«Stai composta». «non fare rumore». L’invito alla mansuetudine, per ricevere in cambio l’amore degli altri, è l’imprinting educativo che, quasi, tutte riceviamo fin da bambine. E se Aristotele e compagnia avevano escluso le donne dalla sfera pubblica, la struttura economica su cui si regge il mondo ancora le tiene il più possibile fuori dalla gestione dei soldi. Ecco perché Come chiedere l’aumento. Strategie e pratiche per darti il giusto valore (Fabbri) è un manuale gradevolissimo e rivoluzionario, dove una solida teoria e tanti consigli pratici si fondono in parole al tempo stesso rigorose, affettuose e motivanti. D’altra parte l’autrice, Azzurra Rinaldi, docente di Economia politica all’Università Unitelma Sapienza di Roma, si definisce «un’economista femminista» e sa che determinazione e sorriso possono andare a braccetto perché «la gentilezza è punk». Qui ci accompagna in quel terreno, scivolosissimo per noi donne, che ha a che fare con i soldi.

Per chiedere un aumento bisogna conoscere il proprio valore

Cos’è l’aumento di cui parla nel titolo?

«È l’aumento di stipendio che una dipendente può chiedere alla sua azienda. Ma non solo. Che tu voglia una nuova posizione lavorativa o rafforzarti come free lance, professionista o imprenditrice, devi riconoscere il tuo valore e imparare a intavolare delle trattative. Per riuscirci, serve avere un piano e capire quanto ti frenano gli stereotipi».

Molte donne non chiedono l’aumento perché non parlano mai di soldi

Per esempio? «La sindrome dell’impostora. Studiata per la prima volta nel 1976 dalla psicologa femminista Kay Deaux, rivela questo: se un uomo ha successo, di solito pensa che sia merito delle sue capacità. Se lo ottiene una donna, quasi sempre pensa che sia dipeso da fattori esterni, per esempio che chi l’ha valutata non si sia reso conto che non è abbastanza brava. Insomma, il suo risultato sarebbe un bluff e prima o poi qualcuno se ne accorgerà».

Altro stereotipo radicatissimo è quello a cui ha dedicato il suo libro precedente, Le signore non parlano di soldi (sempre Fabbri).

«Nel nostro Paese ne parlano poco anche gli uomini, ma le donne molto meno. Non perché il tema non interessi, ma perché si ritiene sia riprovevole. Non se ne parla neppure tra amiche e molte si giustificano dicendo che è un argomento troppo intimo. In realtà con le amiche condividiamo altri dettagli molto personali. Il nocciolo del problema sta altrove: parlare di denaro è qualcosa che secondo la cultura patriarcale non ci spetta. Ci educano a essere carine e remissive, per cui non ci sentiamo a nostro agio con il linguaggio e i metodi della contrattazione».

Eppure basta fare un giro sui social per sentirsi ripetere «Se vuoi, puoi».

«È un mantra frutto di una retorica pericolosa, per due motivi: semplifica la realtà, che è assai più complessa, e crea sensi di colpa in chi si impegna con coraggio ma poi non ottiene i risultati sperati. Ogni persona parte infatti da una condizione sociale, culturale ed economica più o meno privilegiata. Non siamo tutte uguali ai blocchi di partenza. Dovrebbero ricordarsi di questo anche le donne che arrivano al top e dicono alle altre: “Se ce l’ho fatta io, puoi farcela anche tu”. Il messaggio dovrebbe invece essere: “Vai a prenderti quello che ti spetta, ma tieni conto che ci sono sfide strutturali e disuguaglianze che non è detto tu possa superare”».

Spesso non si chiede un aumento per paura di sentirsi dire no

L’economista Azzurra Rinaldi (ph. Ilaria Corticelli)

A bloccarci è anche il timore di ricevere un rifiuto.

«Siamo cresciute con l’idea che dobbiamo essere sempre perfette, un rifiuto è quindi inaccettabile. Una donna ha molte più probabilità di un uomo di sentirsi rispondere no alla richiesta di un aumento o di un finanziamento per il proprio business. Occorre metterlo in conto. E non è detto che siano dei no contro di te perché sei “sbagliata”, magari era il momento sbagliato per chiedere l’aumento».

Come si fa a capire qual è il momento giusto?

«Occorre raccogliere dati, quelli congiunturali, se c’è una forte crisi tutto diventa più difficile, così come quelli relativi all’azienda e alla concorrenza. Poi però durante la trattativa bisogna dimostrarsi empatiche, ascoltando bene cosa dice la controparte, e flessibili».

Ma se ci accorgiamo che la trattativa sta deragliando, cosa conviene fare?

«Bisogna avere la propria BATNA. Questo acronimo sta per “Best alternative to a negotiated agreement”, cioè l’alternativa più vantaggiosa che puoi adottare se non si riesce a raggiungere un accordo. Devi insomma avere in mente un piano B, che dà serenità mentale e mitiga il rischio che la trattativa si inchiodi sull’opzione “o tutto o niente”».

Magari non si ottiene un aumento di stipendio ma un orario flessibile

Nel pacchetto di contrattazione possono quindi entrare altre variabili oltre ai soldi?

«Certo. Magari l’azienda ora non è in condizioni di assumerti con uno stipendio più elevato o di concederti un aumento, ma potresti ottenere un orario flessibile o altre facilitazioni. Occorre anche ottenere il job title che ci spetta per il lavoro che facciamo: con un titolo “alto” si entra più facilmente in network aziendali o professionali che possono essere utili per gli sviluppi di carriera».

Perché è importante anche imparare a chiedere un feedback?

«Noi donne chiediamo un parere alle amiche sul vestito che indossiamo o sul taglio di capelli, perché nel sistema patriarcale siamo abituate a rispondere della nostra bellezza. Non siamo invece abituate ad attivare feedback sul lavoro per capire come siamo percepite e individuare meglio il nostro valore. Si può chiedere alla propria capa, alle colleghe di altri dipartimenti con cui si è collaborato. Certo, devono essere persone che rispondono con onestà. Il loro parere non deve essere vincolante, ma è prezioso».

Prezioso come il suo libro, che definisce una sorta di “borsa di Mary Poppins”.

«Non ho soluzioni magiche, ma spero di aver fornito qualche strumento che supporti le donne e le loro richieste. La società ci dà gratis solo sensi di colpa e pregiudizi. Dobbiamo essere noi a prenderci lo spazio che ci spetta».

In libreria

Il nuovo libro di Azzurra Rinaldi Come chiedere l’aumento (Fabbri)

Quante volte sul lavoro vorresti chiedere qualcosa – un’assunzione, un aumento, una promozione, un riconoscimento – e al solo pensiero ti irrigidisci per la paura? Oppure, se ci provi e fallisci, ti convinci della tua inadeguatezza? Nel manuale Come chiedere l’aumento (Fabbri) l’economista Azzurra Rinaldi ti aiuta, passo dopo passo, a stanare i pregiudizi che ti frenano e a smarcarti dai sensi di colpa, per farti concentrare invece su ciò che conta: stabilire il tuo “giusto prezzo” e preparare una strategia per affrontare la trattativa nel migliore dei modi. E una volta conclusa la negoziazione? In caso di rifiuto, ti consiglia come reagire in modo costruttivo. In caso di vittoria, ti esorta a dirti finalmente: «Brava!».