Assumere medici non obiettori di coscienza diventa obbligatorio in Sicilia. Lo scopo: assicurare il diritto all’aborto alle donne che vorrebbero interrompere la gravidanza, ma di fatto non possono proprio perché non ci sono medici che accettino di portare avanti la pratica. Grazie a una norma appena approvata dall’Assemblea regionale siciliana, invece, d’ora in poi le cose cambieranno.

Obbligatorio assumere medici non obiettori

Uno dei maggiori ostacoli nell’accesso all’aborto è rappresentato proprio dalla mancanza di medici non obiettori. Una condizione ancora più vera e grave in Sicilia, una delle Regioni italiane con il maggior numero di personale sanitario che si appella all’obiezione di coscienza (ben l’85%), tanto da rendere difficilissimo, se non impossibile, accedere all’IVG, l’interruzione volontaria di gravidanza. Il nuovo provvedimento, che ha ottenuto 27 voti favorevoli e 21 contrari, permette però una svolta.

Concorsi per i soli non obiettori in Sicilia

Il testo prevede concorsi riservati ai soli medici non obiettori, affinché ogni ospedale possa disporre di personale in grado di praticare l’IVG. Qualora i “camici bianchi”, una volta assunti, dovessero cambiare idea, l’azienda sanitaria avrà l’obbligo di sostituirli con altro personale non obiettore di coscienza. «È una misura di responsabilità che assicura stabilità nei reparti e tutela concreta per le pazienti. Nessuno sarà discriminato, ma le strutture sanitarie non potranno più permettersi vuoti di organico in un settore così delicato», ha spiegato Dario Safina, promotore della norma fin dal 2023.

Il diritto all’aborto in Sicilia

Lo stesso Safina parla di «momento storico» per la Sicilia, che si avvia così a garantire più «diritti, salute e libertà alle donne». Concorda Elisa Visconti, direttrice di Medici del Mondo: «Indubbiamente è un passo importante, perché la Sicilia ha tassi di obiezione ben superiori all’80%: significa che chi vuole abortire non riesce concretamente a godere dei diritti previsti dalla legge 194 del 1978». Basti pensare che nella provincia di Trapani oggi c’è un solo medico che pratica l’IVG.

Il mancato rispetto dei diritti delle donne

«Finora in Sicilia era molto complicato trovare consultori e ospedali dove ci fossero medici e mediche che praticassero l’IVG. Questo si traduce in viaggi anche molto lunghi alla ricerca di strutture adeguate, spesso anche fuori regione. La situazione, comunque, non è rosea neppure in altre zone d’Italia – ricorda Visconti – Per quanto riguarda l’obiezione, la situazione peggiore è in Molise, ma non va tanto meglio neppure nella Provincia di Bolzano. Alla Lombardia, invece, che pur è virtuosa per alcuni aspetti, va invece la maglia nera nei tempi di attesa, con una media di oltre 14 giorni».

Troppi ritardi per certificati e procedure

Proprio i ritardi rappresentano un ostacolo ulteriore nell’accesso all’aborto, fin dal rilascio del certificato IVG, cioè quel documento essenziale – previsto dalla legge 194/78 – che autorizza la procedura di interruzione della gravidanza nei centri ospedalieri o cliniche autorizzate. Attesta lo stato di gravidanza e la volontà di interromperla da parte della donna. La legge stabilisce che non debbano passare più di 7 giorni (i cosiddetti “giorni di riflessione”) tra il rilascio del certificato e l’IVG. Ma nella realtà i tempi sono di gran lunga maggiori: in media il 22,5% delle donne nel nord Italia attende oltre 15 giorni, nei casi definiti “non urgenti”.

Il rischio di andare oltre i termini per l’aborto

«Già i tempi sono stretti, se poi si aggiungono ritardi l’accesso all’IVG rischia di diventare una corsa a ostacoli, che crea ansia alla donna e difficoltà nella gestione psicologica della procedura. A livello di salute si rischia anche di andare oltre i termini previsti per l’accesso all’IVG – osserva Visconti – Questo è un ulteriore problema: l’obiezione, infatti, dovrebbe riguardare la sola procedura clinica, invece spesso si verifica anche nel rilascio dei certificati da parte di ginecologhe e ginecologi. Senza contare che i 7 giorni di riflessione sono anche apertamente sconsigliati dall’Organizzazione mondiale della Sanità, proprio perché portano ritardi e pressioni psicologiche inutili».

Criticità anche per la pillola abortiva

Un’altra criticità riguarda anche la somministrazione della pillola abortiva, la Ru486: «A livello nazionale soltanto la Regione Lazio nella provincia di Roma e la Regione Emilia Romagna hanno recepito le linee guida dell’Oms sulla pillola Ru486: permetterebbero di fornire la prima a livello ambulatoriale e la seconda direttamente a casa. Ma nella realtà non è così. A seconda degli aspetti, quindi, siamo ancora molto indietro nella applicazione concreta della legge e dunque nel rispetto dei diritti per la quale è nata», spiega ancora la presidente di Medici del Mondo.

I doveri delle Regioni

Un ruolo fondamentale, inoltre, spetta alle Regioni: «Ci sono alcune debolezze nell’applicazione di una legge, che pure sarebbe buona: per esempio, l’IVG è nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza, che ogni Regione deve garantire. Non è un optional, invece di fatto esiste l’ “obiezione di struttura”: interi ospedali dove non ci sono medici che pratichino l’aborto». Anche in Lombardia, dove ci sono 11mila interruzioni di gravidanza all’anno (il dato più alto a livello nazionale) solo ora si è raggiunta la parità nel numero di medici obiettori e non. Eppure ben 5 strutture ospedaliere non prevedono la possibilità di aborto, alcune solo tramite operazione chirurgica, altre con la somministrazione della pillola Ru486. In altri nosocomi, invece, se una donna chiede l’aborto viene indirizzata a strutture esterne, alle quali è stato appaltato il servizio.

Arriva la mappa delle strutture per le IVG

A complicare la situazione c’è la mancanza di informazioni chiare, sia sul tipo di procedure (chirurgica o tramite pillola), sia sulle strutture alle quali rivolgersi. A questo proposito, è stata pubblicata un mese fa dall’Istituto Superiore di Sanità una mappa aggiornata. Sul portale Epicentro si possono vedere tutti gli ospedali: si tratta di un progetto nato nel 2020, oggi diventato realtà. Si possono conoscere sia i siti degli ospedali di riferimento (pubblici, privati accreditati, ambulatori e consultori), sia il numero complessivo delle IVG effettuate nelle strutture dalle 8 alle 12 settimane di gravidanza, comprese quelle farmacologiche.

Le criticità da superare

«La finalità complessiva del progetto è quella di migliorare la qualità dei dati del sistema di sorveglianza dell’IVG che è attivo dal 1980, ma anche per migliorare l’offerta e l’appropriatezza delle procedure di esecuzione dell’IVG, sia chirurgica che farmacologica», ha spiegato a Domani Serena Donati, responsabile scientifica del Sistema di sorveglianza epidemiologica dell’IVG presso l’ISS. Ma non mancano alcune criticità: mancano, infatti, proprio i dati sull’obiezione di coscienza, che però Donati assicura che saranno integrati: «Non abbiamo una data precisa, ma l’ISS ha già trasmesso al Ministero la sua parte della relazione 2023, per cui dovrebbero essere prossimi».

Quanti sono gli obiettori in Italia

Intanto, secondo lo stesso ministero della Salute, nel 2022 in Italia si è dichiarato obiettore il 60,7% dei ginecologi e delle ginecologhe (con picchi del 90,9% in Molise, 81,5% in Sicilia e 79,2% in Basilicata), a cui si aggiunge il 37,2% degli anestesisti e il 32,1% del personale non medico. In Italia effettuano IVG il 61,1% delle strutture con reparto di ostetricia e ginecologia (in calo rispetto al 63,8% del 2020, con forti differenze territoriali: i valori più bassi si registrano in Campania (1,6 punti IVG per 100.000 donne), Molise (1,8) e nella Provincia di Bolzano (1,8). Secondo la ricerca Mai Dati dell’Associazione Luca Coscioni, però, in 22 ospedali (e 4 consultori) la percentuale di obiettori di coscienza tra il personale sanitario è del 100%, in 72 è tra l’80 e il 100%. In 18 ospedali c’è il 100% di ginecologi obiettori.

Le priorità oggi

Se conoscere il numero di medici obiettori negli ospedali è importante, non si tratta dell’unica priorità: «Occorrerebbe partire dall’educazione sessuale nelle scuole, che è inesistente così come la contraccezione gratuita. Servirebbe anche inserire l’IVG nei curricula delle università pubbliche, mentre non c’è. Indubbiamente – conclude Visconti – l’obiezione di coscienza così diffusa (nel rilascio dei certificati, nella somministrazione della pillola abortiva e persino contraccettiva, fino all’intervento chirurgico) rimane comunque l’ostacolo principale, per questo la norma siciliana rappresenta è davvero un apripista».