In un’Italia sempre più vecchia, dovremmo tenerci cari i (pochi) bambini che nascono. E invece ci disturbano sempre di più. Ci disturba che facciano i bambini perché noi ci siamo dimenticati come eravamo e, se anche ce lo ricordiamo, di sicuro “noi eravamo diversi” e “i nostri genitori ci facevano stare al nostro posto”. Ma è proprio così, o non siamo forse noi a essere diversi oggi, rispetto ai nostri genitori? Cioè sempre meno tolleranti, sempre più adultocentrici, sempre più presi da noi stessi?
I bambini del nido disturbano
La domanda è lecita rispetto alla vicenda che leggiamo in questi giorni sul Corriere del Veneto: una coppia 55enne che abita sopra un micronido in provincia di Treviso, è a processo per stalking. Da tre anni, dopo aver iniziato una causa civile facendo valere il regolamento condominiale che vieterebbe le attività commerciali moleste, lancia nel cortile del nido rifiuti di divario genere, tra avanzi di cibo e detriti. Poi è arrivata l’acqua: getti potenti, misti a detersivo, lanciati con idropulitrici e tubi da giardino, per rendere inservibile l’area giochi esterna. In un episodio, la donna avrebbe suonato il campanello del nido durante il riposino, svegliando i bimbi e gridando loro: «Zingari!» (perché, i bambini sono forse nomadi?).
I bambini disturbano anche in treno
In un altro episodio, una mamma racconta al Corriere della Sera del suo viaggio in treno da Roma a Milano con i due figli: arrivati a destinazione, il passeggero che era di fronte a uno dei bambini si sarebbe sfogato lamentando di aver sopportato l’insopportabile. La mamma dice che sì, si sono alzati qualche volta per andare in bagno, hanno letto a voce bassa un libro e giocato a carte, ma il passeggero ha dovutio farli passare e ascoltare i loro discorsi. Già, i bambini parlano e si muovono.
Cresce la nostra intolleranza verso l’infanzia
Non è che stia crescendo la nostra intolleranza sociale verso l’infanzia? Lo conferma la pedagogista Roberta Catarzi, Esperta per la Regione Toscana dei Settori Educazione, Formazione e Servizi Socio Sanitari. «Il fastidio verso i bambini viene espresso apertamente e normalizzato: aumentano hotel e ristoranti Child free (sacrosanti, ma esprimono in ogni caso un disagio) e diventano virali sui social i video in cui si condannano i figli (altrui) maleducati. Il bambino insomma, non è più portatore di futuro ma inciampo del presente, come dimostrano anche le tante coppie che scelgono di non avere figli».
La soluzione non è rendere invisibili i bambini
Questo accade anche perché siamo una società iperperformativa basata sull’adulto: «I bambini non li puoi prevedere, sono rumorosi e possono risultare fuori posto: d’altra parte è il loro mestiere. La mamma che scrive al Corriere centra il punto quando si chiede se avrebbe dovuto far viaggiare i figli chiusi nella toilette: ecco, rimuovere i bambini dalla società sarebbe come rimuovere anche la responsabilità di crescerli ed educarli, che è collettiva» sottolinea la pedagogista. «Il bambino impara vivendo con noi, viaggiando, abitando anche gli spazi pubblici, non restando segregato. Il problema non si affronta rinchiudendo i bambini, rendendoli invisibili, ma sapendoli trattare».
I bambini disturbano perché gli adulti non sanno più educare
Questo è il punto. Oggi gli adulti non sanno più educare. «Di fronte a un bambino che non si sa autoregolare, ci sono adulti che non sanno rappresentare un modello genitoriale. Nelle nuove famiglie possono esserlo anche i nuovi partner, oppure figure di riferimento extra familiare, purché ci siano. Oggi invece gli adulti sono troppo impegnati a fare altro, sempre connessi (e la connessione stanca), oppure presi dal lavoro, dalle difficoltà del quotidiano, dallo stress, soprattutto se vivono nelle città».
Adulti sempre meno tolleranti anche nelle relazioni
Anche per questo la nostra soglia di tolleranza si è abbassata drammaticamente, e non solo rispetto all’infanzia: non sappiamo più stare in relazione, neanche nelle amicizie. Litighiamo per strada, litighiamo sui social, litighiamo perfino in politica. Siamo noi per primi a non saperci autoregolare».
Autoregolarsi vuol dire adattarsi, cioè tollerare la frustrazione. Si dice tanto che “viziamo” i figli dando loro tutto, non abituandoli cioè a sopportare il rifiuto, la negazione, il fallimento. Ma siamo i primi a non accettare la frustrazione, lamentandoci del vociare dei bambini al ristorante, sul vagone del treno o nel nido sotto casa, perfino se stanno dove devono stare.