Hey Jude. Chissà se è stata la canzone dei Beatles a ispirare il nome del 52enne attore nato 4 anni dopo quel successo. E chissà se è stata un tormentone nella sua vita. «Mi piace moltissimo, per fortuna!» risponde sorridendo Jude Law, ora al cinema con L’ultima regina. È uno dei “fab actors” di stampo british che, come i favolosi quattro del pop, hanno conquistato la scena mondiale.

Jude ha un curriculum di circa 80 film tra blockbuster e titoli d’autore, è stato voluto da registi come Anthony Minghella (Il talento di Mr. Ripley, Cold mountain) e Ron Howard (nel recentissimo Eden) e pure Paolo Sorrentino l’ha fatto papa due volte nelle sue serie tv (The Young Pope e The New Pope). La celebrità gli ha sguinzagliato dietro i paparazzi, ma senza frenare la sua esuberanza fuori dal set. Tanto meno gli amori, dai quali ha avuto ben 7 figli: 3 dal matrimonio con l’attrice Sadie Frost dalla quale ha divorziato nel 2003, 2 dalla modella Samantha Burke e dalla cantante Catherine Harding. Mentre dal 2019 si affianca alla psicologa Phillipa Coan, dalla quale ha avuto altri 2 bambini. «Li adoro, e mi sento davvero fortunato ad avere tanti legami forti».

Jude Law è Enrico VIII ne L’ultima regina – Firebrand

Solo che il marchio di sex symbol gli è sempre andato stretto, e deve averci preso particolare gusto a rendersi irriconoscibile e mostruoso – oltre che mostruosamente bravo – in L’ultima regina – Firebrand . Il film del regista brasiliano Karim Aïnouz, ora al cinema, racconta il matrimonio di Enrico VIII d’Inghilterra con Katherine Parr (interpretata da Alicia Vikander), la sua sesta moglie e l’unica che gli sia sopravvissuta, seppure per poco più di un anno, morendo nel 1548.

Non è solo il ritratto di un monarca irascibile e violento, disgustoso nel fisico e nei modi, ma anche un thriller sull’esercizio del potere politico e matrimoniale, perché sonda nei suoi lati più estremi la prepotenza tanto nella vita pubblica quanto nelle cosiddette relazioni tossiche.

Accusata di cospirazione per l’amicizia con la predicatrice Anne Askew, una testa calda (la “firebrand” del titolo) che si batte contro l’uso elitario del latino da parte della Chiesa, la regina regge l’aggressività del marito con una sorta di resistenza passiva, quasi raggirandolo con la sua calma ed evitando la furia che, anni prima, l’aveva spinto a far decapitare la seconda moglie Anna Bolena.

Oltre la monarchia c’è la violenza domestica

“L’ultima regina” prende a pretesto la storia di Enrico VIII per raccontare la violenza domestica?

«Proprio così. Io stesso non ero ferrato sulle vicende dei Tudor, ma è stato appassionante guardarle con gli occhi di un regista brasiliano, più interessato alla relazione matrimoniale che a un tradizionale ritratto d’epoca. Il film è basato su molti fatti e documenti, ma a me ha incuriosito soprattutto per l’opportunità di raccontare l’abuso e la storia di chi sopravvive a comportamenti violenti e manipolatori. L’altra sfida è stata umanizzare Enrico VIII».

Jude Law in una scena del film "L'ultima regina"
Jude Law è il re d’Inghilterra Enrico VIII in L’ultima regina, adesso al cinema

Un’impresa, visto il caratteraccio che le malattie rendevano ancora più insopportabile: pesava più di 100 chili, aveva le gambe piene di ulcere e pus. Il suo lato umano?

«In realtà da giovane era stato affascinante e carismatico. Aveva portato la musica in Inghilterra, incoraggiato le arti e la danza. Lui stesso amava ballare. Era l’uomo che catalizzava gli sguardi entrando in una stanza, per bellezza e personalità. Con gli anni invece è diventato dispotico, alcolizzato, una sorta di tiranno-gangster, anche se probabilmente lui si vedeva sempre come ai tempi d’oro. Tutti strati della personalità che l’hanno reso estremamente interessante per me come attore».

Jude Law: così sono diventato Enrico VIII

Il suo imbruttimento e l’obesità sono impressionanti nel film, soprattutto nella nudità e nelle scene d’amore con Alicia Vikander. Merito di trucchi prostetici ed effetti digitali o ha dovuto realmente prendere peso? E come ha lavorato per rendere così credibili la malattia e i dolori del re?

«Sicuramente è stato faticoso sia ingrassare prima delle riprese sia dimagrire dopo, ma ho anche indossato vari strati di abiti spessi per apparire più pesante. Per rendere la sofferenza ho messo scarpe strette e scomodissime che mi affaticavano nei movimenti. Però ho evitato eccessi di trucco prostatico, perché penso che la vera magia sia cogliere le emozioni e l’anima di un personaggio».

Film a parte, la vita di un re ha punti in comune con quella di una star di Hollywood?

«Non direi, e io non la vorrei a nessun costo: sarei un pessimo re. Penso che il genere maschile abbia già dato il peggio di sé al potere: è ora che siano le donne a provarci».

Jude Law e il rapporto con il successo

Chi sta sotto i riflettori deve comunque fare i conti con il proprio ego e con lo sguardo degli altri. Lei che rapporto ha con il successo, in questo senso?

«Sicuramente il mio mestiere è più insidioso di altri, ma penso che, in qualunque ambito, chi nutre eccessivamente l’ego rischia di diventare una persona sgradevole da frequentare. Nuoce anche all’arte, che io vedo come frutto di una collaborazione, del lavoro di squadra. È importante non farsi cambiare dal successo, in questo senso, cercare sempre di avere un rapporto sano con te stesso e con gli altri».

Jude Law con la moglie Phillipa Coan
Jude Law con la compagna Phillipa Coan

La mia famiglia

Famiglia e figli aiutano?

«Molto. Io sono letteralmente innamorato di loro. E anche se il mio lavoro mi appassiona, certi piccoli momenti della routine familiare sono davvero impagabili: metterli a letto la sera, svegliarli la mattina, fare una vacanza insieme».

Raff ha già 28 anni, le somiglia moltissimo e sta facendo l’attore nella serie Masters of the Air. Qualche anno fa avete anche girato un corto insieme, The Hat. L’ha sempre incoraggiato?

«Lascio i miei figli liberi di scegliere ciò che gli sta a cuore. Il corto è stato divertente perché nato per caso durante il lockdown: una di quelle cose che sono venute fuori nel periodo dell’isolamento. Eravamo in campagna, ci annoiavamo, uscivamo ogni giorno per una passeggiata. Ci è venuto in mente così, l’abbiamo fatto per gioco, ma poi è stato anche presentato a un festival. Detto questo, Raff va avanti da solo per la sua strada, è molto lanciato».

Lei ha compiuto 50 anni proprio mentre si calava nel ruolo di Enrico VIII. Come si sente in questa fase della sua vita?

«Soddisfatto. Fortunato. Ho potuto realizzare i miei sogni di attore. Lavoro con gli studios in saghe internazionali, ma giro anche piccoli film indipendenti: questo doppio binario mi permette di fare esperienze diverse. Da produttore posso creare e veder crescere nuovi progetti, svilupparli con scrittori e registi. È un periodo molto felice».