I 90 anni di Roman Polanski sono così intensi che non basterebbe uno dei suoi film per raccontarli. Tanto cinema ma anche una vita segnata da tragedie e scandali quella del regista di origini polacche, nato a Parigi il 18 agosto 1933.
La filmografia e “The Palace”
Sono 21 i film in 61 anni di carriera. L’ultimo “The Palace” sarà presentato al prossimo Festival di Venezia il 2 settembre. È la prima volta in cui il maestro si confronta con il genere commedia brillante. Ambientato a Gstaad, località lussuosa tra le montagne svizzere, Polanski prende in giro il jet set che popola quel mondo a Capodanno. Prodotto da Luca Barbareschi, suo amico e grande estimatore che a lui ha dedicato il docufilm uscito quest’anno “HomeTown”, in cui il regista parla del “suo” Olocausto.
L’Olocausto di Roman Polanski
Un’infanzia difficile segnata dall’antisemitismo quella di Polanski. Nasce già esule a Parigi dallo scultore e pittore Ryszard Liebing che cambia nome per le sue origini ebree e per essere accettato si trasferisce in Francia. Quando l’intolleranza antisemita contagia la sua nuova patria, a soli tre anni, il bambino segue la famiglia che fa ritorno a Cracovia. Ma qui all’arrivo dei nazisti, verrà rinchiuso nel ghetto della città. La madre, deportata ad Auschwitz morirà nel lager. Il padre, deportato e sopravvissuto a Mauthausen, farà appena in tempo ad affidare il figlio a una famiglia cattolica polacca che poi lo rivenderà a dei contadini con cui vivrà fino all’arrivo dell’Armata Rossa.
L’inizio della carriera e “Rosemary’s Baby”
Le sue prima prove da regista iniziano nel Dopoguerra ma è con il viaggio negli Stati Uniti che incontra il successo con il film “Rosemary’s Baby” nel 1968.
La tragedia Tate
L’anno successivo segna per sempre la sua esistenza. Il 9 agosto, mentre si trova a Londra, gli adepti di Charles Manson fanno irruzione nella sua villa a Los Angeles, uccidendo la moglie Sharon Tate all’ottavo mese di gravidanza e gli amici presenti in casa. Per due anni Polanski non toccherà più la cinepresa e nel ’71 ritorna con una cupa versione di “Macbeth” che ne mette a nudo i sentimenti più neri.
![Roman Polanski e Sharon Tate](https://www.donnamoderna.com/content/uploads/2023/08/polanski-tate-1-830x625.jpg)
I premi
Torna al successo con “Chinatown” nel 1974, che ottiene ben undici candidature all’Oscar e gli spalanca le porte di Hollywood. Nel 2002 “Il pianista” riceve nove candidature all’Oscar, ne vince tre (miglior regia, miglior attore protagonista ad Adrien Brody e miglior sceneggiatura non originale a Roman Harwood). Vince anche la Palma d’oro a Cannes e il David di Donatello 2003 per il miglior film straniero. Seguono, negli anni successivi, “Oliver Twist” (2004), “Carnage” (2011), “Venere in pelliccia” (2013), “Quello che non so di lei” (2017).
!["Il pianista" di Roman Polanski](https://www.donnamoderna.com/content/uploads/2023/08/polanski3-1-830x625.jpg)
Gli scandali sessuali
Ribelle e tormentato, ironico e anticonformista, la sua vita è stata travolta anche dagli scandali. Nel 1977, Polanski viene accusato a Los Angeles di “violenza sessuale con l’ausilio di sostanze stupefacenti” ai danni della quattordicenne Samantha Geimer. La donna in seguito ha sempre dichiarato che il rapporto non fu uno stupro e che non gli porta rancore. Le denunce per violenza sessuale contro di lui nel frattempo diventano cinque, ad oggi non giunte a giudizio. Il movimento “Me Too” accende ancora di più la polemica sul regista.
Il rischio di estradizione
Dal 2005 è nella “red notice” del governo americano e rischia l’estradizione se esce dalla Francia o dalla Svizzera, i Paesi che l’hanno accolto. Il 26 settembre 2009 Polanski viene arrestato all’aeroporto di Zurigo. Dopo l’accaduto si registrano numerose reazioni pubbliche da parte di artisti e politici, che chiedono la liberazione del regista. Le autorità elvetiche gli revocano gli arresti domiciliari e hanno sempre negato la sua estradizione negli Usa. Il mondo dello spettacolo, quando si parla di lui, si è sempre diviso in innocentista e colpevolista ma tutti non possono che riconoscerne l’indiscutibile talento artistico.