Anche quest’anno il 14 marzo arriva il World Sleep Day a ricordarci quanto conta per la salute e il benessere saper dormire e riposare. E quanto, invece, soprattutto noi occidentali abbiamo perso un rapporto equilibrato con i ritmi di sonno e veglia delle nostre giornate. E se parliamo di “malattie” del riposo spesso ci dimentichiamo o sottovalutiamo quella sonnolenza diurna che ci porta a chiudere gli occhi, a veder scemare concentrazione e memoria e a sentire che il corpo sta esaurendo l’energia, come un’auto che rimane senza benzina, nei momenti sbagliati.
La sonnolenza diurna: un pericolo
I medici la chiamano ipersonnia o sonnolenza diurna ed è un sintomo più frequente di quel che pensiamo, oltre che pericoloso: aumenta del 33 per cento il rischio di incidenti stradali e molti degli infortuni domestici o sul lavoro sono legati proprio a un calo della vigilanza legato alla sonnolenza.
Cominciamo con il chiarire che è fisiologico sentirsi un po’ stanchi dopo pranzo o dopo cena: è il classico abbiocco, parte del sangue viene dirottato allo stomaco per facilitare la digestione e si riduce l’afflusso in altri distretti, compreso il cervello, provocando sonnolenza. E chiariamo anche subito che ci sono fasi della vita in cui si è più soggetti alla sonnolenza diurna.
Sonnolenza diurna negli adolescenti e anziani
Sono l’adolescenza e l’età avanzata. Nei ragazzi hanno un peso i mutamenti ormonali che alterano il ritmo sonno-veglia e aumentano le ore di sonno necessarie a recuperare le energie. Su questa condizione fisiologica spesso s’innestano abitudini quotidiane scorrette: gli adolescenti vanno a letto molto tardi e non riposano a sufficienza, quindi finisce che dormono più di giorno. Lo stesso circolo vizioso, per motivi diversi, può innescarsi anche negli anziani, che si addormentano dopo pranzo, riposano meno la notte e durante la giornata hanno bisogno di pareggiare il conto.
Apnee notturne
Detto questo se la sonnolenza diurna non è legata a situazioni particolari o cambi di abitudini non andrebbe mai trascurata. «La forma più frequente è associata a una sensazione di affaticamento ed è causata principalmente dalla privazione di sonno. Non si dorme bene la notte perché si soffre d’insonnia e durante il giorno si fa fatica a restare svegli. Oppure si dorme sì, ma il sonno è di cattiva qualità per esempio a causa delle apnee notturne ostruttive, disturbo cronico caratterizzato da ripetute interruzioni della respirazione che ha la sonnolenza diurna tra i suoi sintomi principali» spiega Giuseppe Plazzi, neurologo, direttore del Centro del sonno all’Università di Bologna.
Un primo test per capire se dipende tutto dal cattivo sonno notturno si può fare subito: «Quando la causa della sonnolenza è la deprivazione di sonno, i momenti critici sono la tarda mattinata e il primo pomeriggio» aggiunge il dottor Plazzi. «Ma anche le tre di notte: a quell’ora chi fa i turni o è costretto a stare sveglio per altre ragioni fa più fatica a mantenersi vigile».

Quando la sonnolenza diurna è legata a malattie croniche
Diverso è se la sonnolenza compare già al primo risveglio, talvolta in modo irresistibile: ci si addormenta di punto in bianco, senza che l’organismo ci preavverta con segnali di stanchezza. «In questo caso» chiarisce l’esperto «si parla di narcolessia o di ipersonnia idiopatica. La prima rientra nell’elenco delle malattie rare; coinvolge 4 persone su 10mila, esordisce prima dei quindici anni ed è causata dalla carenza di un nucleo di cellule nell’ipotalamo, la parte profonda del cervello, che producono orexina, sostanza che regola il ritmo sonno-veglia. L’ipersonnia idiopatica, invece, di cui non sono chiare le cause, interessa 3-4 persone su 10mila; in genere si manifesta al risveglio e compare nell’adolescenza. Stiamo parlando di malattie croniche, che hanno un impatto importante sulla qualità della vita. Si affrontano curando il sintomo, con farmaci che agiscono sulla produzione di orexina.
Come capire quanto condiziona la tua vita
Se hai la sensazione di “dormire in piedi” e riposare male, in attesa di sentire il medico puoi metterti alla prova con la Scala di Epworth, messa a punto dagli esperti e che considera otto situazioni a rischio addormentamento: si va dal leggere seduti, al guardare la tv o parlare con un’altra persona. Per ognuna devi rispondere con un punteggio. Se sei curiosa la trovi su narcolessia.org e ti può dire quanto il tuo grado di stanchezza merita attenzione.
Come valutare la qualità del sonno
In ogni caso se la tua sonnolenza incide sulla qualità della vita vale sempre la pena di rivolgersi a uno specialista. «Il medico valuterà la qualità del riposo con la polisonnografia, che misura la respirazione, il flusso d’aria, la frequenza cardiaca, i movimenti del torace, l’ossigenazione e la posizione del corpo per verificare se si soffre di sindrome delle apnee notturne» spiega Giulia Milioli, neurologa esperta in medicina del sonno e coautrice del libro Il manuale del sonno (LSWR edizioni).
Come preparare il sonno buono
Una prima medicina che non costa nulla e ha ottimi effetti è rimettere ordine nei ritmi sonno-veglia. «Il sonno di buona qualità si costruisce durante la giornata. È bene dedicare del tempo all’attività fisica e alla socialità che aiutano a scaricare tensioni e ansia, mantenere orari regolari, evitando di addormentarsi davanti alla tivù e cercare di recuperare nel fine settimana le ore rubate al riposo» suggerisce Giulia Milioli. «Una consuetudine nemica del sonno rigeneratore è intrattenersi la sera con smartphone, computer o tablet: la luce blu riduce la produzione di melatonina, che regola il sonno notturno».
Cosa mangiare per evitare la sonnolenza diurna
È importante anche mantenere un ritmo regolare; cerca di cenare entro le 19 e 30, senza esagerare con le quantità. La sera ok ai carboidrati che facilitano il sonno, mentre di giorno gli zuccheri andrebbero limitati, soprattutto se devi svolgere attività che richiedono un alto livello di concentrazione. Attenta anche al digiuno che in alcuni soggetti può causare ipoglicemia generando una sensazione di stanchezza.
Power nap, il pisolino
«Un’ottima strategia per combattere la sonnolenza diurna è applicare i power nap, le “pause pisolino”» consiglia la dottoressa Milioli. «Non devono però durare più di 20-30 minuti, per non ostacolare l’addormentamento notturno e per evitare di svegliarsi ancora più stanchi. Il momento migliore? Dopo pranzo, se puoi: ti prendi un caffè e ti appisoli per venti minuti; al risveglio la caffeina farà effetto e ti sentirai subito più reattivo».