Ilaria Beretta changemaker
Ilaria Beretta

Ilaria Beretta, la reporter più amata dai bambini

Si chiama Le notizie della Illy il podcast che spiega i grandi fatti dell’attualità ai piccoli. A ideare questa rassegna stampa speciale, e utilissima, Ilaria Beretta, una giornalista di 31 anni. Con il mito di Piero Angela

Ilaria Beretta e la rassegna stampa Le notizie della Illy

«L’attualità non è mai troppo grande per essere spiegata ai più piccoli». Con questa convinzione Ilaria Beretta, 31enne giornalista freelance, ogni sabato pubblica, su Apple Podcasts e su YouTube, una nuova puntata della sua rassegna stampa a misura di bambino Le notizie della Illy. Non pensiate, però, che racconti una realtà edulcorata. Al contrario: le “cattive” notizie non mancano, ma vengono spiegate e contestualizzate «perché i bambini sentono più cose di quante immaginiamo e, se non ricevono informazioni su ciò che avviene ogni giorno, non possono sviluppare un pensiero autonomo».

Intervista a Ilaria Beretta

Come le è venuta l’idea?

«Lavoro da 10 anni nell’editoria per bambini e nel settembre del 2020 – ma la pandemia non c’entra – mi è venuta voglia di cimentarmi con un podcast. Mi sono ricordata di quando ero piccola e la maestra si arrabattò per spiegarci le conseguenze geopolitiche dell’attentato dell’11 settembre. Così mi sono chiesta: siamo sicuri che tutti gli educatori abbiano gli strumenti per spiegare eventi di grande portata? Raccontare l’attualità ai bambini chiama in causa la quintessenza del lavoro del giornalista: per poterne parlare agli altri, devi capire molto bene un argomento, riassumerne i punti salienti in termini comprensibili per tutti e usare un tono adatto al tuo interlocutore».

Per Ilaria Beretta la cronaca ai bambini va raccontata, ma con il linguaggio giusto

Quali sono gli argomenti del podcast?

«Nella prima puntata, per esempio, ho spiegato cos’è un referendum costituzionale. Poi mi sono occupata delle speculazioni sulle azioni della società Gamestop e del fallimento in Cina del colosso immobiliare Evergrande. Quando vai sul tecnico, devi essere preparatissimo e poi semplificare. Invece per i fatti di cronaca è determinante non tanto cosa dire quanto come farlo: devi trovare il giusto linguaggio».

Lei come fa?

«Glielo racconto attraverso un caso recente: il femminicidio di Giulia Cecchettin. La prima cosa che mi sono chiesta è stata: devo spiegarlo o posso evitarlo? Mi sono detta che dovevo occuparmene perché i bambini hanno fatto un minuto di silenzio in classe e quindi di certo ne hanno sentito parlare. Perciò ho raccontato che è stata uccisa, senza dire come è morta né come è stato trovato il cadavere. Né ho menzionato la fuga del fidanzato, per evitare ogni sensazionalismo. Il mio intento è informare, ma anche filtrare gli elementi che possono spaventare. Quindi dal fatto di cronaca sono passata ad affrontare il fenomeno dei femminicidi, dal particolare al generale. I dettagli truculenti non servono né cambiano nulla per i bambini. Anziché dilungarsi, è meglio stimolare la riflessione e la ricerca di soluzioni. Inoltre, anche quando una puntata esordisce con un elemento “pesante”, cerco di alleggerire con le notizie seguenti. Il mix di solito è dato da tre notizie “serie” e due di costume».

La rassegna stampa di Ilaria Beretta si trova su Applepodcasts e YoutTube.

Non pensa che l’attualità possa comunque essere ansiogena per un bambino, come a volte lo è per un adulto?

«Vero, ma cerco di affrontare temi non rassicuranti in modo rassicurante. Il che vuol dire che uso un tono di voce non drammatico, anche con l’ausilio della musica, e che su avvenimenti tragici che si protraggono, come una guerra o il Covid, cerco di non focalizzarmi per 300 puntate. Magari do sviluppi e aggiornamenti a distanza di un mese, ma faccio delle pause perché insistere sullo stesso tasto mette ansia. Infine, come dicevo, cerco di chiudere con un fatto leggero o curioso o con qualcosa bello, perché il mondo contiene anche la gioia, la meraviglia. Non predomina un colore solo, e per natura sono un’ottimista».

Ad ascoltare il podcast di Ilaria Beretta sono bambini, genitori e insegnanti

Chi sono i suoi ascoltatori?

«Il grosso degli ascolti è a scuola, durante la settimana, perché gli insegnanti sfruttano questo strumento gratuito durante le lezioni. Nel fine settimana so che mi ascoltano tanti genitori insieme ai figli, perché me lo scrivono. E ricevo messaggi anche dai bambini stessi. Gli ascolti a volte superano le decine di migliaia, ma è difficile quantificare perché una maestra vale per un solo ascolto e i suoi alunni magari sono 20».

Come costruisce una puntata?

«Ogni giorno per lavoro leggo più giornali e inizio a pensare alla scaletta delle 5 notizie, a volte dopo un confronto con colleghi o amici. Tengo da parte i ritagli che mi interessano e li integro con quelle che conosco come fonti affidabili o chiamando un esperto. Il venerdì scrivo i testi, li rivedo e infine registro».

Ci guadagna con il podcast?

«Per niente, faccio tutto gratis. In compenso, il podcast mi dà tanta esperienza e l’entusiasmo di scoprire che la mia voce arriva da Lissone, in provincia di Monza Brianza, dove abito, fin dove non avrei mai immaginato. A Roma, dove non conosco nessuno, una classe mi ha ridisegnato il logo del podcast. E negli Stati Uniti so che ci sono persone che usano Le notizie della Illy per imparare l’italiano. All’estero ci sono tante iniziative per i bambini, mentre qui è molto raro che i giornalisti abbiano voglia di scrivere per un pubblico che non dà gloria. Invece a me piace pensare di stimolare gli adulti di domani a informarsi, impegnarsi, votare dopo aver valutato pro e contro di una scelta. Se ripenso alla me di tanti anni fa, coltivo l’ambizione di seminare l’interesse per l’attualità e di diffondere uno sguardo positivo sul mondo e sulla possibilità di cambiarlo».

Ha un modello ispiratore?

«Mi piacerebbe diventare un divulgatore alla Piero Angela, un propagatore di conoscenza che ha saputo coinvolgere un pubblico molto ampio. Purtroppo oggi tanti adulti non si prendono più la briga di approfondire le notizie che sentono: leggono una sintesi dei fatti principali sui social e sono convinti di saperne abbastanza. Ma se non si informano loro per primi come possono spiegare la realtà ai loro figli?».

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