I due giorni di lavoro in meno rispetto al 2024 a causa feste e ponti ridurranno quest’anno il Pil italiano di 12 miliardi di euro. Un impatto pari ai danni che potremmo subire dall’applicazione dei dazi imposti dall’amministrazione Trump. È quanto emerge da un’elaborazione realizzata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre su dati Prometeia e Istat.
Pil pro capite: Milano in testa
Nel 2025 – il Pil italiano è destinato a sfiorare i 2.244 miliardi di euro. Ciò implica che produrremo poco più di 6 miliardi di euro di reddito al giorno. Includendo anche i bambini e gli anziani, l’importo pro capite giornaliero medio nazionale ammonta a 104 euro. A livello provinciale il contributo per abitante più elevato arriva da Milano con 184,9 euro. Seguono Bolzano con 154,1, Bologna con 127,6, Roma con 122 e Modena con 121,3. In coda alla classifica nazionale, invece, troviamo la provincia di Sud Sardegna con 50,8 euro, Cosenza con 50,7 e, infine, Barletta-Andlria-Trani con 50,6. A livello regionale, la realtà più ricca è il Trentino Alto Adige (152,8 euro) seguito da Lombardia (140,8), Valle d’Aosta (134,5), Emilia Romagna (123,8) e Lazio (121,3).
Le ore di lavoro in Italia
A livello europeo – evidenzia la Cgia – siamo annoverati tra i più stakanovisti: secondo l’OCSE, infatti, solo Grecia (1.897), Polonia (1.803), Repubblica Ceca (1.766) ed Estonia (1.742) registrano un numero di ore lavorate per occupato all’anno superiore al nostro, pari a 1.734. In Francia sono 1.500 ore per occupato e in Germania 1.343. Un dato, quello italiano, che va interpretato con attenzione: ricordiamo, infatti, che contiamo uno stock di ore lavorate molto elevato ascrivibile, in particolare, a un tasso di occupazione tra i più bassi di tutta UE.

Un punto in più di Pil con una settimana di lavoro
Nei 20 giorni circa che nel 2025 intercorrono tra l’inizio delle festività pasquali e la fine del ponte del 1° maggio – spiega la Cgia di Mestre – tante fabbriche, magazzini, negozi e uffici si sono svuotati, continuando l’attività al rallentatore, mentre nelle realtà aziendali legate al settore turistico si lavora a pieno regime.
Un problema che il legislatore ha cominciato ad affrontare nel 1977, quando si decise di cancellare alcune feste religiose (Epifania, San Giuseppe, Ascensione, Corpus Domini, San Giovanni e Paolo, San Francesco). Recentemente, il governo Berlusconi nel 2004 e nel 2011 e poi quello di Monti cercarono di mettere mano alla situazione senza riuscirci. Se tra feste e giorni pre-festivi fossimo in grado di recuperare una settimana di lavoro all’anno, guadagneremmo un punto di Pil pari a circa 22 miliardi di euro.