terapia ormonale sostitutiva

La terapia per una menopausa senza dolori

Vampate, osteoporosi, depressione… Una donna su due sopporta i sintomi come se non ci fosse alternativa. E invece c’è: si chiama terapia ormonale sostitutiva. Peccato che alla maggior parte non venga neppure proposta. Le ragioni? Hanno a che fare con una mancanza di cultura. Medica, e non solo

«Bene». Quando ho detto che, salvo due brevissimi periodi, non avevo mai usato la pillola contraccettiva, il nuovo ginecologo ha commentato così. Il senso sottinteso era: «Non hai assunto ormoni». Poco importa che la ragione della visita, almeno nelle mie intenzioni, fosse sapere se proprio gli ormoni potessero rappresentare la soluzione ai miei recenti fastidi: ciclo irregolare, umore, pessimo, difficoltà a dormire, i muscoli sempre contratti, l’intestino impazzito.

«L’età fa pensare che il corpo si prepari alla menopausa» è stata la sentenza. Dunque, dottore, che cosa devo fare? «Nulla. Se dovesse avere cicli molto abbondanti e molto ravvicinati, ne riparliamo. Per il resto, è l’età: un po’ di fastidio è naturale». Tornata a casa con una certa delusione, ho scoperto di essere in buona compagnia. Al netto delle amiche che usano la pillola spingendo i fastidi più in là, il consiglio per tutte le altre è per lo più questo: «Gli ormoni è preferibile evitarli».

Terapia ormonale sostitutiva: i dati

Deve essere anche per questo che in Italia solo 5 donne su 100 utilizzano la terapia ormonale sostitutiva. Secondo la ricerca La menopausa nella vita delle donne, pubblicata da Fondazione Onda nel 2022, per alleviare i sintomi alcune usano integratori (27%), prodotti di erboristeria (17%), rimedi omeopatici (7%), ma quasi una donna su 2 semplicemente sopporta come se non ci fosse alternativa. Le ragioni dello scarso ricorso alla terapia ormonale sostitutiva sono molte. C’è chi la rifiuta per un’avversione generale ai farmaci, chi per paura degli effetti collaterali, chi perché pensa che la menopausa sia qualcosa di naturale e, in quanto tale, da prendere come viene.

La causa che numericamente vince su tutte è però anche la più insospettabile: a 3 su 4 nessuno l’ha mai proposta. Un fenomeno che ha scarse differenze statistiche tra Nord, Centro e Sud e si ripete con proporzioni analoghe anche fuori dall’Italia. Stati Uniti compresi. Non a caso il New York Times ha pubblicato una lunga e dettagliatissima inchiesta intitolata Women have been misled about menopause (e cioè: le donne sono state ingannate a proposito della menopausa) che parte da un assunto: la menopausa è molto più di un fastidio, è una condizione fisiologica ma porta con sé problemi spesso patologici che, se ignorati, compromettono la qualità della vita.

Perché non si consiglia più la terapia ormonale sostitutiva

Vampate, insonnia, dolori articolari, osteoporosi, depressione, secchezza vaginale, cistiti ricorrenti, dolore durante il sesso, calo del desiderio. Sintomi che non sempre le donne attribuiscono alle carenze ormonali – tant’è che spesso nemmeno li riferiscono al ginecologo – ma che, invece, lo sono. Per tutti questi disagi, dice il New York, Times, esiste un trattamento affidabile: perché allora non viene offerto? Il trattamento in questione è, appunto, la terapia ormonale sostitutiva.

E in realtà, spiega Mirella Parachini, ginecologa all’Ospedale San Filippo Neri di Roma, sarebbe meglio dire che non viene offerto più. «All’inizio della mia carriera lavoravo all’Aied, l’Associazione italiana per l’educazione demografica, ed ero il riferimento per la menopausa. L’indicazione, a quei tempi, era di proporre la terapia a tutte le donne sintomatiche e non, come fosse la fonte dell’eterna giovinezza». Poi nel 2002 è arrivato lo studio americano Women’s Health Initiative che ha fatto precipitare la popolarità degli ormoni sostitutivi, trasformandoli nel male assoluto: i risultati, infatti, sembravano provare l’aumento del rischio di cancro, ictus e altre patologie.

Lo studio già smentito

Però, spiega Parachini, quei dati erano falsati dai criteri di selezione: «I ricercatori hanno messo nello stesso calderone tutte le donne, comprese quelle che avevano iniziato la terapia dopo i 60 anni, quelle che avevano patologie pregresse, quelle che prendevano gli estrogeni equini, e così via… I risultati, tuttavia, sono stati considerati come un valore assoluto. E la terapia che fino al giorno prima davamo anche a chi non aveva disturbi, abbiamo iniziato a non darla neppure a chi ce li aveva».

Decine di studi pubblicati negli anni successivi hanno poi smentito quei dati, provando che la terapia ormonale, iniziata all’esordio della menopausa, e comunque sempre prima dei 60 anni, in donne sane con sintomi medi o severi presenta più benefici che rischi. La sua fama, però, non si è mai ripresa del tutto. Il perché Rossella Nappi, ginecologa, ed endocrinologa presso l’Ambulatorio di Endocrinologia ginecologica dell’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e presidente dell’International Menopause Society, nel suo libro Sulla cresta dell’onda (Fabbri) lo spiega così: «A causa di queste fortune alterne, un buon numero di medici è arrivato a maturare una visione poco chiara dell’argomento, in una sorta di reazione a catena per cui, a causa di una preparazione non completa, diventa difficile informare le pazienti in modo corretto e decidere rimedi e terapie efficaci».

Donne e menopausa oggi

In altre parole, dopo la pubblicazione di quello studio una gran parte dei ginecologi ha smesso di studiare la terapia ormonale sostitutiva e, sapendone poco, finisce per non proporla. Schermandosi spesso dietro la vecchia idea secondo la quale, dal “partorirai con dolore” in poi, è previsto che le donne sopportino una serie di disagi legati all’essere donne.

«Lasciare una donna abbandonata alla tempesta conseguente alla carenza ormonale, soprattutto per quel 30-40% che ha sintomi invalidanti, significa impoverire non solo la vita di quella singola donna ma anche la sua famiglia e la società» osserva Alessandra Graziottin, direttore del Centro di Ginecologia e sessuologia medica dell’Ospedale San Raffaele Resnati di Milano. «L’aspettativa di vita continua ad allungarsi e dovrebbe essere un nostro obbligo farla coincidere con l’aspettativa di salute. Invece, per le donne, tra l’una e l’altra c’è una differenza di 14 anni: anni di malattia, dolore, ipertensione, fratture, ictus. Tutte patologie favorite dalla menopausa. Invertire la rotta non è solo un’urgenza medica: è una questione politica».

Il trattamento differenziato per i disturbi ovarici

Se un secolo fa, spiega Graziottin, l’aspettativa di vita coincideva con l’arrivo della menopausa, oggi in menopausa passiamo anche 30 o 40 anni: lasciare una donna per un terzo della vita senza ormoni ovarici è dissennato. «La legge dell’endocrinologia dice che, se una ghiandola viene rimossa o funziona poco, la integri con una terapia: vale per tutte le ghiandole, ma non per le ovaie. Quale distorsione ideologica porta a questa differenza?».

Naturale, dice, non è sinonimo di sano. «Il nostro organismo è progettato per la riproduzione, e alla natura farci arrivare sane a 85 anni non interessa. Con le vampate la variazione di temperatura è di 4 o 5 gradi: questo triplica i livelli di cortisolo, creando uno stato infiammatorio che è denominatore comune di patologie come infarti, ictus, malattie neurodegenerative e tumori. E il 26% ha una mutazione di un gene che, quando gli ormoni fluttuano tanto, provoca un’infiammazione molto aggressiva delle articolazioni. La soluzione non è l’antinfiammatorio, ma gli estrogeni transdermici costanti».

La terapia ormonale sostitutiva è necessaria

Prima si interviene, sottolinea la ginecologa, meglio è. «Alcune donne hanno sintomi clamorosi anche fino a 6 anni prima della menopausa, e si sentono dire che sono stressate. Io ho l’87% delle pazienti in questa fascia di età in terapia ormonale con dosaggi personalizzati. Lo faccio da 40 anni e ho un follow up pazzesco».

La normalità sui grandi numeri, però, è tutt’altra. Per Angelo Cagnacci, direttore della Struttura complessa di Ginecologia e Ostetricia all’Ospedale San Martino di Genova e presidente della Società italiana di menopausa, questo è dovuto prima di tutto a un problema strutturale. «C’è una mancanza di cultura sull’uso della terapia ormonale sostitutiva nella gran parte della classe ginecologica, che ha cause diverse: si insegna poco nelle scuole di specializzazione ed essendo la menopausa una problematica meno remunerativa di altre si tende a sottovalutarla. Si adduce la spiegazione che gli ormoni fanno male, ma è una scusa che nasconde la non conoscenza di un tema medico».

Invece, dice, le donne dovrebbero pretendere un trattamento adeguato. «Sappiamo che senza terapia, soprattutto nelle donne con sintomi vasomotori, aumentano i rischi di osteoporosi, artrosi e disturbi cardiovascolari. Ignorarle è omissione di soccorso. Il problema dovrebbe essere preso in carico dalla politica: per altri temi ginecologici abbiamo leggi e campagne che hanno dato alle donne la consapevolezza dei loro diritti. Per la menopausa, no: la tolleranza culturale alla sofferenza femminile resta troppo alta, le donne soffrono e non sanno che evitarlo non solo è possibile ma è un diritto». E che la scelta dovrebbe spettare soltanto a loro: anche questa è una battaglia dalla parte delle donne.

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