Nel 2019 Sue Montgomery, la sindaca di un dipartimento di Montréal, in Canada, fa un esperimento. Durante i Consigli comunali sferruzza una sciarpa usando due fili: rosso e verde. Ogni volta che parlano gli uomini sceglie il rosso, quando tocca alle donne il verde. Il risultato? Una sciarpa quasi tutta rossa. Provate a pensare se andassimo tutti in ufficio con due ferri e due gomitoli colorati: ci ritroveremmo con scorte di sciarpe a tinta unita. Perché nel mondo del lavoro le donne di rado decidono di parlare.
Nelle riunioni le donne fanno meno domande degli uomini
Faticano a farlo, a ogni livello: da chi siede nei consigli di amministrazione a chi vorrebbe andare dal capo a chiedere un aumento in busta paga. Non c’è infatti solo il gender gap negli stipendi: esiste anche un divario di fiducia che può impedire a una lavoratrice di evidenziare il proprio talento, minando così la sua carriera o anche solo l’accettazione delle sue richieste. «Uno studio sui seminari accademici dice che le donne pongono domande due volte e mezzo meno rispetto agli uomini. Sul perché della rinuncia si limitano a confessare timori personali: “Non mi sentivo abbastanza intelligente” oppure “L’oratore era troppo eminente”» precisa Flavia Trupia, autrice di Prendiamo la parola! (Piemme).
Troppo spesso in ufficio sono trattate come se fossero bambine
In realtà, le blocca anche la tendenza altrui a “infantilizzarle”: troppo spesso nei contesti professionali sono trattate come bambine. Quante volte, infatti, capita che un capo dica: «Questo lavoro lo faranno le ragazze» riferendosi a ultra 40enni? Oppure che, presentando il suo gruppo di collaboratori, affermi: «La squadra è composta dal dottor Tizio, l’ingegner Caio, l’avvocato Sempronio e Valentina». Come se Valentina fosse la mascotte di Disneyland e non, magari, una dirigente plurilaureata.
Con la retorica le donne possono imparare a parlare in pubblico
«Se vogliamo prenderci spazio in ambiti prevalentemente maschili, dobbiamo imparare a proporci» aggiunge Flavia Trupia, ideatrice della società di formazione Per la retorica (perlaretorica.it). «La storia ci dice che le categorie privilegiate sono difficilmente propense a cedere i loro vantaggi. Anzi, faranno credere agli altri di non essere pronti». Una donna che prende la parola vuol sentirsi preparata al 100%. Ma nessuno lo è. «Il mio non è un invito alla superficialità, è un appello a non morire di perfezionismo. Il primo modo per conquistare credibilità è pensare di meritarla. Quando ci facciamo avanti in una riunione, dovremmo dirci: “Questo è il mio posto”. Se noi stesse pensiamo di essere sbagliate o fuori luogo, lo penserà anche chi ci ascolta» precisa Trupia.
Le ragazze vanno incentivate a far sentire la loro voce
Gli studi poi dimostrano che i più propensi a millantare conoscenze che non hanno sono i ragazzi. «Un datore di lavoro che ha in mente un’assunzione o una promozione dovrebbe tenerne conto. Ma ne devono essere consapevoli anche i genitori, incoraggiando le figlie a proporsi, visto che le ragazze tendono a sottostimare le proprie capacità e ad attribuire i propri successi a fattori esterni, se non addirittura alla fortuna». Oltre al perfezionismo e al senso di inadeguatezza femminili, c’è anche un altro problema: dai talk show ai tavoli dei relatori, le donne sono spesso in netta minoranza. Ma è solo la pigrizia degli organizzatori che li porta a coinvolgere sempre i soliti, e per giunta solo uomini? «Va tenuto conto che nei posti di potere i capi sono quasi sempre ancora maschi e sono loro a essere chiamati a rappresentare l’organizzazione. Le donne stesse, poi, in tanti casi si tirano indietro, come se prendere la parola pubblicamente fosse l’ottavo peccato capitale. In realtà, è un’occasione per farsi notare e, in prospettiva, guadagnare di più» osserva Flavia Trupia.
Per farsi ascoltare le donne devono imparare ad ascoltare anche se stesse
Come uscirne? L’arte oratoria può renderci più sicure perché insegna a posizionarci al centro della scena, a guardare tutti negli occhi, a staccare i gomiti dal corpo quando parliamo usando le mani, a declamare, ossia a pronunciare le parole senza “mangiare” le lettere finali, a usare il microfono (mai dire: “No, tranquilli, parlo senza, tanto si sente lo stesso…”: se è disponibile, prendetelo!). «Farsi ascoltare presume la capacità di ascoltare anche se stessi. Siamo tutti carichi di un passato che, se non accettato, rischia di invalidare le nostre relazioni» aggiunge Silvia Gavarotti, autrice di Power Speaking (Piemme), dove racconta il metodo che ha messo a punto come cantante lirica, attrice e vocal coach di numerosi personaggi del mondo dello spettacolo. «Noi donne stiamo ancora pagando pegno per aver potuto votare solo dal 1946, come se fino a quella data non avessimo avuto nulla di degno da dire. Oggi le cose sono cambiate e possiamo fare molto altro».
Dobbiamo conoscere anche il linguaggio parlato dal corpo
È importante concentrarci sul corpo, che “parla” molto più di quanto ce ne rendiamo conto. «La postura aperta, il sorriso, lo sguardo sono segni che fanno brillare il nostro carisma». Le donne, invece, sono spesso irrigidite sulla difensiva: per superarla, serve consapevolezza di sé. Ovvero, «riconoscere i propri talenti, accendere la passione per ciò che siamo chiamati a fare, spegnere il giudizio di sé e degli altri che spesso rende negativo a priori un incontro. Chi occupa il proprio spazio consapevole anche del linguaggio del corpo, chi sa sorridere e guardare l’interlocutore negli occhi esprime empatia».
Per poter negoziare bene bisogna arrivare preparate al dialogo con il proprio capo
Certo, sia che ci si sieda in un meeting sia che ci si ritrovi faccia a faccia con il proprio capo, assumere la postura e il tono di voce giusto non basta. Le parole che si pronunciano devono essere ben ponderate. Tradotto: come ci si prepara prima di tenere un discorso in pubblico, così bisogna arrivare con le idee chiare quando, per esempio, si fa una trattativa per un aumento o per altri benefit, sapere bene quali sono i nostri obiettivi, avere dati che li sostanzino ed essere pronte a negoziare. Se si è creato il contesto in cui noi siamo assertive e l’interlocutore si sente a proprio agio, anche questi passaggi saranno più semplici.