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Diabete e celiachia: arrivano gli screening in età pediatrica

Pronto un programma per bambini e adolescenti, per individuare precocemente diabete e celiachia, patologie a base autoimmune

Prima si individuano i soggetti a rischio, meglio è. Lo sanno bene gli esperti che si occupano di diabete di tipo 1 e celiachia, due patologie a base autoimmune per le quali ora sarà possibile effettuare screening per identificare precocemente quei bambini e adolescenti predisposti a svilupparle. Il Senato, infatti, ha dato il via libera definitivo a un disegno di legge che mira a rafforzare le diagnosi precoci e migliorare i trattamenti sanitari.

A cosa servono gli screening contro il diabete 1

I destinatari sono neonati e giovani compresi nella fascia d’età tra 1 e 17 anni. «Gli screening per il diabete servono a identificare le persone con specifici anticorpi contro le proteine che possono distruggere le cellule che producono insulina: permetteranno, quindi, di identificare precocemente questi bambini per offrire loro un trattamento che può ritardare la comparsa del diabete», spiega Angelo Avogaro, presidente della Società italiana di Diabetologia.

L’articolo 1 del disegno di legge appena approvato da Palazzo Madama prevede che a partire da gennaio 2024 sia avviata la campagna di screening, con un programma pluriennale su base nazionale in tutta la popolazione pediatrica. Con esami appositi si potranno individuare proprio «gli anticorpi che predicono la comparsa del diabete», conferma Avogaro. «Questo permetterà, per esempio, di offrire a questi bambini e adolescenti una dieta specifica per le cellule che producono insulina, puntando a cibi con un basso indice glicemico. Oppure si incentiverà l’attività fisica», prosegue l’esperto.

Incentivare l’attività fisica contro il diabete

«Il pacchetto approvato prevede anche la necessità di incentivare l’attività fisica nei giovani per prevenire sia il diabete di tipo 2, che è sempre più frequente, sia il tipo 1, entrambi associati a sovrappeso e obesità – chiarisce Avogaro – Il diabete di tipo 1, infatti, è una malattia autoimmune con una componente ereditaria, ma possono contribuire anche altri fattori ambientali, non ancora del tutto noti». Come spiega il presidente dei diabetologi italiani, «Nei paesi scandinavi, dove c’è un’altra incidenza, sono state condotte molte ricerche: si è pensato a un nesso con il consumo di latte vaccino invece che materno o a ridotte concentrazioni di vitamina D, ma senza arrivare a conclusioni certe. Quel che è dimostrato è che il diabete è più frequente nei bambini sovrappeso».

Un Osservatorio sul diabete

Il disegno di legge prevede anche l’istituzione di un Osservatorio nazionale sul diabete di tipo 1, presso il Ministero della salute. Il suo compito sarà di studiare i risultati degli screening realizzando anche campagne periodiche di informazione e sensibilizzazione. «Quando entrerà in commercio l’anticorpo monoclonale che ritarda il diabete, sarà ancora più importante poter conoscere quali sono le persone a rischio, per poter trattare quei bambini e giovani che hanno gli anticorpi», sottolinea Avogaro.

Gli screening per la celiachia nei bambini

Altrettanto importanti sono gli screening per la celiachia. «Le diagnosi di celiachia negli anni sono molto aumentate: dai poco più di 60 mila casi del 2007 fino agli oltre 240 mila del 2021, ultimo dato ufficiale. Ma restano troppi coloro che non vengono intercettati: solo il 40% dei pazienti ha già una diagnosi e può quindi essere curato. Tutti coloro che sono celiaci ma ancora non lo sanno si espongono inconsapevolmente al rischio di complicanze anche molto gravi», spiega Rossella Valmarana, Presidente di AIC – Associazione Italiana Celiachia, che ha seguito l’iter della legge, chiedendo un coinvolgimento delle associazioni pazienti.

La diagnosi della celiachia, malattia “camaleonte”

«Senz’altro la prima diagnosi è per familiarità perché sappiamo che i parenti di 1° grado hanno il 10% in più di possibilità di avere la celiachia – conferma Valmanara – Ma, soprattutto, occorre riconoscere i sintomi della celiachia, a volte distanti da quelli della celiachia classica, spesso sfumati, altre volte assenti. Per questo chiamiamo la celiachia “camaleonte”». Si va dai classici disturbi intestinali a problemi a carico di organi differenti: alopecia, disturbi alimentari, abortività spontanea, infertilità, carente smalto dei denti o afte ricorrenti. «In presenza di questi sintomi il paziente è sottoposto a specifici esami del sangue e poi, in caso di risultati positivi, si procedere con una biopsia della mucosa duodenale», chiarisce la presidente AIC.

Diagnosi di celiachia senza biopsia intestinale

«La componente genetica che può portare alla celiachia si trova nel 30/40% della popolazione generale, ma solo il 3% di questa porzione si trasformerà in celiachia e, soprattutto, in una età che non possiamo prevedere. Per questo lo screening dovrà essere accompagnato anche da una chiara ed efficace informazione alle famiglie: in un soggetto con predisposizione genetica, un risultato negativo in età pediatrica non esclude che nel tempo la celiachia possa manifestarsi», spiega ancora Valmanara. In concreto, le raccomandazioni dell’ESPGHAN (Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica) consentono di arrivare a una diagnosi in bambini e adolescenti senza la necessità di eseguire la biopsia intestinale «in casi specifici in cui siano soddisfatte alcune condizioni. In ogni caso è fondamentale che nella dieta dei pazienti non sia già stato escluso il glutine».

A chi rivolgersi per la diagnosi di celiachia

«Gli esami per la diagnosi di celiachia possono essere prescritti dal medico di famiglia e dal medico specialista, secondo quanto prevede la legge per le malattie croniche. Tuttavia, in molte regioni italiane, grazie a un accordo tra Stato e Regioni, sono stati mantenuti centri di riferimento ospedalieri e presidi specializzati nella diagnosi e trattamento della celiachia a cui i pazienti e le famiglie possono rivolgersi» precisa la presidente AIC. Se il paziente viene riconosciuto celiaco, potrà ricevere l’assistenza integrativa prevista dal SSN in Italia per la celiachia e per la dermatite erpetiforme. «All’importante iniziativa dello screening sarebbe ora da affiancare una continua formazione della classe medica generale e specialistica. Sul fronte dell’assistenza, infine, è prioritario completare la digitalizzazione del buono per l’erogazione degli alimenti senza glutine in tutta Italia, mentre ad oggi in 4 regioni italiane è ancora cartaceo. È anche importante continuare a lavorare per permettere la piena adesione dei celiaci agli stili di vita prevalenti e il loro pieno inserimento nella vita sociale, come previsto dalla Legge Quadro 123/2005, norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia”», conclude Valmanara.

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