Stop al suicidio medicalmente assistito in Toscana, che per prima tra tutte le Regioni italiane aveva legiferato in tema di fine vita. A decidere di impugnare la legge è stato il Governo su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli. Il consiglio dei Ministri, infatti, ha esaminato quattordici leggi delle regioni e delle province autonome e ha deciso di fermare l’applicazione della legge della Regione Toscana, ritenendo che «esula in via assoluta dalle competenze regionali». Duro il commento del Governatore Eugenio Giani, così come dell’Associazione Luca Coscioni e delle opposizioni.

Il Governo e lo stop alla legge toscana

Secondo quanto emerso, l’esecutivo ritiene che il fine vita sia un tema su cui non spetti all’Amministrazione regionale legiferare e che la norma, approvata lo scorso 11 febbraio, leda «le competenze esclusive dello Stato in materia di ordinamento civile e penale e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, nonché il riparto di competenze in materia di tutela della salute e della ricerca scientifica e tecnologica, violando l’articolo 117, secondo comma, lettere l) e m), e terzo comma, della Costituzione». Di fatto, quindi, non solo non sarebbe di competenza regionale, ma presenterebbe problemi per quanto riguarda la copertura finanziaria.

Il commento del Governatore toscano

Di scelta «codarda» e «ipocrita» parla il Governatore toscano, Giani, che la ritiene una «violenza» nei confronti dei malati terminali e le loro famiglie. Dura anche la reazione delle opposizioni, in particolare del segretario di +Europa, Riccardo Magi, mentre l’Associazione Luca Coscioni ricorda che «il diritto all’”aiuto al suicidio” è stato affermato dalle sentenze 242 del 2019 e 135 del 2024 della Corte costituzionale, e che hanno valore di legge».

Toscana prima Regione a legiferare

La Toscana è stata la prima Regione a dotarsi di una legge in materia, che fissa tempi certi di risposta alle richieste di accedere al trattamento di fine vita, oltre a prevedere chi dovrà occuparsene concretamente e a stabilire la gratuità per chi ne farà richiesta. «È un segnale importante per tutti coloro che credono che la cifra di civiltà di una comunità sia il livello di tutela dei diritti dei più deboli», aveva commentato solo 3 mesi fa l’avvocato Gianni Baldini, professore associato di Diritto Privato e docente di Biodiritto, presso le Università di Firenze e Siena.

La prima legge regionale sul suicidio assistito è in Toscana

Il consiglio regionale della Toscana aveva dunque approvato la prima legge di iniziativa popolare, resa possibile dopo la raccolta di 10.000 firme, per regolamentare la procedura di suicidio assistito. «L’esito della votazione è stato significativo perché, pur essendo sufficienti i voti della maggioranza (21 del PD), il testo ha ottenuto il via libera con 27 voti favorevoli, tra i quali quelli di Italia Viva e 5 Stelle», spiegava Baldini, coordinatore del comitato che ha presentato la proposta di legge.

Come cambiava il suicidio assistito

Baldini ricordava ancora che l’approvazione era importante perché superava «le schermaglie politiche a livello nazionale su un tema così delicato, per fissare i termini procedurali concreti per il suicidio medicalmente assistito, che finora non c’erano e costringevano i pazienti a rivolgersi a un avvocato e a far ricorso a un giudice per veder attuato un proprio diritto. Finora chi chiedeva il suicidio assistito non aveva tempi certi di risposta da parte delle ASL, né si sapeva chi dovesse fornire il farmaco necessario o da chi dovesse essere costituita la commissione chiamata a pronunciarsi sul caso».

La norma fissava tempi certi

«Di fatto fino c’era un diritto, che hanno tutti in Italia, di chiedere il trattamento, se sono rispettate le condizioni previste dalla Corte Costituzionale nel 2019. Ma non c’erano indicazioni relative agli aspetti pratici e organizzativi per cui era necessario ricorrere a un giudice. Ma il problema è che chi chiede il suicidio medicalmente assistito è nelle fasi finali della vita, quindi non ha tempo di attendere la burocrazia. Lo dimostrano numerosi casi di pazienti che sono deceduti in attesa di un pronunciamento del Tribunale», sottolineava ancora l’avvocato.

Costi a carico del servizio sanitario

In Toscana, invece, era stato stabilito che «entro 30 giorni sia data risposta alla richiesta (rispetto a tempi che oggi possono arrivare a 5 mesi) e che entro altri 7 giorni la procedura sia attuata», chiariva Baldini che spiegava come il farmaco, inoltre, sarebbe stato «fornito gratuitamente dal sistema sanitario regionale. Da notare che costa 35 euro, non una cifra gravosa, ma si tratta di un prodotto non acquistabile in farmacia e disponibile solo a livello ospedaliero. La Regione Toscana, con un budget di 12mila euro complessivi all’anno, potrà accogliere le richieste, sotto forma di extra LEA, i livelli essenziali di assistenza».

L’autorizzazione al suicidio assistito in Toscana

Un altro passaggio del testo ora contestato dal Governo prevede come dovrebbe essere composta la commissione multidisciplinare chiamata ad autorizzare la procedura, dopo aver ottenuto un parere dal comitato etico competente a livello territoriale. In caso affermativo, dunque, la commissione procederebbe, secondo la norma, con la valutazione dello specifico caso, per assicurare che siano rispettati i parametri richiesti. Il testo prevede anche la figura di un infermiere, «come da emendamento della maggioranza che ha ritenuto fosse importante nell’esecuzione della pratica», spiegava Baldini.

medico e paziente suicidio assistito

Perché è una svolta

«Ora è chiaro che nessuno sarà più costretto ad andare in Svizzera per fare valere il diritto fondamentale a morire con dignità», insisteva Baldini, mentre di «la legge di civiltà» parlava Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, che ha messo a punto la proposta di legge “Liberi subito”, presentata in tutte le regioni. Il motivo: «impedisce il ripetersi di casi – da ultimo quello di Gloria, proprio in Toscana – di persone che hanno dovuto attendere una risposta per mesi, o addirittura anni, in una condizione di sofferenza insopportabile e irreversibile».

A che punto sono le altre Regioni

Non esiste ancora, infatti, una legge nazionale che definisca uniformemente come debba avvenire il suicidio assistito. Quindi le Regioni, che hanno competenza in tema di sanità, si muovono autonomamente. «La proposta di legge dell’Associazione Coscioni, presentata in tutte le Regioni è stata bloccata, per esempio, in Liguria e Lombardia. In Veneto era arrivata in Consiglio regionale, ma poi è stata bocciata per un solo voto», chiariva Baldini. Emilia-Romagna e Puglia, invece, hanno proceduto con una delibera anziché con una legge, che però è soggetta a modifiche in caso di cambiamenti politici alla guida dell’Amministrazione.

Manca una legge nazionale sul suicidio assistito

«A livello parlamentare, invece, è tutto bloccato, nonostante la Corte costituzionale abbia esortato a legiferare con urgenza. Addirittura esistono proposte restrittive rispetto a quanto stabilito dalla sentenza del 2019, ossia che si possa accedere al suicidio assistito quando sussistano 4 condizioni: la persona che lo chiede deve essere in grado di prendere decisioni libere e consapevoli, deve avere una patologia irreversibile. Inoltre, le sofferenze fisiche o psicologiche devono essere ritenute intollerabili, e deve essere tenuta in vita da “trattamenti di sostegno vitale”».

Il testamento biologico

Come chiariva l’avvocato, però, di recente ci sono anche tentativi di mettere mano alla legge 219 del 2017 sul “testamento biologico. Questa permette di chiedere l’interruzione delle cure e sottoporsi a sedazione profonda e continua, inducendo uno stato di incoscienza fino al momento della morte. «Il rischio a livello nazionale, però, è di andare a restringere quanto già stabilito in materia».