Martina Carbonaro aveva 14 anni. È stata uccisa ad Afragola (Na) dall’ex fidanzato 19enne a fine maggio. La sua storia è tragicamente simile a quella di decine di ragazze che perdono la vita per mano di chi prometteva loro amore.

Ma lei era davvero poco più che una bambina. «Sono femminicidi che ci colpiscono anche per l’età delle vittime, sempre più giovani» esordisce Maria del Carmen Rostagno, psicologa esperta in dipendenza affettiva, autrice del libro SOS Amore tossico (Fabbri). «Episodi così ci fanno rimpiangere le giovani vite spezzate, ma anche il fatto che la società non sia stata in grado di tutelare le vittime». Ragazze piene di vita e di speranza come Giulia Cecchettin, ammazzata da Filippo Turetta nel novembre 2023. O come Ilaria Sula, anche lei di appena 22 anni, uccisa a marzo dall’ex fidanzato che ne ha occultato il cadavere in una valigia abbandonata in un dirupo fuori Roma. O, ancora, come Aurora Tila, 13 anni appena, che nel novembre 2024, a Piacenza, è stata spinta giù dal terrazzo dal ragazzo che voleva lasciare.

Femminicidi: le vittime sempre più giovani

«I fattori sociali, culturali e psicologici incidono sull’aumento di questi casi. Ci si trova davanti a gravissimi stereotipi di genere. Norme patriarcali che favoriscono la credenza secondo cui gli uomini sono superiori alle donne e hanno il diritto di controllarle e dominarle. Fino alla morte» riflette Rostagno. Naturalmente non esistono bacchette magiche in grado di fornire soluzioni immediate. Quello dei femminicidio è un fenomeno complesso, che richiede un approccio sistemico capace di coinvolgere famiglia, scuola, istituzioni e società civile. Ancor più quando sia le vittime sia gli assassini sono ragazzini o poco più.

Educazione affettiva e familiare

«Dobbiamo impegnarci per costruire l’educazione affettiva delle più giovani e dei più giovani. Esiste un buco enorme nell’educazione familiare, che spesso si rivela autoritaria o senza una strategia. Anche la scuola ha perso da tempo il suo potere educativo. L’assenza di programmi che promuovono relazioni sane e il rispetto reciproco crea giovani incapaci di gestire conflitti e emozioni». Ragazzi che non comprendono il valore di un no e che davanti a un rifiuto rischiano di perdere la testa.

La normalizzazione della violenza alla base dei femminicidi con vittime sempre più giovani

A evidenziare la confusione generale un recente studio della Fondazione Libellula, secondo cui un adolescente su 5 non riconosce gli abusi nelle relazioni e ben il 50% degli intervistati non considera la gelosia come una forma di violenza. Non solo. «Secondo un’indagine di Save The Children, il 39% dei ragazzi e delle ragazze in Italia è esposto online a contenuti che giustificano la violenza contro le donne. È qualcosa di dannosissimo, perché rischia di normalizzare questi atteggiamenti e influenzare negativamente i comportamenti» ragiona ancora Rostagno.

La cultura del maschio tossico

Sul punto è significativo ricordare come si stia abbassando l’età media degli autori di femminicidio, con il 65% sotto i 35 anni. «È oggi più che mai necessario insegnare ai giovani l’importanza del consenso, promuovere l’importanza del rispetto reciproco e della parità di genere. È centrale riportare nelle nostre vite l’educazione emotiva, perché è funzionale a scardinare tutti i pregiudizi che alimentano la cultura del maschio tossico, emotivamente analfabeta, aggressivo. Le giovani e i giovani di oggi hanno bisogno di elaborare le loro competenze per affrontare conflitti e comunicare efficacemente nelle relazioni interpersonali. Con i partner, con gli amici, ma anche con i genitori». Perché il rispetto e il consenso devono diventare la base di ogni relazione.