La “dating fatigue”, termine coniato dalla giornalista francese Judith Duportaile per indicare lo stress causato dalle app di dating, sta aumentando al punto da mettere in crisi multinazionali come Match Group, proprietaria di Tinder, Hinge e OkCupid: secondo i dati di Match.com riferiti al 2024, infatti, ha perso più di 700.000 utenti paganti in un anno. Malgrado la flessione, il mercato degli incontri online vale comunque circa 10 miliardi di dollari e conta 300 milioni di iscritti, di cui 9-10 milioni in Italia. Un sondaggio di Forbes mostra che le app sono in calo di gradimento per Gen Z e Millennials, mentre registrano un aumento tra gli over 50. Si stima che il 15-20% degli utenti nel mondo ormai vada dai 50 ai 65 anni e, secondo l’ente americano Pew Research Center, il 57% sono uomini e il 38% donne.

La crisi delle dating app vale soprattutto per i più giovani

«Dopo il trauma dell’eccesso di relazioni virtuali nel periodo pandemico, i più giovani hanno un rinnovato desiderio di relazioni “in presenza”» spiega Alessandro Crescenzio, psicologo esperto in relazioni di coppia, fondatore di Psycool.it, consulente di Meetic e autore del libro La formula dell’amore (Mondadori). «Nell’online i Gen Z sembrano ricercare legami meno strutturati, più veloci e spontanei, come quelli su Instagram o TikTok. Invece per molti Millennials si è esaurito l’effetto novità: si sono ormai annoiati. In più, a furia di accumulare esperienze deludenti, è diminuita la fiducia nel mezzo. C’è un ritorno ai tanti modi alternativi per conoscere persone, dalle cene al buio ai viaggi organizzati per condividere interessi come yoga, sport, cultura. Nel loro caso, quindi, si può parlare di crisi delle dating app».

Agli over 50 le dating app piacciono ancora

Invece l’aumento degli utenti over 50 come si spiega? «Con un cambiamento culturale che in molti Paesi del mondo è avvenuto prima che da noi» continua Alessandro Crescenzio. «Gli over 50 si sentono in diritto non solo di creare nuove relazioni stabili ma anche di divertirsi, di avere scambi amicali o di sesso senza impegno. Soprattutto le donne, finalmente, desiderano “giocare”: a livello mondiale si stima che quasi 4 donne over 50 su 10 usino le app di dating. Anche perché la maggioranza degli over 50 e 60 è capace di gestire Internet e app con disinvoltura».

Insomma, a trasformarsi sono utenza e utilizzo, in virtù del cambiamento generazionale degli iscritti e di algoritmi sempre più sofisticati. La scelta è enorme, ormai. Tinder a luglio lancerà a livello globale la nuova funzione Double Date, in cui due amiche o due amici possono creare un profilo di coppia unico e fare match con altre coppie di amici. Meetic organizza anche eventi e serate di persona; in Bumble solo le donne possono inviare il primo messaggio. Happn connette utenti che si sono incrociati nella vita reale. E per gli over 50 spopolano OurTime (oltre 9 milioni di membri attivi mensili, con 20.000 nuovi utenti ogni settimana), SeniorMatch (2 milioni di over 50 che cercano solo relazioni durature), Singles50, NuovoAmore50, Feeld, con un aumento costante di over 60.

Come l’Intelligenza artificiale cambia il volto delle dating app

«Oltre a questa varietà di scelta, le nuove funzionalità dell’Intelligenza artificiale stanno cambiando l’uso e il nostro rapporto con le app» spiega Alessandro Crescenzio. «Quelle tradizionali si basavano su swipe e algoritmi abbastanza semplici, oggi l’AI ci suggerisce profili che hanno maggiori probabilità di coinvolgerci emotivamente. Una volta le chat tra le persone erano spontanee, e magari a volte anche incerte o timide, adesso molte integrano chatbot o suggeritori di messaggi, con consigli su come rompere il ghiaccio, riformulare messaggi per sembrare più interessanti, tradurre automaticamente per comunicare con utenti di culture diverse. Prima i profili erano creati manualmente, ora possono essere generati e poi ottimizzati dall’AI. Con l’integrazione di AI vocali e video, inoltre, alcune app offrono match basati sulla voce, sfruttando la tonalità e l’intonazione.

Le possibilità sono infinite, ma il ruolo degli utenti diventa sempre meno attivo e a livello psicologico questo cambiamento comporta un impatto profondo: si assiste a una progressiva delega dell’intuizione e dell’iniziativa personale. Quando ogni aspetto dell’incontro viene guidato da un algoritmo, si può innescare una dissociazione identitaria tra ciò che si è e ciò che si mostra, alimentando ansia da performance e senso di inadeguatezza. Inoltre l’intimità, che per natura richiede tempo, errori e autenticità, rischia di essere compressa in una sequenza troppo “perfetta” per risultare vera».

Di match e swipe ci si può ammalre

Quindi più che essere in crisi, le dating app stanno cambiano. E la quantità di possibilità e funzioni aumenta anche il numero di quelli che gli psicologi definiscono swipeaholics, ovvero coloro che hanno una dipendenza da app. Il 15% degli utenti, a livello globale, riferisce di non riuscire a scendere da questo ottovolante emotivo. «La ricompensa immediata degli “swipe” e dei “match” attiva il circuito dopaminergico del cervello» spiega Crescenzio. «Si crea una spirale di attivazione che illude, ma non nutre: l’euforia iniziale viene spesso seguita da vuoto emotivo e insoddisfazione, esattamente come nelle altre dipendenze. È il paradosso dell’amore algoritmico: più possibilità abbiamo, meno ci sentiamo appagati.

La crisi delle dating app è causata anche dalla troppa possibilità di scelta

La dipendenza è alimentata dal cosiddetto “bias della scelta”: quando abbiamo tantissime opzioni, diventa quasi impossibile scegliere. Io consiglio di non creare troppi match. Una delle fatiche emotive più comuni è l’eccesso di stimoli relazionali non significativi: si investe energia, in cambio si riceve “attenzione”, ma manca profondità. Questo logora l’aspettativa affettiva, altera il senso del desiderio e, alla lunga, anestetizza la capacità di vivere connessioni autentiche. Occorre fermarsi quando si trova ciò che ci fa stare bene, non pensare alla perfezione, che non esiste. Alle persone che seguo dico: “Nelle cose del cuore serve testa: il romanticismo viene durante, non prima”. Le relazioni sane iniziano in modo lento e progressivo, diventano speciali col tempo». Insomma, come dicono gli inglesi, “it’s not media, it’s people” (conta la persona, non il mezzo).

Storie di chi ha dato una chance alle app di dating

Le app di incontri sono strumenti, dipende da come le usiamo. Se da un lato offrono possibilità infinite, dall’altro richiedono consapevolezza, empatia e un ritorno all’umanità. Perché dietro ogni profilo c’è una persona che cerca un po’ di dialogo e di condivisione, e magari l’amore.

La storia di Roberta, 55 anni, di Pescara

«Ho conosciuto Marco 2 anni fa, ora viviamo insieme. Ma prima ho patito un po’. Mio marito mi ha lasciata per un’altra donna che gli ha dato un figlio, tanto voluto da lui, mai potuto avere da me. Mi sono iscritta su una app di dating perché avevo un vuoto enorme, volevo essere ancora desiderata, sentirmi attraente. Ma ho incontrato una serie di uomini incapaci di instaurare relazioni profonde. Le scuse per mollarmi dopo i primi incontri erano le più svariate: “Non ti merito, mi fai paura, abito da solo da molti anni e non desidero una relazione stabile, ho i figli ancora piccoli che hanno bisogno di me”. I peggiori semplicemente mi “ghostavano”, sparendo senza nessuna spiegazione. Poi, una sera, sono andata a cena con Marco, vedovo, con 2 figli già grandi e una gentilezza di altri tempi. Aveva voglia di un legame leale e profondo, esattamente come me. Ora i suoi figli sono anche i miei figli, finalmente ho trovato una famiglia e un uomo con cui voglio vivere e invecchiare».

La storia di Marzia, 43 anni, di Milano

«Mi sono appena cancellata da Tinder, dopo una serie di disavventure. Tutto è cominciato 3 anni fa, quando mi sono separata dal padre delle mie figlie di 4 e 6 anni. All’inizio ero esaltata: sembrava facile trovare uomini con cui uscire a cena, partire per un weekend. Franco è stato il primo: manager divorziato, quando staccava dal lavoro si trasformava nell’uomo più romantico del mondo. Poi ha cominciato a diventare sfuggente e ho capito che era un narciso egoista. Andrea all’inizio è stato il colpo di fulmine. Separato con due figli piccoli, la ex moglie era spesso via per lavoro e nel weekend mi ritrovavo con lui e i nostri quattro figli. Ma il romanticismo è sparito nel giro di pochi fine settimana. Dopo è arrivato Luca, single e senza figli, non mi sembrava vero. In pochi mesi si è rivelato gelosissimo, aggressivo, e sono scappata a gambe levate. La conclusione è che sono andata in burnout, voglio stare un po’ da sola e, quando mi sentirò pronta, deciderò cosa fare».