Il rapporto tra donne e denaro? Conflittuale e condizionato da pregiudizi culturali. Ne è convinta Giovanna Paladino, direttrice e curatrice del Museo del Risparmio di Torino, che su questo tema ha appena organizzato un ciclo di incontri online dal titolo Da regina della casa a Money Queen (museodelrisparmio.it). «Molte donne sono impreparate nella gestione del denaro all’interno della coppia e non considerano in anticipo le conseguenze di alcune scelte, come delegare la gestione finanziaria al partner, lasciare il lavoro dopo la nascita dei figli o accettare un part-time “involontario” per occuparsi della casa e della famiglia» spiega Paladino. E lo dimostra anche il divorce gap.

Il denaro è ancora maschio

Secondo Edoardo Lozza, professore di Psicologia economica all’Università Cattolica di Milano e tra gli esperti intervenuti ai webinar, «uno dei fattori che sostanziano il gender gap economico è l’interiorizzazione psicologica degli stereotipi. Il denaro è percepito come qualcosa di “maschile” anche dalle donne, perché lo sentono dire così spesso che finiscono per crederci. Di conseguenza, se ne disinteressano, diventando meno esperte: non per natura, ma per sfiducia». In uno studio condotto tra laureati in Economia, quindi senza differenze di competenze oggettive, Lozza ha rilevato che il divario percepito resta: gli uomini si assegnano un 90 su 100, le donne un 70. «Anche a parità di conoscenze, l’effetto culturale resta molto forte».

Divorce gap: divorziare impoverisce le donne

Si tratta di un atteggiamento che ha un impatto significativo sempre, ma soprattutto quando ci si separa. Per molte, infatti, la fine di una convivenza o di un matrimonio segna anche l’inizio di un’emergenza economica che mina il proprio benessere: il 61% di loro riferisce un peggioramento della propria situazione finanziaria dopo la separazione. Stando all’Associazione Matrimonialisti Italiani, il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento è una delle principali cause di impoverimento per le donne (37% dei casi). «In parte i padri non pagano perché non possono, in parte perché se ne approfittano» sottolinea il presidente Gian Ettore Gassani.

In situazioni come queste, l’avvocata divorzista Anna Berghella suggerisce due possibili soluzioni. Rivolgersi a un giudice per ordinare al datore lavoro dell’ex coniuge di versare direttamente sul proprio conto corrente bancario l’assegno di mantenimento, anche se «ovviamente si può fare solo per i dipendenti: su uno stipendio fisso di 2.000 euro al mese, ad esempio, 600 vengono incassati dall’ex». E far condannare da un tribunale il genitore inadempiente a una sanzione, come previsto dalla riforma Cartabia, perché «dover pagare di più è un grandissimo deterrente: vale più di una denuncia penale».

Contro il divorce gap è bene lavorare anche dopo la nascita di un figlio

Che la fine di un matrimonio presenti alle donne un conto più salato lo conferma anche un rapporto della Caritas, secondo cui le madri sole con figli rappresentano il 6,7% degli utenti dei loro servizi, mentre i padri separati e divorziati il 3,1%. E le radici di questo divario affondano molto spesso proprio nella “autosegregazione economica” di cui le donne sono soggetti (e vittime). «Le donne devono lavorare sempre, anche dopo la nascita di un figlio, e non accettare di diventare le segretarie in nero del marito» sottolinea l’avvocata Berghella.

«Il matrimonio non è più inscindibile come un tempo: uno su due termina con una separazione e di questo bisogna prendere atto, pensando alla propria indipendenza economica». Con una separazione si diventa tutti più poveri, ma nel caso di famiglie monoreddito o redditi bassi la stessa sussistenza diventa difficile. Secondo l’avvocata, sarebbe necessario non solo continuare ad avere un reddito fisso proprio, ma anche conti correnti separati. «Persino i mutui trentennali in due sono rischiosi, il mio consiglio è di rodarsi in una lunga convivenza in affitto: bisogna vedere come va, perché oggi ci si separa sempre più presto».

Se a gestire i risparmi è l’uomo

A peggiorare il quadro già piuttosto fosco c’è la violenza economica. «Subdola, perché nemmeno le vittime la riconoscono subito» spiega Lozza. «Emerge come sabotaggio, controllo delle risorse, sfruttamento finanziario». Nei casi più gravi è l’uomo a gestire tutti i risparmi di famiglia e la donna non sa nemmeno quanto entra o esce. Il risultato di questo dislivello psicologico e strutturale si vede in particolare, come detto, quando si arriva al divorzio: le donne sono più fragili, con meno risparmi, meno patrimonio pensionistico e retribuzioni più basse che non permettono di investire nel loro futuro.

Basti pensare che in Italia 4,8 milioni di donne sono casalinghe e tra queste 800.000 hanno meno di 35 anni. Ricorda Edoardo Lozza che il denaro non è uno strumento neutrale, come un ombrello o una bicicletta: «È carico di emozioni, significati e valori. Ognuno ha un proprio stile emotivo nel rapportarsi ai soldi. Nel mio libro Psicologia del denaro (Vita e pensiero, ndr) ne descrivo 6. Essere consapevoli del proprio stile, e di quello del partner, aiuta a prevenire conflitti relazionali perché a volte è una diversa percezione del denaro a far “scoppiare” la coppia: c’è chi lo vede come libertà, chi come sicurezza, chi come potere».

Contro il divorce gap ci vuole la formazione

L’unico modo per invertire la rotta è puntare su formazione e consapevolezza, dunque. «Ma anche fare un corso prematrimoniale di diritto civile aiuterebbe» dice l’avvocata Anna Berghella. «Bisogna sapere davvero che cosa prevede il passo più importante sul nostro status di individui liberi. Ci sono obblighi che vanno oltre i 3 articoli del Codice civile letti durante la cerimonia e che nessuno ascolta. Dall’avvocato si va prima del matrimonio, non dopo: non è mancanza di fiducia, ma consapevolezza». Gli accordi prematrimoniali diffusi in altri Paesi avrebbero ragion d’essere anche da noi? «Che in Italia non abbiano valore è un gravissimo problema. Spero che il legislatore se ne occupi al più presto perché sarebbe un grande passo nella tutela, anche finanziaria, delle donne».