Aula di tribunale vuota

Uccise il padre violento, condannato. I giudici: “Quella di Alex non fu legittima difesa”

Le motivazioni della sentenza di condanna di Alex, il 22enne che nel 2020 uccise il padre per difendere la mamma durante l'ennesima lite

Quella di Alex Pompa non poteva essere legittima difesa. Lo sostengono i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Torino nelle motivazioni della sentenza che il 13 dicembre scorso ha condannato a sei anni, due mesi e due giorni per omicidio volontario il ventiduenne di Collegno (Torino) che nel 2020 uccise a coltellate il padre nel corso dell’ennesima lite contro la madre.

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Le motivazioni della condanna di Alex: “Condotta aggressiva”

Nella sentenza d’Appello si legge che “tenuto conto della sede dei colpi, almeno quindici coltellate in regione dorsale, della reiterazione degli stessi, trentaquattro, e del numero di armi impiegate, sei coltelli” non si può parlare di legittima difesa, ma “di condotta francamente aggressiva“.

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Perché la Corte d’Assise contesta la legittima difesa

Ora il ragazzo porta il cognome della madre, Cotoia. E proprio alla protezione della mamma durante la lite si appellò Cotoia sostenendo che si era trattato di legittima difesa. Ma, sostiene la Corte d’Assise d’Appello, “presupposti essenziali della legittima difesa sono un’aggressione ingiusta e una reazione legittima e mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra” difesa e offesa”. Tutti elementi che le trentaquattro coltellate e i sei coltelli diversi usati per “un’azione aggressiva” escludono.

Martelletto da giudice

Alex, dall’assoluzione alla pena

Il 13 dicembre scorso la sentenza di secondo grado non riconoscendo appunto la legittima difesa ribaltò il primo verdetto tramutando un’assoluzione in una pena di oltre sei anni. La Corte inoltre dispose la trasmissione degli atti in procura per permettere la valutazione delle testimonianze rese dalla mamma, Maria Cotoia, e dal fratello di Alex, Loris. Dopo la condanna la mamma protestò: “Alex non è un assassino, io rischiavo di essere uccisa“.

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Clima da incubo in famiglia

Dal processo era emerso il clima da incubo in cui era precipitata la famiglia. Il padre, Giuseppe, era stato definito un uomo irascibile, prevaricatore, ossessivo; al contrario, Alex era conosciuto da amici e compagni di studi per il carattere mite, garbato e riflessivo. Il delitto maturò al termine di una giornata di tensione fra i coniugi: Maria Cotoia, cassiera in un supermarket, raccontò che il marito nel corso della giornata l’aveva contattata non meno di 101 volte sul telefonino solo perché credeva che al lavoro avesse salutato un collega. Poi la lite in casa. Alex si intromise tra i due e trafisse il genitore con 34 fendenti, servendosi di 6 coltelli uno dopo l’altro.

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