La ritrovano con il pigiama addosso, riversa sul letto, le orecchie coperte dalle cuffie del walkman, il braccio teso verso il telefono. Mia Martini muore il 12 maggio 1995, a 47 anni, nella sua casa in provincia di Varese. L’autopsia stabilisce che è stata colpa di un arresto cardiocircolatorio. C’è anche chi parla di overdose di stupefacenti, chi di suicidio: le circostanze non vengono mai chiarite del tutto. Di certo, la vita e la carriera di questa straordinaria artista sono state graffiate dalla cattiveria della gente, mentre una lunga relazione burrascosa l’ha allontanata ancora di più dalla serenità che meritava. Mia Martini continua a essere, nonostante tutto, un esempio luminoso di tenacia femminile, di sensibilità ribelle e di talento puro. A tre decenni dalla scomparsa, la ricordiamo attraverso sette canzoni. Come lei, indimenticabili.
Padre davvero
“Padre, davvero, ma chi ti somiglia? Ma sei sicuro che sia tua figlia?”: sono le parole con cui termina Padre davvero, primo brano che Domenica Rita Adriana Bertè firma come Mia Martini («Un impresario mi ha consigliato un nome d’arte che funzioni anche all’estero, proponendomi di scegliere tra spaghetti, Martini e pizza»). È il 1971, il testo viene giudicato “dissacrante” dalla censura della Rai, ma rappresenta per la cantante originaria di Bagnara Calabra un lasciapassare verso il successo. Scritta da Antonello De Sanctis prima di conoscere Mimì, la canzone sembra però ispirata al difficile rapporto tra la cantante e il papà Giuseppe, accusato più volte di essere violento e irascibile, soprattutto dalla sorella di Mia, la grande Loredana Bertè. La passione con cui Mia la interpreta confermano il sospetto che sappia bene di cosa sta parlando.
Piccolo uomo
Il primo vero successo commerciale di Mia Martini è del 1972. Piccolo uomo è la storia di una donna fragile, che supplica il compagno di non abbandonarla (“Piccolo uomo non mandarmi via, io piccola donna sola morirei”). Scritta da Bruno Lauzi, Michelangelo La Bionda e Dario Baldan Bembo, fa vincere a Mimì un disco d’oro e la nona edizione del Festivalbar. «Il successo mi era piovuto dal cielo, camminavo per la strada e sentivo il jukebox con la mia canzone, entravo nel bar e c’era il ritornello in radio. Non ero abituata al successo da hit parade», ricorderà la cantante, che porta il brano anche all’estero, incidendolo in francese e in spagnolo.
Minuetto
Il 45 giri di Mia Martini più venduto in assoluto fa conoscere al mondo Minuetto, canzone composta per Mimì da Franco Califano. «Piacerà alla gente di palato fino. Ma, siccome oggi i gusti si sono raffinati, dovrebbe piacere anche al grande pubblico», dice la Martini, lungimirante.
E vieni a casa mia, quando vuoi, nelle notti più che mai, dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi
Anche Minuetto è la fotografia di una donna che soffre per colpa di un uomo egoista, a cui non riesce a dire “no”. Certificato con il disco d’oro, tormentone dell’estate del 1973, consegna alla cantante il secondo trionfo di fila al Festivalbar, impresa fino a quel momento riuscita solo a Lucio Battisti.
La costruzione di un amore
La popolarità di Mia Martini è alle stelle, quando, nel 1978, canta La costruzione di un amore, scritta per lei da Ivano Fossati. È considerata una delle canzoni più belle della storia della musica italiana. “La costruzione del mio amore, mi piace guardarla salire, come un grattacielo di cento piani o come un girasole”: il testo è una poesia e parla di quanto sia difficile e, insieme, sublime creare un legame d’amore. L’interpretazione della cantante è di una potenza che commuove. Forse anche perché Mimì è innamoratissima di Fossati. I due vivono una storia intensa ma anche travagliata. «Un campo minato», la definisce lei: dura una decina d’anni e lascia addosso alla cantante un velo di malinconia che non la abbandonerà mai.

E non finisce mica il cielo
Tra la fine degli anni Settanta e gli Ottanta, Mia – che ama dire «La musica è la vera ragione della mia esistenza» – rischia di non poter più cantare per un problema alle corde vocali, poi risolto con un intervento che le restituisce una voce ancora più profonda e ipnotica. È con questa che incanta Sanremo nel 1982 interpretando E non finisce mica il cielo, scritta da Fossati. La canzone non arriva prima al Festival ma, per celebrarla, un gruppo di giornalisti istituisce il Premio della Critica, che dal 1996 si chiamerà Premio della Critica “Mia Martini”. Per Mimì, però, è un periodo cupo. L’intesa con Fossati naufraga, mentre la voce infamante, che la perseguita da anni, secondo cui la cantante porta sfortuna, monta vergognosamente. «La mia vita era diventata impossibile. Qualsiasi cosa facessi era destinata a non avere riscontro, tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me, che si rifiutava di partecipare a manifestazioni dove avrei dovuto esserci anch’io. Eravamo arrivati all’assurdo, decisi di ritirarmi».
Almeno tu nell’universo
Dopo sette anni alla larga dai riflettori, preda di una profonda depressione, Mia Martini trova la forza di risollevarsi e torna al Festival di Sanremo nel 1989 con una canzone gioiello, Almeno tu nell’universo. Mimì sale sul palco elegantissima, emozionata ma decisa, e regala al mondo una performance da brividi, durante la quale si rivolge alla persona che tutti vorremmo incontrare, quel “diamante in mezzo al cuore” in un mare di gente “strana”, “matta” e “insoddisfatta”. Arriva (incredibilmente) nona, ma è un trionfo. Anzi, una rinascita. «In quel momento, ho sentito fisicamente questo abbraccio totale di tutto il pubblico, l’ho sentito proprio sulla pelle, ed è stato un attimo indimenticabile», racconta Mimì dopo l’esibizione.
Gli uomini non cambiano
«Questa canzone è dedicata a una sfida che prende alla gola la donna fin da bambina, quando si innamora del padre senza conquistarlo mai», spiega Mimì del brano del 1992. E prosegue:
Poi si comincia a sognare un uomo per tutta la vita, finendo per scappare con il primo che arriva, che di solito ti tradisce con una bugia
Gli uomini non cambiano si piazza al secondo posto al Festival di Sanremo (dopo Portami a ballare di Luca Barbarossa). Nel testo, riecco la vocazione al martirio delle donne e la delusione nel constatare, una volta ancora, quanto possano essere cattivi gli uomini, che “fanno i soldi per comprarti e poi ti vendono”. L’amore del pubblico brilla come non mai, Mia sembra ripartire: torna all’Ariston con la sorella Loredana (con Stiamo come stiamo), pubblica un album in cui rilegge i successi di grandi artisti, da De André a Vasco Rossi (La musica che mi gira intorno), ha diversi progetti in cantiere, tra cui una collaborazione con Mina, prevista per il 1996. Non finiremo mai di rimpiangerla.