bugie bianche

Quanto male fanno le bugie bianche?

Le chiamiamo “bugie bianche”, perché le diciamo per non far soffrire gli altri. O almeno questo è quello che raccontiamo a noi stessi. Ma siamo proprio sicuri che siano innocue come crediamo?

«Se qualcuno mi lodasse sempre, solo per paura di ferirmi con le sue critiche, cosa ne sarebbe della nostra relazione?». La regista Nicole Holofcener è partita da questo dubbio personale per girare A dire il vero, un film che fa riflettere sulle piccole o grandi menzogne che diciamo in buona fede nella vita quotidiana.

Le chiamiamo “bugie bianche” perché sembrano innocue, create con l’idea di rassicurare gli altri. Il partner quando per evitare screzi gli dici che ti fa piacere qualcosa che invece ti irrita. O un’amica che ti spiace deludere perché, proprio la sera che ti voleva con sé a teatro, andrai a una cena a cui lei non è stata invitata. E ancora. Capita di dire una bugia se hai avuto un piccolo incidente ma non vuoi far preoccupare i tuoi, o se ti mostri d’accordo con il capo perché non vuoi sembrare quella che rema contro.

Una scena da A dire il vero, in uscita l’8 febbraio, è la storia di una scrittrice che scopre che al marito non piace il suo ultimo libro ma non glielo ha detto per quieto vivere.

Bugie bianche: perché le diciamo

Secondo una ricerca di Christian L. Hart, docente di Psicologia alla Texas Woman’s University e direttore dello Human Deception Laboratory, il 95% delle persone ammette di mentire almeno una volta alla settimana, ma lo considera moralmente accettabile se fatto per proteggere la serenità familiare o la convivenza sociale. «La domanda è: le bugie bianche sono davvero ininfluenti in una relazione? E sono sempre innocue come si crede?» dice la psicoterapeuta Maria Martinotti. «Ci ho lavorato molto con alcuni pazienti: si tratta pur sempre di menzogne e sono spesso dettate dall’insicurezza. Si mente più per se stessi che per gli altri. Per non deludere qualcuno, pensando che ti vorrà più bene immaginandoti a casa con il mal di schiena piuttosto che alla festa dove ti diverte andare, anche se non volevi ammetterlo.»

«Ma, se l’amicizia è profonda, perché non dire la verità? Meglio contare sulla comprensione che sulla delusione dell’altro, anche se al momento può rimanerci un po’ male. La scusa è una spia della paura, di spiacere e alla lunga dà una visione distorta della realtà». Ci sono terre di mezzo dov’è difficile vedere il confine tra bugia “bianca” e “nera”, vale a dire un vero inganno, ma è chiara la fragilità di una delle due persone in gioco.

Bugie bianche: le storie

«Mento parzialmente a Fabio, il mio compagno, quando esco con il mio ex fidanzato del liceo, perché so che ne sarebbe inutilmente geloso e preferisco evitargli una sofferenza gratuita» racconta Alice, 32enne bolognese che convive da un anno con il suo nuovo amore. «Mettendomi nei suoi panni, capisco che possa provare insicurezza o ingigantire la realtà. Perché è difficile accettare un’amicizia molto speciale con una persona dell’altro sesso, tanto più se è un ex. Conosco Mattia dall’adolescenza, tra noi c’è una confidenza dovuta all’intimità passata anche se la storia è archiviata da tempo. A Fabio l’ho spiegato con sincerità, ma perché non dovrei rassicurarlo dicendogli che lo vedo con altri compagni di scuola anziché da solo? Certo, non so come mi sentirei se lui dicesse una bugia simile a me…».

Tra donne si mente anche per solidarietà. «Mi è successo con un’amica che, dopo tanti anni da single, si è innamorata di nuovo» dice Giordana, 45enne romana. «Quando lui, dopo un paio di mesi, è sparito senza rispondere neanche ai messaggi, lei si è raccontata che lo rivedrà, che il suo atteggiamento è dovuto alla paura di una nuova relazione, dopo il recente divorzio. Inizialmente l’ho assecondata, pur pensando che la sua fosse un’illusione. Perché in fondo, non ho certezze e neppure il diritto di toglierle quella speranza. A volte, con le amiche, ha più valore essere solidali: è un modo per dire che le sostieni qualunque cosa accada».

Mentire a fin di bene

Un altro film, Una bugia per due, esplora le conseguenze del mentire a fin di bene, stavolta sul lavoro, mostrando che accanto ai possibili vantaggi ci sono ricadute psicologiche non sempre positive. Qualche anno fa l’Università di Notre Dame di South Bend, negli Usa, ha condotto un esperimento su 110 persone tra i 18 e i 71 anni. Tutti hanno ammesso di dire in media una decina di bugie alla settimana, ma quelli di loro che nell’arco di 10 settimane hanno limitato le menzogne hanno registrato maggiore benessere: meno mal di testa, malinconia o malumore.

Scena tratta da Una bugia per due, ora in sala, parla di un avvocato che, dopo una diagnosi di tumore, è coinvolto in un caso importante. E quando scopre di essere sano, non lo rivela.

Esistono quindi bugie dette per puro altruismo? «Il crinale è molto sottile e ogni situazione è unica» osserva Martinotti. «Parlerei più di omissioni, per non mettere ansia a chi ha qualche fragilità, ma la stessa definizione di “bugia bianca” e “bugia nera” sembra fatta per rendere la prima accettabile. E rischia di diventare un’abitudine: a volte ci si ricorre senza pensarci troppo perché garantisce il consenso di cui abbiamo bisogno. Tuttavia sarebbe meglio chiedersi perché con alcuni siamo sinceri e con altri no. Meglio cercare di capire se l’altro preferisca invece la verità, per quanto scomoda o difficile da accettare. Potrebbe essere perfettamente in grado di sostenerla»

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