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Generazione G: facciamo nascere nuovi genitori

L’Italia è in una trappola demografica: ha pochi potenziali mamme e papà e anche questi, spesso, rinunciano ad avere figli. Ma sono partite alcune iniziative per sostenerli. Perché invertire la tendenza alla denatalità si può. Anzi, si deve

Quando nasce un bambino, nascono anche una mamma e un papà. Ma in Italia di genitori reali e potenziali, come la demografia – inascoltata – da tempo ci avverte, ce ne sono sempre meno. «Non possiamo continuare a parlare delle conseguenze dei cambiamenti demografici solo come invecchiamento della popolazione.

Per la prima volta nella storia si riducono i giovani. Il processo di degiovanimento non può essere trascurato: abbiamo molti meno giovani rispetto a quanto da sempre si sono avuti per generare sviluppo e benessere nel Paese.

La lotta alla denatalità in Italia

L’Italia non ha messo in campo una strategia vera per fronteggiare gli squilibri demografici» dice Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e statistica sociale all’università Cattolica e coordinatore del ”Rapporto giovani” dell’Istituto G. Toniolo (edito da Il Mulino). «A metà degli anni ’60 nascevano 1.000.000 di bambini, nel 2022 ne sono nati meno di 400.000». Risultato? Quando questi diventeranno adulti saranno molti meno dei loro genitori a poter diventare a loro volta madri e padri.

La “trappola demografica” in cui siamo incagliati non è solo una questione matematica, perché anche freni economici e sociali spingono a posticipare la scelta di avere bambini e, spesso, a rinunciarvi. «I figli sono meno di quelli che si vorrebbero» conferma Rosina. «In Italia il valore di figli desiderato sarebbe intorno a 2, quello realizzato è 1, 24. Con un tasso di fecondità vicino a 2 la popolazione mantiene un adeguato equilibrio nel rapporto tra generazioni. Una fecondità molto sotto i 2 figli per donna porta invece a squilibri insostenibili prima ancora che l’estinzione».

Generazione G: il progetto di Prénatal per i nuovi genitori

Proprio sui genitori si concentra il progetto Generazione G lanciato da Prénatal in occasione del suo 60esimo compleanno: è stato presentato il 19 settembre a Roma e mette insieme aziende, istituzioni e associazioni. Due i filoni di intervento: in collaborazione con Moige (Movimento italiano genitori) la creazione di una rete di “genitori esperti” che per 12 mesi aiutino i neogenitori in situazioni di fragilità e la fornitura di beni essenziali per i loro bambini.

«La Generazione G è quella dei genitori e con questo progetto vogliamo dare una visione positiva della genitorialità» ha dichiarato Alberto Rivolta, ceo di Prénatal. «Abbiamo assunto un ruolo attivo che possa generare sensibilizzazione corale su questo tema, con benefici tangibili sulle famiglie su tutto il territorio italiano, con un approccio di welfare di prossimità».

Generazione G: un’iniziativa peer-to-peer

Concetti, questi, su cui si è concentrata anche Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità: «Progetti di questo tipo vanno nella giusta direzione perché puntano a dare un sostegno concreto alla genitorialità e favoriscono quel cambio culturale che la renda socialmente premiante». La ministra ha evidenziato i rischi che la denatalità comporta: dalla tenuta dei sistemi pensionistico e sanitario ai pericoli ambientali connessi allo spopolamento di molte aree.

Antonio Affinita, direttore generale di Moige, ha aggiunto: «Siamo lieti di avviare questa iniziativa che mira a sostenere la genitorialità fragile. Occorre intervenire in modo fattivo e concreto in una logica di solidarietà e sussidiarietà. Come nelle scuole per combattere il cyberbullismo si utilizza per progetti educativi la metodologia peer-to-peer, con Generazione G i “genitori tutor/coach” aiutano altri genitori, in condizione di disagio».

Le cause sociali della denatalità

E questo può assumere tante forme, che spesso si alimentano l’una con l’altra: la solitudine si accompagna a una limitata vita di relazione e i problemi economici portano a un crescente isolamento. Di certo le difficoltà dei giovani genitori sono già emerse in vari studi.

Come scrive la sociologa Chiara Saraceno, coautrice di La povertà in Italia (Il Mulino) fin da metà degli anni Novanta, riuscivano a lasciare la casa dei genitori solo una «“minoranza privilegiata” che era riuscita a ottenere un lavoro stabile e ben retribuito o coloro che potevano contare sul sostegno dei genitori. Chi non rientrava in nessuno dei due gruppi era altamente esposto al rischio di povertà, tanto più se osava avere anche un figlio».

Aiutare le donne per diminuire la denatalità

Per invertire la tendenza alla denatalità, ha sottolineato la ministra Roccella, oggi più che mai è imprescindibile valorizzare la maternità e lo si può fare sostenendo le donne, lungo tre filoni: l’armonizzazione vita e lavoro, la possibilità di carriera e anche il soddisfacimento dei bisogno di socializzazione a cui troppo spesso devono rinunciare per occuparsi, da sole, dei figli.

Di strada da fare su questi fronti ne resta tanta. Gli ultimi dati sono impietosi: il sondaggio EY-SWG “La leadership femminile nel mondo del lavoro” dice che, secondo il 61% delle lavoratrici, c’è uno scarto tra uomini e donne in termini di opportunità di carriera mentre il rapporto “Le equilibriste – La maternità in Italia – 2023” di Save The Children rivela che il 71,8% delle persone che si sono dimesse nel 2021 sono donne che non possono conciliare, la cura dei figli con il lavoro.

Altri momenti di riflessione e sprone all’azione sono in arrivo. Il 26, 27, 28 ottobre l’amministrazione di San Lazzaro di Savena (Bologna) darà vita agli “Stati Generali dell’infanzia e dell’adolescenza”: sul palco, esperti di varie discipline parleranno di denatalità ed educazione in eventi aperti a tutti e in un ciclo di discussioni riservate a sindaci e amministratori, per un confronto sulle azioni da mettere in campo. Qualcosa si muove, quindi. Certo è che servono risposte immediate, concrete e va demistificata una narrazione fuorviante:

«Non è vero che i giovani italiani non vogliono uscire di casa e avere figli, le loro aspirazioni sono in linea con quelli dei loro coetanei del resto d’Europa» spiega il professor Rosina. «Mancano però politiche sistemiche. Procedere per contrapposizioni Nord/Sud, giovani/anziani, italiani/immigrati produce solo divisioni. Tutti devono essere messi nelle condizioni di dare il meglio di sé». E anche, se lo desiderano, di diventare genitori.

Aiuti alla generazione G

Il progetto Generazione G, www.generazioneg.com, darà sostegno a un numero sempre crescente di famiglie, in una prima, fase a 250 individuate in base a precisi parametri dal Moige e si stimano oltre 180.000 ore di supporto erogate. Per sostenere economicamente l’iniziativa è stata lanciata una raccolta fondi aperta a tutti attraverso donazioni nei circa 400 punti vendita e sugli e-commerce di Prénatal, Toys Center, Bimbostore e Fao Schwarz, sulla piattaforma crowdfunding Eppela, www.Eppela.com/generazioneg, e delle le aziende e fondazioni che diventeranno partner di progetto, tra queste ci sono Chicco, Clementoni, Mam, Mattel.

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