La pensione, una chimera per alcuni, una preoccupazione per altri, specie per la Gen Z che vede innalzarsi sempre di più l’età in cui poter uscire dal mercato del lavoro, complice il fatto che anche il momento di ingresso viene posticipato. Ma semplicemente per la maggior parte della Gen Z è un “non pensiero”.

Quanto ci si preoccupa per la pensione

Secondo un’indagine condotta da Anima SGR, su un campione di oltre 1000 adulti, oltre 8 italiani su 10 (pari all’81%), è preoccupato per il proprio futuro pensionistico, anche se di fatto non fa nulla per tutelarsi. Ma la vera preoccupazione degli economisti riguarda i più giovani. La conferma è arrivata di recente da Tito Boeri, già presidente dell’INPS, che sul mensile di economica eco di cui ora è direttore, di recente si chiedeva: Andremo mai in pensione? Il pensiero di Boeri è diretto proprio alla Gen Z.

Andremo mai in pensione?

«Le pensioni pubbliche del domani (quelle, per intenderci, erogate dall’Inps) saranno meno generose di quelle attuali. Non tanto perché si andrà in pensione più tardi: questo sarà infatti controbilanciato dal percepire le prestazioni più a lungo. Il fatto è che le pensioni non garantiranno più come in passato il mantenimento degli stessi standard di vita che si avevano lavorando. Sin qui le pensioni mediamente garantivano circa l’80% del salario percepito sul finire della carriera lavorativa e la differenza poteva essere colmata da piccoli lavori o da altri redditi, come l’affitto di una casa. È prevedibile che le pensioni del futuro offriranno attorno al 60% dell’ultimo salario, quindi con un ridimensionamento significativo degli standard di vita dell’età lavorativa», osserva Boeri. Dunque, quale futuro per la Gen Z?

I giovani pensano alla pensione?

La preoccupazione, dunque, esiste anche se è poco percepita dai più giovani, un po’ per il problema – in alcuni casi, ben più urgente – della mancanza di un lavoro, un po’ per un diverso approccio mentale che porta a restringere l’orizzonte al “qui e ora”, senza spingersi a immaginare il proprio futuro tra qualche decennio. Eppure quel futuro andrebbe costruito proprio con un certo anticipo, come suggeriscono gli esperti.

Costruire il futuro fin da oggi si può

«Il fine più importante è darsi un obiettivo personale per il futuro. Si tratta certamente di una proiezione, perché sappiamo che negli anni le leggi cambieranno e la vita stessa ci metterà di fronte a esigenze differenti; ma questo approccio ci permette di conseguenza di impostare anche la nostra carriera lavorativa ed eventualmente pensare di cogliere strumenti, come il riscatto della laurea che, se fatto subito, a inizio lavoro, risulta molto meno oneroso, piuttosto che in tarda età (nel primo caso può costare 10.000 euro nel secondo caso anche 100.000)», ricorda Andrea Martelli, fondatore di MiaPensione.

Come cambieranno le pensioni

Il vero dubbio, infatti, riguarda il modo in cui cambierà il sistema pensionistico: «Le modalità sono di fatto già delineate: si andrà in pensione sempre più tardi, al netto di alcune pensioni anticipate che continueranno a esserci – conferma Martelli – Quel che è chiaro è che per una vecchiaia finanziariamente serena non si potrà più contare unicamente sull’assegno pensionistico, ma si dovrà puntare anche sulla previdenza complementare. Per i giovani diventa quindi necessario avere una solida cultura finanziaria, e iniziare a investire e risparmiare per crearsi una rendita ulteriore rispetto alla previdenza obbligatoria».

Controllare sempre i propri contributi

Un primo consiglio concreto degli esperti è di tenere sotto controllo i propri contributi: «È importante controllarli a qualsiasi età. Rispetto al passato, sicuramente, siamo più fortunati perché la contribuzione è più regolare (fatta eccezione per alcune categorie appartenenti ad albi professionali che hanno la cassa previdenziale esterna all’Inps). Il controllo periodico ci permette di tenere sott’occhio l’andamento contributivo e di capire se l’obiettivo pensionistico finale è conforme alle nostre necessità o meno», spiega Martelli. Insomma, meglio capire se l’assegno di pensione potrà essere sufficiente o meno: «L’errore frequentissimo, infatti, e che non riguarda solo i giovani ma anche chi è ancora lontano dalla pensione, è verificare tardi quella che è la propria situazione contributiva, per poi accorgersi che l’assegno pensionistico che si andrà a percepire è inferiore, e non poco, rispetto allo stipendio percepito.

Attenzione a errori e TFR

Un altro vantaggio nel controllo periodico dei contributi è che permette di individuare possibili errori, per tempo: «Controllare eventuali mancanze o inesattezze contributive permette eventualmente di richiederne la rettifica», conferma Martelli, che però suggerisce anche di pensare per tempo al TFR (Trattamento di fine rapporto): «Io suggerirei, per esempio, di non lasciare mai il TFR in azienda, se si è dipendenti, ma di appoggiarlo su un fondo pensione convenzionato con il contratto nazionale del lavoro o con la categoria aziendale di appartenenza.

Cosa fare del TFR: azienda o fondi pensione?

Proprio sul TFR occorre, infatti, una valutazione. Lasciarlo in azienda può permettere maggiore flessibilità, perché è liquidabile al termine del rapporto di lavoro. Inoltre è rivalutato annualmente in base al 75% dell’inflazione più l’1,5%, quindi con qualche garanzia maggiore rispetto all’andamento dei mercati. Di contro, i fondi pensione sono più legati ai mercati, dunque potenzialmente sono più esposti alle oscillazioni, ma possono permettere anche guadagni maggiori, specie sul lungo periodo. Per quanto riguarda la tassazione, invece, rispetto al TFR in azienda, i fondi pensione hanno una fiscalità più conveniente (minori tasse), soprattutto per i redditi maggiori.

Quanto incide la carriera sulla pensione

Ma in un mondo in cui il vecchio posto fisso è sempre più raro, quanto può incidere sulla pensione l’andamento della carriera lavorativa, quindi stabilità, contributi versati, cambi di lavoro, ecc.? «Tantissimo. Le posizioni stabili nel tempo, sia nel pubblico che nel privato, sono avvantaggiate perché non presentano buchi contributivi o problematiche di varia natura. Detto ciò, si tratta di una scelta lavorativa che offre una maggior tutela ai fini pensionistici, ma sicuramente prevede una retribuzione bene o male stabile nel tempo o comunque inferiore rispetto ai guadagni che si possono avere se si è liberi professionisti», chiarisce Martelli.

Cosa pensa la Gen Z

Non stupisce, quindi, che in un contesto così differente rispetto al passato la maggioranza dei giovani pensa semplicemente che non smetterà di lavorare. Secondo un’indagine Intesa San Paolo e You Trend/Quorum (2024), il 57% teme che la pensione non permetterà di condurre una vita dignitosa e, tra chi non si aspetta di smettere di lavorare, il 67% indica principalmente ragioni imputabili al sistema pensionistico. Un divario non da poco si nota tra gli under 24 e gli over 30.

La Gen Z e la pensione

La ricerca ha mostrato come tra gli under 24, il 65% ritiene di essere ancora troppo giovane per pensarci, mentre nella fascia tra i 25 e i 29 anni c’è l’idea di non conoscere a sufficienza gli strumenti pensionistici integrativi, preferendo idealmente destinare le eventuali disponibilità economiche all’acquisto della casa. Il problema è che dai 30 anni spesso ci si scontra con problemi di liquidità: insomma, se prima si era troppo giovani per pensare al futuro pensionistico, poi si devono fare i conti con le impellenze quotidiane (bollette, affitti o il desiderio di metter su casa o famiglia, per chi ce l’ha). Il rischio è di ritrovarsi a pensare al futuro quando è troppo tardi.

Attenzione anche a Gen X e Millennials

Gli esperti sottolineano: «La pensione è anche una nostra responsabilità e dobbiamo gestirla con preparazione e consapevolezza, per questo dobbiamo agire per tempo e non ridurci all’ultimo minuto. Questo vale anche in fase di presentazione della domanda di pensionamento e dunque non solo per la Gen Z: la pensione può essere ricalcolata, in caso di errori, sono numerose le cause intentate contro INPS. Il momento più delicato e decisivo riguarda la domanda di pensionamento: è importante conoscere e valutare attentamente tutte le opzioni possibili, per uscire dal mondo del lavoro, per scegliere responsabilmente. Purtroppo, anche un piccolo disguido nella presentazione della domanda può ripercuotersi negativamente sull’assegno percepito».