Ora che si avvicina la fine dell’estate, la semplice voglia di relax (magari negli ultimi giorni di vacanze, magari in casa), viene inquinata dalla cosiddetta sunshine guilt: la spinta a uscire, a godersi il sole. Si tratta di una sorta di senso di colpa a non approfittare delle giornate di sole. Come se si perdesse un’occasione della quale poi ci si potrebbe pentire. A quanto pare a soffrirne di più sono i giovani della Gen Z, come dimostra la diffusione dell’hashtag #sunshineguilt sui social. Ma a ben vedere a provarla sono anche i boomers.

Cos’è la sunshine guilt

A descrivere bene la sunshine guilt, la sensazione di frustrazione nel dover rimanere in casa quando fuori c’è una bella giornata di sole, è stata di recente su Instagram @charliehealth. Si tratta di uno pseudonimo dietro il quale si offre un servizio di salute mentale che propone consigli per il benessere. La sunshine guilt (letteralmente il senso di colpa legato alle giornate di sole) consiste proprio nel provare rimorso o ansia nel non sfruttare a pieno il tempo soleggiato, soprattutto quando si prova la sensazione che si “dovrebbe” uscire per goderne i benefici.

Dove nasce il fenomeno sunshine guilt

«Nelle regioni del mondo in cui il sole è raro, è comprensibile che ogni giornata luminosa venga vista come occasione da non perdere. Nasce così questo senso di colpa o disagio che oltrepassa anche gli impegni lavorativi, il malessere fisico o semplicemente la mancanza di voglia. Il fatto è che il fenomeno si è poi allargato anche alle zone comunque ben soleggiate», spiega Alessandro Calderoni, psicologo e psicoterapeuta, creatore di Psymind.it e dei podcast Relief e Ipnopodcast.

Attività all’aperto o relax a casa?

La questione, dunque, si pone non solo quando si è in qualche modo obbligati a rimanere in casa o in ufficio, ma quando si potrebbe uscire e invece si è combattuti con la voglia di restare a godersi il relax al chiuso. «Il primo consiglio è riconsiderare le aspettative: è importante riconoscere che non c’è un modo giusto di vivere una giornata di sole (e nemmeno la vita). Ogni persona ha bisogni e desideri diversi, e va bene trascorrere la giornata in modo che sia soddisfacente per se stessi, anche se ciò significa restare in casa (senza eccessi in un senso o nell’altro, possibilmente)», spiega Calderoni.

Accettare le proprie emozioni

«Invece di respingere o giudicare i sentimenti di colpa, può essere utile riconoscerli e capire da dove provengono. Questo può aiutare a ridurre il loro impatto», prosegue l’esperto, che suggerisce anche di «Praticare l’auto-compassione: trattarsi con gentilezza e comprensione, come si farebbe con un amico, può aiutare a ridurre il senso di colpa e a ricordare che è normale non voler uscire ogni volta che c’è il sole (ma poi uscire a fare cosa e perché?)».

Bilanciare il tempo

Un altro modo per ridurre questa frustrazione è «cercare, se possibile, di trovare un equilibrio tra i doveri quotidiani e il tempo per se stessi. Anche brevi momenti trascorsi all’aperto possono essere sufficienti per godere del sole senza sentirsi obbligati a dedicarvi l’intera giornata. O godere del verde urbano, che ha un impatto di riduzione su ansia e stress. O prendere sole sul viso al mattino presto per attivare la secrezione di serotonina e dare sostegno all’umore. Può aiutare anche la socialità e la condivisione di questo stato di singolare inquietudine».

Ne soffrono soprattutto le donne?

Se si cerca su TikTok l’hashtag #sunshineguilt, compaiono soprattutto storie di donne. È possibile che sia una sensazione che riguarda in particolare l’universo femminile? «In realtà non ci sono evidenze per cui ne soffrano di più le donne. Le donne, però, spesso affrontano pressioni sociali legate alla gestione del tempo, all’equilibrio tra lavoro e vita privata e all’adempimento di ruoli di cura. Questo potrebbe amplificare il senso di colpa associato a non sfruttare al massimo una giornata di sole, specialmente se percepita come un’opportunità per dedicarsi a sé stesse o alla famiglia. Studi psicologici hanno comunque suggerito che le donne, in generale, potrebbero essere più inclini a esperienze di colpa o a percepire una maggiore responsabilità per il proprio benessere e quello degli altri. Questo potrebbe rendere alcune di loro più suscettibili alla sunshine guilt, anche se non è una caratteristica esclusivamente femminile», chiarisce Alessandro Calderoni.

Attenzione alle aspettative personali

L’estate, poi, è una stagione mitizzata, carica di sogni e aspettative personali: «Non va dimenticato che si lavora sodo per 48/49 settimane all’anno idealizzando le restanti due o tre come se ci riscattassero dal resto dell’esistenza», sottolinea lo psicoterapeuta. «Inoltre spesso le persone hanno aspettative personali su come dovrebbero comportarsi in certe condizioni meteorologiche o sociali, e non riuscire a soddisfarle può portare a sentimenti di colpa o di inadeguatezza».

Sunshine Guilt e FOMO: cos’hanno in comune

La sunshine guilt è considerata una sensazione simile alla FOMO, la “sindrome” di chi teme di perdere qualcosa perché assente (magari dai social). «Sunshine guilt e FOMO sono concetti distinti (uno più su base ambientale, l’altro maggiormente influenzato dai social), ma condividono una base psicologica comune legata al timore di perdere o sprecare un’opportunità. Entrambi i fenomeni riflettono il modo in cui le aspettative, sociali o personali, possono influenzare le nostre emozioni e il nostro comportamento», chiarisce lo psicologo, che ricorda come in entrambi i casi possono valere i consigli su un cambio di atteggiamento e di gestione del proprio tempo.