Si sta man mano delineando il quadro del contesto familiare nel quale è maturato l’omicidio di Akhyad Sulaev, il 50enne ceceno ucciso dalla figlia Makka a coltellate a Nizza Monferrato (Asti) al culmine di una lite. La madre della ragazza, come riporta il “Corriere della Sera”, prende le difese della 18enne: “Se non ci fosse stata mia figlia mio marito mi avrebbe uccisa”. Secondo le testimonianze raccolte dai carabinieri, che indagano coordinati dalla procura di Alessandria, le violenze familiari sarebbero state continue, nei confronti della moglie e della figlia maggiorenne. Forse anche dei suoi tre fratellini.

La 18enne intervenuta a difesa della madre

Akhyad Sulaev sarebbe stato ucciso con diverse coltellate al culmine dell’ennesima violenta lite scoppiata fra padre e madre nell’appartamento di via San Giovanni dove viveva la famiglia, composta dall’operaio ceceno, la moglie Natalia, Makka e gli tre altri figli della coppia, una ragazzina di 14 anni e due maschi di 10 e 11. All’origine del diverbio la decisione dell’uomo di licenziarsi all’improvviso e le conseguenze economiche che questo avrebbe comportato per la famiglia. Secondo gli investigatori, la ragazza si sarebbe frapposta tra la madre e il padre che, da quanto emerso, aveva spesso atteggiamenti violenti nei confronti della moglie e della stessa 18enne.

carabinieri

La 18enne condotta in una struttura protetta

Makka era arrivata con la famiglia dalla Cecenia nel 2018 con un permesso per asilo politico. Per alcuni mesi Akhyad, la moglie e i figli erano stati ospiti di un centro d’accoglienza gestito da una cooperativa a Bistagno, un piccolo comune vicino ad Alessandria, poi avevano preso casa a Nizza Monferrato. La ragazza, rea confessa, è stata fermata per omicidio aggravato dal vincolo familiare e condotta in una struttura protetta.

Violenze continue da parte del padre

“Ci maltrattava da tempo, era violento” hanno raccontato agli investigatori prima la moglie, poi la giovane, facendo capire che i maltrattamenti erano consueti e frequenti, anche se non è stata riscontrata alcuna denuncia nei confronti dell’uomo, che era esperto di boxe e arti marziali. “Ci ha sempre picchiate – ha spiegato -. In Cecenia, quando ero piccola, era ancora peggio. Lui praticava arti marziali, conosceva la boxe e il karate. Se la prendeva soprattutto con me e mia madre, con i miei fratelli alzava le mani solo se intervenivano nelle discussioni”.

I titolari del ristorante: “Makka è una ragazza diligente”

“Makka è una ragazza diligente — raccontano i titolari del ristorate “La Signora in Rosso” di Nizza, dove la giovane lavora—. Studia, fa la cameriera, aiuta la famiglia. Così come anche Natalia, la mamma. È una grande lavoratrice. Una di quelle persone che non si lamenta mai. Era stata lei a proporci il marito. Non ci siamo mai accorti di nulla”.

L’avvocato della ragazza: “Makka è da tutelare”

“La più grande preoccupazione come difesa ora è tutelare questa ragazza, che dopo l’accaduto si trova in condizioni psicologiche difficili. È in grande difficoltà. Per questo è stata chiesta per lei una struttura
protetta”. Lo ha detto l’avvocato di Makka Sulaev, Massimo Sfolcini. “La famiglia – ha sottolineato il legale – era in Italia da cinque o sei anni ed era riservatissima, molto chiusa, co un orientamento religioso molto osservante, che ha determinato una solitudine nei fatti e nell’indagata una disperazione nel non poter trovare aiuto per la situazione in casa. La ragazza aveva assunto un ruolo significativo in famiglia, perché oltre a studiare con profitto, badava ai fratelli più piccoli e nel fine settimana, dal venerdì alla domenica, lavorava nello stesso locale dov’era impiegata la mamma, per aiutare economicamente. Tra di loro parlavano in russo e lei si era ambientata, ma faceva fatica a stringere amicizie solide, anche se aveva un’amica in particolare, a cui aveva confidato la situazione”.