«Sono sempre stata timida. Così timida da mettere in imbarazzo i giornalisti coi miei silenzi». Lo dice quasi sottovoce Charlotte Gainsbourg, come a dare una conferma sonora del suo modo d’essere. Poi ammette di essersi sciolta con il tempo. E infatti all’incontro organizzato dal Kering al Festival di Cannes, si apre come anni fa non sarebbe successo. Ricorda che da ragazzina amava girare film tanto quanto odiava ogni promozione, dai servizi fotografici alle interviste. «Mi rifiutavo di rispondere a qualsiasi domanda sui miei genitori: stavo zitta, divertendomi a vedere le reazioni» racconta la 53enne attrice e cantante francese, arrivata sulla Croisette insieme al cast di La trama fenicia di Wes Anderson, passato in Concorso e ora in sala, dove ha il ruolo della “prima moglie”.

Sono la figlia di Gainsbourg e Birkin

Figlia del cantautore Serge Gainsbourg e dell’attrice inglese Jane Birkin, coppia di culto negli anni ’60 quando cantavano Je t’aime moi non plus, Charlotte ha ereditato una creatività a tutto tondo -musica, recitazione e arte figurativa, sua passione meno nota – sentendo però il peso della celebrità. «Sono sempre stata, per tutti, la figlia d’arte». A soli 13 anni canta Lemon incest con il padre e debutta in Amore e musica di Élie Chouraqui. «Mia madre mi spingeva a costruirmi un’identità a prescindere da loro. Così ho iniziato presto a girare qualche film. Recitare è una sfida che mi aiuta molto: nella vita sono tranquilla, ma interpreto personaggi chiassosi».

Charlotte Gainsbourg è ora attrice comica nella serie Étoile (in questa foto) su Prime Video, e ne
Charlotte Gainsbourg è ora attrice comica nella serie Étoile (in questa foto) su Prime Video, e nel film di Wes Anderson La trama fenicia, in sala.

Dal suo esordio sono passati 40 anni, 5 album musicali e oltre 90 titoli per il grande e il piccolo schermo, compresa l’ultima serie tv di cui va molto fiera. In Étoile, su Prime Video, scritta dagli autori di La fantastica signora Maisel, è Geneviève Lavigne, direttrice della più importante compagnia di balletto di Parigi. Per contrastare il calo di spettatori scambia i ballerini celebri con l’analoga istituzione di New York, e da lì nascono le avventure della prima, spettacolare stagione.

Charlotte Gainsbourg: «Lottare per un ruolo lo rende tuo»

Per Charlotte il 2025 ha segnato un nuovo inizio, perché con Étoile e La trama fenicia si è regalata ruoli comici ai quali non era abituata, e neppure il pubblico. Proprio a Cannes, nel 2009, aveva vinto il premio come miglior attrice per Antichrist, il primo dei film intensi e disturbanti di Lars Von Trier di cui è protagonista (sono seguiti Melancholia e le due parti di Nymphomaniac).

«Con Lars ho sfidato per la prima volta la mia timidezza proponendomi per il ruolo ma, dopo averlo incontrato, pensavo che non mi avrebbe mai scelta. Anzi, credevo che mi avesse odiata. Grazie a lui ho forzato i miei limiti: amo la sua provocazione, mi ricorda quelle di mio padre, anche se appartiene ad altri tempi. Antichrist è l’unico progetto per il quale ho lottato, insieme a 21 grammi – Il peso dell’anima di Alejandro González Iñárritu. Per quel film sono volata a Los Angeles durante la seconda gravidanza, anche se era il ruolo di una donna che non riesce a restare incinta» ride Charlotte, che dal 1991 è legata all’attore e regista Yvan Attal, dal quale ha avuto 3 figli (Ben, Alice e Jo di 28, 23 e 14 anni). «Sono orgogliosa di aver vinto queste sfide. È facile ottenere qualcosa se c’è qualcuno che ti cerca, ma aspettare proposte è come affidare agli altri il riconoscimento del tuo valore. Quando lotti per un progetto, invece, sei la prima a crederci ed è come se fosse tuo».

Una direttrice coi tacchi rossi: fragilità e ironia nella nuova Gainsbourg

Adesso è arrivato il momento di credere nella commedia. Il suo personaggio in Étoile vuole apparire forte, ma non lo è. «È anche un po’ depressa, però è proprio questo a renderla interessante: le persone equilibrate non divertono mai. Io sono esattamente il suo opposto. Chissà perché la gente mi immagina fragile, delicata, invece sono una donna forte. Geneviève è solida in apparenza, ma vulnerabile nel profondo. Mi è piaciuto mostrare questi due lati di lei, anche usando un paio di scarpe rosse coi tacchi: quando le indossa fa la direttrice, quando le toglie è se stessa».

La serie è recitata in inglese e in francese, cosa che a Charlotte, bilingue, viene naturale. «Coi miei figli a volte passo dall’uno all’altro nella stessa frase, ma sul set è la prima volta che mi succede. Anche girare tra Parigi e New York è stato bello. Confesso che amo più la Grande Mela della mia città» continua. «La cosa più difficile è stata prendere il ritmo della commedia, perché io sono una persona molto lenta, anche nei movimenti, mentre Geneviève ha un certo nervosismo, che è pure l’elemento comico. Divertente ma anche faticoso».

Il rapporto con la madre Jane Birkin

Nella svolta brillante ha avuto un ruolo anche Jane Birkin. «Mia madre mi esortava a interpretare commedie. E l’offerta della serie mi è arrivata proprio durante i suoi ultimi mesi di vita (è morta nell’estate del 2023, ndr). È stato un regalo anche per questo, mi ha permesso di ritrovare un po’ di leggerezza dopo momenti difficili». Nel 2021, Charlotte ha debuttato alla regia con il documentario Jane by Charlotte, un racconto intimo che tocca anche grandi dolori, come la scomparsa nel 2013 di sua sorella Kate Barry, nata dal matrimonio della Birkin con John Barry. «Confesso che ogni mio progetto nasce da un impulso egoistico.

Con il documentario volevo che io e mia madre fossimo più vicine. Avevamo una strana relazione, eravamo quasi timide una con l’altra

A un certo punto, temendo che volessi giudicarla, mi ha chiesto di interrompere le riprese. Poi ha capito che non è nella mia natura. Parlare di Kate, e di un trauma che non avevamo mai affrontato insieme, ci ha rese più complici». Tornando all’essere figlia d’arte e all’antica timidezza, Charlotte conclude: «Ho guadagnato sicurezza solo negli ultimi anni. Anche trasferendomi a New York, dove mi sento più libera dal loro ricordo e da quell’eredità. Con il documentario sono tornata alle origini. Riconosco in me un miscuglio di entrambi. Ma il paragone con mia madre è sempre stato il più difficile, anche esteticamente: lei era una tale bellezza… È stata dura crescere somigliando più a papà».