Cara Chiara, come la protagonista del tuo romanzo Dimmi di te non ho più voglia di niente. Ho 40 anni, e nella vita ho avuto un matrimonio che, finché è durato, è stato bellissimo, due figli di cui vado sempre più fiera, un lavoro che non mi esalta ma mi permette di sentirmi autonoma. Sono però paralizzata in quella che tu mi hai insegnato a chiamare palude. Giulietta degli Spiriti
Cara Giulietta degli Spiriti, prima di tutto vieni qui e prenditi il mio abbraccio. È vero, nelle prime pagine di Dimmi di te la mia protagonista affonda in una palude e dalle tubature della sua vita sale un odore stagnante che ricorda molto quello che fa questa tua lettera. Ma perché non ti fidi di lei anche mentre attraversa la palude, fino ad arrivare sul traghetto dove la vedono salire le ultime pagine? Lei va in cerca dei suoi miti di quando era ragazzina per chiedergli: dimmi di te! Come hai fatto, tu, a tenere insieme i sogni che avevi e l’età che hai? Al di là di chi sono i suoi interlocutori, la rivoluzione che propone è quella di un passaggio, se pure forzato, dalle sabbie mobili dell’Io alle maree imprevedibili del se pure forzato, dalle sabbie mobili dell Io alle maree Tu: provaci! Iscriviti a un corso, vai a fare volontariato, siediti su una panchina a caso e domanda a chi è già seduto: chi sei? Come stai? Per me, ancora prima che per la protagonista del libro, ha funzionato. E la vita, senza che me ne accorgessi, ha ripreso il suo dinamismo. Forza: fai un piccolo salto, se pure forzato: ripeto, fuori di te. Non lo vedi più, ma c’è il mondo intero che ti sta aspettando.