Isabella Rossellini

Tutte le metamorfosi di Isabella Rossellini

Giornalista, modella, attrice, testimonial… nella sua carriera è stata tante cose. Ma solo a 60 anni ha conquistato la libertà di essere e fare ciò che voleva davvero. Come racconta in questa intervista, fatta in occasione dei David di Donatello. In cui parla di red carpet e di animali, di singletudine e di tempo. Che porta buone cose, non solo le rughe

Ci sono persone che hanno una sola vita. E persone che ne hanno infinite. Una di loro è Isabella Rossellini. Che poteva limitarsi a fare solo la “figlia di,” avendo due genitori immensi come Ingrid Bergman e Roberto Rossellini, e accontentarsi di vivere di luce riflessa, come molti fanno. Invece ha scritto la sua storia con estro e fantasia, reinventandosi decine di volte.

Le mille vite di Isabella Rossellini

A 19 anni si trasferiva da Roma a New York per cercare fortuna. A 24 esordiva in tv, con viso acqua e sapone e look décontracté, in veste di “corrispondente dall’America” per quel programma di esordienti folli e visionari che fu L’altra domenica. A 28 conquistava le copertine delle riviste patinate posando per i più grandi fotografi di moda, debuttando nel frattempo al cinema e sposando Martin Scorsese. Sì, quel Martin Scorsese. A 30 veniva scelta come testimonial worldwide di Lancôme, cambiava marito (il modello Jonathan Wiedmann), diventava madre, divorziava e si rifidanzava (stavolta con David Lynch), consacrando con una manciata di film d’autore la sua carriera di attrice.

A 41 adottava un bambino da single, perché voleva un altro figlio ma non un altro marito. Superati i 50, scopriva le meraviglie della vita di campagna, apriva una fattoria biologica a Long Island e si specializzava nel mestiere di “contadina”. A 63 veniva richiamata, con tante scuse, da quel brand che l’aveva liquidata, per farsi paladina della bellezza senza età. A 66 si laureava in Etologia all’Hunter College di New York. Intanto diventava nonna e scriveva libri, tra cui Io e le mie galline. Perché quello è sempre stato il suo pallino, il regno animale, castrato in gioventù per seguire altre strade e rispolverato negli anni con Green Porno, una serie di corti sulla vita sessuale degli animali che finalmente arriva in Italia.

Il nostro incontro in vista dei David

La incontro in occasione della trasferta italiana, proprio nei giorni in cui viene annunciata la sua candidatura come miglior attrice non protagonista ai David di Donatello per La Chimera di Alice Rohrwacher. L’appuntamento è una domenica pomeriggio in un albergo del centro di Milano, e io sono emozionatissima. Ho sempre desiderato conoscere Isabella Rossellini. Primo, perché la trovo una donna straordinaria. Secondo, perché da ragazza mi dicevano che le assomigliavo (non è vero), e questo ha nutrito in modo inconsapevole e fraudolento la mia autostima con i ragazzi. Quindi, ho un debito con lei. Ma non so se avrò il coraggio di dirglielo. Mi accoglie nella sua camera con un sorriso. Siamo solo io e lei, nessun agente, nessuna fretta. Un sogno.

Isabella Rossellini in La Chimera di Alice Rohrwacher: per il ruolo di Flora è candidata come migliore attrice non protagonista ai David di Donatello del 3 maggio. Foto di Simona Pampallona

L’intervista a Isabella Rossellini

Si aspettava la candidatura ai David?

«È stata una bella sorpresa. Avevo ricevuto lo scorso anno un David alla carriera, ma questa è la prima nomination che ricevo per un ruolo. In Italia ho fatto pochi film, c’è sempre stata una certa diffidenza nei miei confronti. Ho lavorato più come modella».

Infatti è venuta in Italia per Pucci e Dolce&Gabbana.

«Camille Miceli (la direttrice artistica di Pucci, ndr) mi ha chiesto di sfilare per la sua nuova collezione, che è ispirata a una mia vecchia copertina di Vogue con un abito di Emilio Pucci. Domenico e Stefano, invece, mi hanno invitato a parlare all’inaugurazione della loro mostra a Palazzo Reale. Magnifica. Un tributo alla creatività e al lavoro dei nostri artigiani. Un patrimonio che rischia di morire e che loro tengono in vita grazie a una scuola di formazione».

Isabella Rossellini all’inaugurazione della mostra Dal Cuore alle Mani: Dolce&Gabbana, a Palazzo Reale.

È da molto che conosce i due stilisti?

«Praticamente dagli esordi. Vennero a New York, giovanissimi, per chiedermi di scattare una campagna con Steven Meisel. Avevano bisogno di una modella che interpretasse la loro “italianità”, e io avevo attitudine e mimica giuste. Hanno avuto l’intuizione di portare nella moda il Neorealismo, cioè tutto ciò da cui noi volevamo distanziarci, ma con intelligenza».

Cosa intende?

«Noi non volevamo più essere le vedove siciliane, le vergini represse, le suore. Loro sono riusciti a riprendere questo immaginario e a renderlo sexy e glamour».

Tornando al cinema, com’è stato lavorare con Alice Rohrwacher? Anche lei ama molto la natura.

«Alice viene da una famiglia legata alla campagna, il padre fa l’apicoltore. Ha questa nostalgia per una realtà contadina che sta sparendo. Anche io, nel mio piccolo, cerco di salvare quel mondo. Sto provando a rintracciare in Italia razze di pecore a rischio di estinzione. In America vengono tutelate da consorzi, qui da voi non sono neanche più usate per la lana, che viene importata dall’Asia. Vorrei trovare piccole realtà con allevamenti autoctoni per realizzare progetti con giovani designer, magari con il supporto delle accademie».

Ha sempre avuto la passione per la moda?

«Mi piaceva da ragazza, insieme a tante altre cose, ma era quella che più mi faceva intravedere uno sbocco professionale. Ho studiato all’Accademia di Moda e Costume, con l’idea di lavorare nel cinema».

Invece ha esordito come giornalista.

«È stato un caso. Quando ho finito gli studi, ho raggiunto mia madre a Broadway e lì mi hanno offerto di aiutare Gianni Minà che non parlava l’inglese. Sono diventata sua assistente e ho imparato qualcosa di questo mestiere. È lui che mi ha fatto conoscere Renzo Arbore. Mi sono buttata».

La serie Green Porno

Isabella Rossellini in uno dei corti della sua serie Green Porno, su Mubi.
Isabella Rossellini in uno dei corti della sua serie Green Porno, su Mubi.

È stata una bella scuola di ironia. Nei corti Green Porno si traveste da vari animali. Non è da tutti.

«Ho fatto io i costumi, rispolverando i miei studi in accademia, e ho provato a raccontare le cose in modo facile e divulgativo. Gli scienziati sono interessanti, ma un po’ noiosi».

Com’è nata l’idea?

«Me li ha commissionati SundanceTV, il canale di Robert Redford, nel periodo in cui andavano molto i video su YouTube. Infatti durano non più di 2 minuti, come i vecchi corti del cinema muto. L’idea era di fare una serie a tema ecologista».

E ha scelto il porno…

«Quella parola nel titolo scoraggiava i finanziatori, allora abbiamo virato sulla seduzione e la maternità. La prima serie è partita nel 2008, poi ho continuato a farne nel corso del tempo. Finalmente sono arrivati in Italia».

Isabella Rossellini: abbiamo un bel senso di famiglia

Mamma svedese, papà italiano: cosa ha preso dall’una e dall’altro.

«Le due culture le ho sentite relativamente, perché la gente del cinema è un po’ nomade. I miei erano spesso in viaggio. A noi ci lasciavano a Roma con la nonna e le zie, per darci un po’ di radici. Però posso dire che da mamma ho preso il pragmatismo. Come lei, non mi perdo nelle cose, punto all’essenziale. Papà era conviviale, affettuoso con le persone, curioso di tutto. Forse ho preso questo da lui».

Ai tempi fece scalpore la relazione tra i suoi, si parlò a lungo della lettera che sua madre inviò a suo padre.

«Quella fu una cosa tutta montata dalla stampa. Lei semplicemente si candidò per lavorare con un regista che ammirava. Una cosa che si fa ancora oggi. Lo ha fatto per esempio Josh O’Connor, il protagonista di La Chimera, dopo aver visto un film di Alice. È normale. I media hanno voluto teatralizzare quella vicenda, trasformando mia madre in una sorta di predatrice sessuale. Una cosa per cui ha sofferto molto».

Io trovo invece che fosse una donna molto moderna e libera. Lei che madre è?

«Non riesco a vedermi dal di fuori. Posso solo dirle che mi sono sposata due volte, ho avuto una figlia col secondo marito, Elettra, e un figlio da single, Roberto. Ora sono nonna di tre nipotini, uno nato da poco. Viviamo tutti in una fattoria a circa 100 chilometri da New York, in case separate, e abbiamo un bel senso di famiglia, ogni volta che serve ci si aiuta».

Quanto ha contato la bellezza nella sua vita?

«Non mi sono mai guardata allo specchio dicendomi: “Quanto sono bella!”».

E quando ha capito che poteva diventare uno strumento di lavoro?

«Anche questo è successo un po’ per caso. Avevo avuto un flirt giovanile con Fabrizio Ferri e quando lui, già fotografo, venne a New York mi mise in contatto con l’agente che faceva i casting per Bruce Weber, che a sua volta mi fece conoscere un fotografo che cercava una nuova faccia per una beauty story. Nel giro di un anno, era l’82, ho fatto quattro copertine di Vogue America. Questo ha lanciato la mia carriera di modella».

E sono arrivati i contratti importanti, tra cui quello per Lancôme.

«Mi chiamarono perché avevano deciso di dare un’unica immagine del marchio nel mondo. Io avevo il vantaggio che parlavo tante lingue. Fino ad allora erano i dirigenti a interfacciarsi con i media, ma i tempi stavano cambiando. Le modelle non erano più belle statuine, ma personaggi, e sempre più spesso le giornaliste erano donne, con tante curiosità sulla bellezza. Mi chiedevano consigli sui prodotti».

A 43 anni il sodalizio s’interrompe.

«Mi dissero che, data l’età, non incarnavo più il sogno delle donne e decisero di non rinnovare il contratto. Rimasi perplessa. Né io né le mie amiche sognavamo di restare giovani, e anche molte consumatrici non la presero bene. Ma tant’è, rimasi senza lavoro. E fu una fortuna».

Perché?

«Perché, dopo 14 anni, ero costretta a fare altro. Insieme a Lancôme tutti se ne erano andati e io per la prima volta ho sperimentato sulla mia pelle che cos’è l’ageismo, cioè il pregiudizio legato all’età. Finito il lavoro di modella e attrice, mi sono dovuta reinventare, e sono ripartita dalla mia altra passione di gioventù. Cioè il mondo animale. Ho fatto un master in Etologia, girato i corti, aperto una fattoria fuori città».

Ma poi Lancôme è tornato…

«Sì, quando avevo 63 anni. Mi invitarono ai festeggiamenti per l’80° anniversario. Andai per il piacere di fare un viaggio a Parigi, ospite di un bell’albergo, era da tempo che non mi capitavano occasioni mondane. Ma lì, a sorpresa, mi proposero di tornare a lavorare per loro».

Isabella Rossellini partecipa al Lancome X Louvre Photocall nell'ambito della Paris Fashion Week a Parigi
Isabella Rossellini, lo scorso settembre 2023, al Lancome X Louvre Photocall nell’ambito della Paris Fashion Week. Foto: IPA

Cos’era successo?

«Lo capii aspettando al ristorante il nuovo Ceo. Arrivò in moto, si tolse il casco ed era una bellissima donna con i capelli lunghi e biondi come Brigitte Bardot. Erano semplicemente cambiati i tempi e il management. Prima a decidere le strategie del brand c’erano tutti uomini, ora una donna. Giovane, stupenda, con una diversa sensibilità, Françoise Lehmann».

Una bella rivincita. Ma avrebbero fatto meglio a non “licenziarla”…

«È andata bene così: la storia è più romantica, la racconto ogni volta che incontro la stampa, e mi ha permesso di capire che potevo fare altro nella vita, restando in piedi».

La vecchiaia è bellissima

Davvero è cambiata la cultura verso le donne? Ancora mi sembra che si venga giudicate solo sulla base di giovinezza e bellezza, qualità che spariscono col tempo facendo spazio ad altre, sottovalutate: l’ironia, l’esperienza, la consapevolezza…

«È vero, ma all’interno di noi questi valori valgono. Ne parlavo con Oriana Fallaci, che è stata una grande amica. Mi diceva: tutti parlano solo di rughe, ma la vecchiaia è bellissima per noi donne, perché ci rende libere. Dalla famiglia, dai figli, da tanti obblighi. Dopo i 50 finalmente puoi pensare a cosa ti piace davvero e iniziare a farlo».

Si pensa che le belle donne patiscano di più il tempo che passa. Lei che rapporto ha con le sue rughe?

«Di rassegnazione. Sono lì, e basta».

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Mai tentata dai ritocchini?

«Ogni tanto in passato ci ho pensato, ma per una che ha una fattoria organica sarebbe una bella contraddizione riempirsi di botox. Non giudico chi fa ricorso alla chirurgia, ma io che sono già passata sotto i ferri a causa di una brutta scoliosi, non ho intenzione di soffrire ancora. Poi ormai ho quasi 72 anni».

A proposito di amore e futuro

Che ruolo ha l’amore nella sua vita?

«Sono single da 25 anni».

Non sente il bisogno di una persona accanto?

«No, sono felicissima così. Sto bene da sola. Solo alcune cose mi mancano. Per esempio, andare a una festa ed essere protetta dall’assedio dei fan, alcuni sono davvero aggressivi. E, poi, condividere le cose. Tornando in albergo dall’evento di Dolce&Gabbana, mi è dispiaciuto non avere nessuno a cui raccontarlo».

Ha fatto mai rinunce per un uomo?

«No, anche perché è da molto che vivo sola. Ho divorziato da entrambi i miei mariti. Nel secondo divorzio avevo 34 anni, poi ho avuto altre storie d’amore, ma senza legami formali. A volte ho fatto delle rinunce ma per scelta, per esempio perché volevo stare con i bambini».

Rimpianti?

«Fare tutto quello che volevo, prima. Senza aspettare di arrivare a 60 anni».

Sogni per il futuro?

«Il futuro è corto quando hai 72 anni. Ti chiedi: fisicamente ce la farò? Tutti si aspettano che tu tenga il ritmo di prima, ma anche viaggiare ora è faticoso. Oggi dico no a copioni che mi portano lontano per troppo tempo. Sto via da casa massimo due settimane, non ho più bisogno di cercare contatti o cogliere occasioni. Ora lavoro solo per cose utopistiche, come le lane o la fattoria. Cose che mi piacciono».

P.s. Alla fine, che le assomigliavo, non gliel’ho detto.

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