaci di passare anche pochi minuti a fare niente

Persino davanti al semaforo, aspettando il verde. Quando la pausa arriva, ci prende la fregola di acchiappare il cellulare e cercare. Cosa? Qualsiasi cosa. Il meteo, le notizie del giorno, la programmazione dei film nelle sale, un video scemo. Controlliamo di continuo le notifiche su WhatsApp, rispondiamo in tempo reale quando avvertiamo un bip, anche se stiamo parlando o mangiando con qualcuno, decidendo in automatico che quel messaggio ha la priorità, foss’anche un’inutile e rimandabilissima promozione del gestore telefonico.

Relazioni, smartphone e l’ombra della dipendenza digitale

È un meccanismo inconscio di cui siamo ormai quasi tutti schiavi e che sta avendo un impatto significativo sulla qualità della nostra vita, sulle relazioni familiari e sociali, sul benessere psicofisico. Perché non ci mettiamo mai veramente a riposo, sentendoci in dovere di essere perennemente connessi e reperibili, e tendiamo a trascurare ciò che realmente ci nutre, cioè il rapporto con gli altri, la riflessione, il confronto, il contatto. Fornendo esempi molto poco edificanti ai più piccoli e perpetrando un modello sbagliato che avrà di sicuro conseguenze sulle nuove generazioni.

Schiavi del capitalismo dell’attenzione: dipendenza da smartphone e profitto

Sia chiaro, nessuno condanna o rinnega gli enormi benefici portati dalla rivoluzione digitale, ma dopo la “grande abbuffata” è arrivato il momento di mettersi un po’ a dieta, ripensando in modo più equilibrato e consapevole il consumo che facciamo dei nostri alleati tecnologici. Una cosa più facile a dirsi che a farsi, essendo ormai quasi tutti scivolati in una forma più o meno grave di dipendenza, in cui è la dopamina, più che la volontà, a spingerci a smanettare senza sosta sul cellulare. A tutto vantaggio di quanti hanno imparato a trasformare la nostra attenzione in profitto, la frenesia di rimbalzare da una cosa all’altra in utile sistema per spegnere o smorzare il pensiero critico, facendoci credere a qualsiasi cosa.

Digital detox: il rimedio contro la distrazione digitale?

Per questo oggi si parla di capitalismo dell’attenzione, perché si tratta di un bene prezioso, un patrimonio inestimabile che stiamo lentamente dissipando a causa degli stimoli continui e della perdita progressiva della concentrazione. La soluzione non è staccare tutto e tornare in modalità analogica. Sarebbe anacronistico e impraticabile. Ma imparare a “dosare” e a rallentare. Perché è la velocità che ci rende distratti e superficiali. Portandoci lentamente ad atrofizzare parti di noi importantissime. Tornerò presto a parlarvi di questo, condividendo un’esperienza personale. Intanto vi anticipo che si discuterà di questi temi, con tanti ospiti interessanti, dal 20 al 22 giugno a Sauris, in provincia di Udine, nel primo Digital Detox Festival. Io ci sarò. Perché non voglio essere invisibile.