
Lo sapete che da qualche mese esiste una nuova parola? Abbandonologo.
Un neologismo per indicare chi va alla ricerca di borghi abbandonati, edifici pubblici e privati in rovina, per documentarne l'esistenza e la storia. Una parola nata dalla passione di Carmen Pellegrino, una giovane e bella scrittrice cilentana.
«Ti racconto una storia», mi dice Carmen. «Era un pomeriggio di aprile e io trascorrevo qualche ora in una libreria nel centro storico di Napoli, leggendo un libro sulle rovine. A un certo punto un bambino mi si avvicina, questo bambino che in realtà voleva solo la poltrona su cui ero seduta, e mi chiede cosa leggo. Quando gli rispondo che si tratta di un libro su certi paesi abbandonati, ci pensa un momento, conclude che sono un’abbandonologa e se ne compiace.»
Sembra una favola ma è tutto vero. Come nasce questa passione? «Ho vissuto a lungo, con i miei nonni contadini, in un casolare semidiroccato e oggi del tutto abbandonato. Sono nata in uno di quei posti scampati dell’osso del sud, il Cilento montuoso, dove la vicinanza fra passato e presente è stata sempre immediata: bastava attraversare una strada per ritrovarsi davanti a una cascina diroccata; è così ancora oggi.
Da ragazzina, facevo spesso questi esperimenti di attraversamento del tempo: varcavo la soglia di una casa abbandonata e m’immaginavo il ritorno di quelli che le avevano abitate, anche se non li avevo conosciuti. Certe volte immaginavo di cambiargli i destini.»
Una volta cresciuta, Carmen ha iniziato la sua insolita avventura alla scoperta dei paesi abbandonati di mezza Italia. «Ma non solo i borghi – spiega Carmen – mi interessano. Cerco i luna park abbandonati, come anche gli orti, i giardini infestati di rovi. Cerco le stazioni dismesse, i ruderi di chiese e monasteri, i mulini, i teatri, gli alberghi ormai abbandonati.»
Vai da sola in giro? «Quasi sempre. In ogni caso mi affido agli animaletti provvisori che incontro: cani, gatti, capre selvatiche che come segreti guardiani dei muri abitano le rovine, soprattutto di sera, e mi aiutano a trovare la bellezza in una molteplicità di brandelli, a interrogare la polvere che il tempo ha sparpagliato. Insomma a sentirmi a casa in mezzo a un puro nulla.»
Non hai mai paura? «Paura no, non ne ho.» Carmen vaga tra le rovine per ritrovarsi. «Cerco gli assenti. Uomini e donne che la storia non ricorda. Un puro nulla, anch’essi. Ma che sono esistiti. I ruderi che hanno costruito e abitato e spesso ricostruito, dopo frane e terremoti, ne sono una prova. Cerco posti scampati in cui le cose possono restare come sono, anche capovolte o imbrogliate, perché proprio non è necessario metterle a posto. Uno spazio che può essere per tutti una dimora. Un posto in cui stare in silenzio, e perciò tanto più inattuale, dove il tempo non fugge e lo vedi procedere lento sulle facciate delle case, sulle travi esposte, nelle stazioni ormai ferme, e non te ne rammarichi.
Anche per questo mi interessa abitare le rovine, ora che hanno perduto la finalità tutta umana del progetto, perché portano esposti i segni delle lacerazioni del tempo a cui sono sopravvissuti. Così, con lo stesso sentimento dello scampato, posso guardare alle mie ferite, a questo reticolo di crepe, e vederci varchi per l’aria e per la luce. È modo come un altro, se vuoi, di vedere nella sottrazione e nella perdita una possibilità.»
Di borghi abbandonati parliamo anche sul numero 40 di Donna Moderna oggi in edicola.

E voi, conoscete luoghi abbandonati in cui vi piace perdervi a fantasticare?
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