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Un ritiro per rinascere

Sette giorni per imparare un nuovo stile di vita. Che sappia nutrire il corpo e l’anima con ingredienti semplici ma potenti come medicine. La nostra giornalista ha provato per noi questa full immersion di benessere e qui ci racconta cosa ha scoperto e come ha ritrovato se stessa

Per costituzione, noi umani facciamo fatica ad accettare il cambiamento, a uscire dal nostro guscio di abitudini, schemi e certezze. Eppure, lo tsunami emotivo generato da un lutto importante, dopo aver scosso le fondamenta dell’esistenza. Spesso lascia in regalo l’urgenza di trasformarsi e correggere la rotta, per riempire i vuoti con nuovi pieni. Così è successo a me. Non so se avrei pensato ad un ritiro altrimenti. A un certo punto, ho sentito un bisogno impellente di agire, cercare risposte guardarmi dentro.

L’occasione mi è arrivata online, leggendo per caso la notizia di un ritiro organizzato da La Grande Via, l’associazione creata con Enrica Bortolazzi da Franco Berrino, il medico epidemiologo che dall’Istituto dei Tumori di Milano ha riscritto le regole alimentari per supportare i pazienti oncologici e prevenire le malattie degenerative. Fin da ragazza, qualche manciata di decenni fa, sono stata attratta dalle discipline spirituali e il tema del ritiro non poteva che far breccia sul mio stato d’animo: il mistero del divino. Senza approfondire troppo i dettagli, ho aderito di slancio: dovevo andare da sola.

Immagini del ritiro

La condivisione arricchisce

La decisione si è rivelata più audace di quanto avessi immaginato: in una settimana, ho inanellato una serie di prove che hanno smantellato automatismi quotidiani con sorprendente facilità. A cominciare dal condividere, nell’ex convento 1515, uno straordinario “luogo di sosta e di pensiero” incastonato sotto la Sacra di San Michele di Avigliana (TO, www.certosa1515.org) la cella pressoché monastica con una sconosciuta, le camere singole non erano più disponibili. E se russa? Se russo io? E la mia privacy? In realtà la condivisione mi ha arricchito: la compagna di stanza, una donna brillante e ricca di stimoli, ha funzionato come una cassa di risonanza, aggiungendo significati preziosi alla mia esperienza. Un altro tabù sfatato con una certa sorpresa è stato l’appuntamento con lo yoga alle 7 tutte le mattine… a digiuno.

Il primo giorno pensavo di non farcela visto che a casa non muovo un passo senza il caffè, poi ho provato una strana liberazione: lo stomaco vuoto permette di entrare in un contatto più intimo con il proprio corpo con se stessi e in barba alla caffeina si moltiplicano le energie. Sul tema del caffè mi attendeva un’altra sfida: dalle abituali 7 tazzine al giorno sono passata in un lampo… a una tazza d’orzo. Dopo un leggero mal di testa iniziale, mi sono dimenticata il cappuccino con l’aiuto di abbondanti dosi di kukicha, il tè verde giapponese prodotto dai rametti, non dalle foglie: senza teina, ha un gusto delicato e confortevole, oltre a proprietà depurative, diuretiche e remineralizzanti. Una scoperta.

Il cibo come medicina

Un’altra scoperta l’ho vissuta a tavola. Mi ero immaginata pasti salutari ma non un’alimentazione rigorosamente macrobiotica, ovvero a base di legumi, cereali integrali e verdure, con ingredienti jolly più o meno esotici alle mie orecchie: umeboshi, prugna fermentata giapponese, tahina, pasta di sesamo, tempeh, variante fermentata del tofu di origine indonesiana, ecc. Il tutto rigorosamente biologico per evitare di ingerire fertilizzanti chimici.

Berrino ha innovato i dettami di Georges Ohsawa, l’inventore della macrobiotica, con la sua variante macromediterranea. Nel libro Medicina da mangiare la spiega così: «Alleggeriamo, semplifichiamo! È la dieta base dei popoli prima della rivoluzione industriale in campo alimentare: pulita, gastronomicamente eccellente». Confermo: sarà che in cucina c’erano le cuoche specializzate dell’associazione, ma il mio lato gaudente non ha sofferto, i sapori pieni delle verdure di stagione con cereali inusuali e i dessert a basso indice glicemico hanno gratificato il mio palato.

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Immagini del ritiro

Nuova linfa dalle pratiche interiori

Ma la promessa del ritiro andava al di là degli aspetti materiali. E infatti, per nutrire gli spazi interiori, durante il giorno al ritiro era previsto un ricco menu di conferenze. I nostri usuali ritmi di vita – tra famiglia, lavoro e incombenze varie – non ci lasciano il tempo per studiare. Poter dedicare ogni giorno ore indisturbate a imparare in ambiti disparati – dalle piante salvifiche ai kami giapponesi, le divinità tutelari della natura, dalle costellazioni familiari alle forze arcangeliche – con tanto di quaderno per gli appunti, è stato un lusso. Non solo. È stata anche l’occasione per vivere il silenzio.

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Immagini del ritiro

Nelle nostre vite distratte da un’overdose di stimoli, digitali e non mettersi in ascolto di sé è una pratica intimamente, terapeutica: se non si fa un po’ di vuoto nella mente, non arriva nuova linfa a riempire le nostre vite. Tornando verso casa in auto, avevo l’impressione di essere in compagnia. Di me stessa. Come se il mio io interiore si fosse espanso, sentivo una strana padronanza, più consapevole, più calma, più forte.

I segreti per custodire il tempio dell’anima

Nella miriade di stimoli che ho raccolto durante il ritiro, ce n’è uno che mi risuona dentro: l’invito a vedere il corpo come tempio dell’anima, da proteggere e custodire. Spesso al fisico assegniamo un ruolo di serie B rispetto alla mente, ma è un errore. Per rispettarlo gli ingredienti sono due: il movimento, possibilmente nella natura, e soprattutto l’alimentazione.

Per Franco Berrino mangiare bene significa scegliere cibi freschi (non confezionati), integrali e biologici: sono infatti dimostrate le conseguenze dei micro insetticidi sull’organismo. I loro effetti si riversano sul suolo, uccidendo i microbi di cui anche gli umani hanno uccidendo i microbi di cui anche gli umani hanno bisogno, soprattutto nell’intestino. Ci aiutano a digerire ciò che mangiamo, stimolano il sistema immunitario, danno messaggi agli organi e al cervello.

Senza i batteri giusti non possiamo essere felici. Ma il messaggio del medico sconfina nella dimensione spirituale che, se coltivata, allunga la vita. L’aveva già evidenziato una ricerca dell’Università di Harvard su 120.000 infermiere di diverse religioni. Chi “andava al tempio regolarmente” viveva di più e le afroamericane risultavano le più longeve. Perché? Grazie ai gospel! Il canto ha straordinari effetti benefici: libera la mente, come la recitazione dei mantra; migliora l’ossigenazione e l’efficienza del cuore e la memoria, aumenta la plasticità cerebrale, la produzione di ossitocina che è l’ormone dell’amore, riduce ansia e depressione.

La spiritualità di Berrino

Per Berrino la spiritualità è universale, come spiega nell’ultimo libro Il mandala della Vita (Mondadori). I messaggi fondamentali di tutte le culture e testi sacri sono gli stessi, perché nascono dalla profondità dell’animo umano. Nel libro ne abbiamo trattati dodici. In primis la gratitudine: essere contenti vuol anche dire accontentarsi e quindi sottrarsi all’iper consumismo di oggi. Un altro messaggio è il fare ciò che si deve senza attendersi ricompensa: perché la ricompensa sta nel lavoro ben fatto, la vera gioia è nel dare.

Franco Berrino, medico epidemiologo, è una grande studioso della prevenzione delle
malattie croniche con gli stili di vita (www.lagrandevia.it).

Poi il comandamento più rivoluzionario: amare selvaggiamente! L’energia dell’amore pervade tutto,
non può essere catturata nelle parole, va fatta sgorgare. Perché, come dice un maestro taoista, l’amore nasce quando la mente muore.

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