Paola Cortellesi

Paola Cortellesi e il sessismo nelle fiabe

Paola Cortellesi apre l'anno accademico dell'università Luiss Guido Carli con un monologo sul sessismo nelle fiabe. Da Biancaneve a Cenerentola, ci fa sorridere raccontando una realtà amara. Oggi, però, le fiabe sono cambiate (per fortuna!)

L’attrice e regista Paola Cortellesi, che con il film C’è ancora domani ha sbaragliato perfino un colosso come Barbie, ha inaugurato l’anno accademico dell’università Luiss Guido Carli con un monologo sul sessismo nelle fiabe.

Paola Cortellesi e il sessismo nelle fiabe

L’attrice, con il suo piglio deciso, strappa un sorriso amaro quando dice verità che in fondo sappiamo, ma che all’improvviso ci si rivelano nella loro essenza. «Biancaneve faceva la colf ai sette nani», e poi: «Siamo sicuri che se Biancaneve fosse stata una cozza il cacciatore l’avrebbe salvata lo stesso?». E ancora: «Perché il principe ha bisogno di una scarpetta per riconoscere Cenerentola, non poteva guardarla in faccia?».

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Gli stereotipi delle fiabe costruiscono l’immaginario dei bambini

Degli stereotipi nelle fiabe si parla da tempo. Principesse col vestito rosa, rospi che se li baci si trasformano in principi (azzurri, ovviamente), mamme matrigne oppure streghe, padri assenti che viaggiano per affari. E poi uomini che mangiano le donne, donne che si addormentano e si svegliano solo col bacio salvifico, nonne cattive con naso adunco (guarda caso, il “ritratto” dell’ebreo tipo). Se ne parla perché è a partire dai primi anni di vita di bambine e bambini che si costruisce il pensiero, quello che ci porta a definire certi ruoli “per natura” femminili e certi altri maschili.

L’importanza delle fiabe

Le fiabe sono le prime storie che incontriamo da bambini. Ci permettono di vivere avventure fantastiche, impersonare ruoli e sconfiggere mostri. Cosa più importante, ci insegnano la differenza fra bene e male e fra i codici morali che governano la nostra società: che mentre i ragazzi devono scalare audacemente gigantesche piante di fagioli per rivendicare ciò che appartiene loro, le bambine devono guardarsi dal parlare agli sconosciuti in un bosco tenebroso. Ci insegnano che gli spazi maschili sono aperti, quelli femminili chiusi. Che i bambini possono diventare principi grazie alla loro audacia, mentre le bambine solo sposandosi.

Insomma, le fiabe del passato hanno contribuito a dar vita a pregiudizi e credenze che fanno sì, ad esempio, che le donne vengano considerate maggiormente propense alla sfera emozionale, alla cura dei figli e della casa e meno inclini al lavoro, alla carriera, al comando, alla scienza e alla tecnologia, rispetto agli uomini. Si tratta di modi di pensare apparentemente innocui che invece hanno conseguenze pesanti sulla vita delle persone. Infatti i pregiudizi creano ruoli sociali rigidi, dicili da scardinare, che portano a discriminare e a stigmatizzare chi non li rispetta.

Dopo Shrek le fiabe sono cambiate: basta sessismo

Dopo Shrek e Ribelle – The Brave però le fiabe sono cambiate, le donne possono essere anche orchesse verdi e tirano con l’arco. E raccontano una realtà di ragazze intrepide, che vivono da sole e cercano se stesse, anche senza un principe. In fondo, il mondo oggi è questo. Solo che alcuni uomini non sanno stare al passo e faticano a trovare nuovi modi di vivere le relazioni. Un po’ come dire: «Se la principessa si salva da sola, io che ci sto a fare qui?». È una domanda senza senso, perché ognuno il suo senso di esistere se lo trova da solo. La prima tentazione sarebbe attribuire a quest’uomo, o attribuirsi, il ruolo passivo che ha sempre caratterizzato il femminile. La vera sfida oggi, invece, è trovare un modo nuovo in cui uomini e donne possono collaborare, entrambi protagonisti attivi della propria esistenza.

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