michele bravi

Michele Bravi: «Al cinema portiamo una favola sulla decadenza di ieri che è la stessa di oggi»

Michele Bravi arriva al cinema nell'ultimo film di Saverio Costanzo, Finalmente l'alba. Ne abbiamo parlato con lui

Un giorno Saverio Costanzo ti chiama e ti dice che nel suo nuovo film vuole proprio te. E ha già pensato a tutto: il copione è pronto, si parte il tal giorno e si finisce Dio solo sa quando. Che fai, non ti butti? Michele Bravi, cantante e attore 29enne, racconta della chiamata con umiltà, come se fosse poco più che uno stagista.

Invece il cinema è stato il suo primo approccio all’arte: «Io inizio proprio da lì, in maniera amatoriale», racconta. «Pensavo che il mio mondo fosse l’audiovisivo, forse perché il cinema include l’immagine e il suono – le mie grandi passioni – quindi per me era la sintesi massima. Ma poi ho capito che potevano anche convivere come esperienze diverse, ognuna con un suo approfondimento».

Michele Bravi sul set

Sul set di Finalmente l’alba, oltre al regista, Michele era circondato da un cast incredibile. «Ho passato molto tempo con Lily James, perché le mie scene sono soprattutto con lei. Vedere il cambiamento emotivo dal set, alla sala prove e poi vederla diventare un’altra una volta tolto il trucco è stato surreale», racconta. «Lo stesso per Willem Defoe e Alba Rohrwacher, che sanno mettersi completamente a servizio della scena». 

Michele Bravi e Lily James sul set di Finalmente l’alba

Dal canto suo, per dare il meglio sa di dover puntare su personaggi diversi da lui e contesti sempre più variegati, così da mettersi costantemente in gioco. «Io cerco sempre di entrare in progetti molto distanti da me: in Amanda (il suo primo film, ndr) ero un manipolatore, una persona sporca», spiega. «Qui ho una trasformazione fisica, sono un personaggio più estroverso e molto più spettacolare di me». 

Finalmente l’alba: la trama del film

Il suo ruolo nel film comprende poche scene, ma ognuna di esse è un momento chiave per la narrazione. Finalmente l’Alba racconta la Roma degli anni Cinquanta vista dal punto più assurdo: Cinecittà. Protagonista è la giovane Mimosa (Rebecca Antonaci), che si trova catapultata sul set di un colossal. Tra leoni, costumi e maschere, si ritrova a vivere «allucinazioni continue» tra le stanze di una villa da sogno.  

michele bravi
Michele Bravi e Lily James sul set di Finalmente l’alba

Tra gli acrobati di quel circo, che a tratti è uno spettacolo e a tratti è un labirinto degli orrori, c’è proprio il personaggio di Michele. L’entrata dei protagonisti – Mimosa, Josephine Esperanto (Lily James) e Sean Lockwood (Joe Keery) – alla festa è celebrata da lui, che accoglie Josephine cantando uno dei suoi più celebri brani. Emozionando tutti i presenti.

La festa della perdizione

«È una festa clamorosa, ma anche piena di decadenza. I personaggi che popolano quei luoghi sono in realtà dei falliti che si mascherano di ricchezza emotiva», racconta Michele, con la proprietà di linguaggio che lo caratterizza e che rende estremamente chiaro ogni pensiero. «Cercano ognuno di prendere dall’altro. Sono tutti estremamente famelici, al limite del cannibalismo».

Michele Bravi, Lily James e Saverio Costanzo sul set di Finalmente l’alba

Questa festa contiene il senso del racconto: una metafora che Costanzo dispiega brillantemente nel corso della narrazione. Nella villa di Capocotta, il place to be per eccellenza, si trovano tutte le più grandi star di Hollywood del momento. Dalla diva assoluta e gelida Josephine al sex symbol Sean, ma anche l’arrivista Nan (una straordinaria Rachel Sennott) e l’elegante Alida (iconica Alba Rohrwacher).

E poi c’è Mimosa che non c’entra nulla. Può osservare il mondo dei sogni dall’interno, con lo sguardo dell’esterno. Vede così che sotto quei diamanti e vestiti da sera si nascondono persone fragili, che si strappano favori, implorano, mascherano una disperazione che è difficile da comprendere per chi non sa cosa voglia dire avere tutto e non sapere che farne.

La realtà dietro alle maschere

La drammaticità di Saverio e la sua violenza carnale regalano allo spettatore una Roma inquietante. «Ci si aspetta la citazione», continua Michele, «ma la regia si allontana volontariamente dall’immaginario della Dolce Vita». La particolarità delle scene deriva anche dal modo in cui sono girate: «I set di Saverio sono fatti di scene molto lunghe in cui il momento di finzione non viene mai interrotto, questo crea una tensione unica tra i personaggi». 

Girovagando per le stanze e seguendo lo sguardo di Mimosa, anche noi scopriamo la realtà dietro lo scintillio dello spettacolo, vediamo le maschere calare. Le donne scegliere se abbassarsi o no, se farsi la guerra per l’unico ruolo che viene loro concesso. Gli uomini sfruttare, rovinarsi, cedere ai vizi.

«Il gioco è proprio la metafora», spiega Michele. «Come quando per raccontare quello che ti sta succedendo racconti una favola: quella favola parla di te, ma è più facile dirlo senza parlare di te». Nella Roma di Saverio si trova facilmente non solo la Roma di oggi, ma anche Milano, Los Angeles, Parigi.

Finalmente l’alba: un film che parla di noi

E Mimosa, in questo senso, racconta anche di cosa voglia dire essere giovani in questo turbinio. «Rispetto ad Amanda, che sempre racconta la gioventù, questo film ha un approccio alla tematica opposto ma altrettanto valido», racconta Michele. «Anche in me convivono un realismo estremo e violento insieme ad una narrazione più sognante: per descrivere un mondo che ancora non è chiaro nemmeno a noi servono più prospettive».

Così, si può dire che Finalmente l’alba sia, come cantava Gazzelle “un film, dentro un film, dentro un film, dentro a una foto sbiadita“. Contiene la fotografia di un’epoca, diversi film uno dentro (e dopo) l’altro, un racconto di formazione. E una doppia metafora: quella che racconta la Hollywood di ieri per spiegare quella di oggi e quella che racconta il mondo dello spettacolo per spiegare quello reale. A seconda di quale sguardo si scelga per vedere il film, diventa sempre più difficile chiedersi quale personaggio ci rappresenti di più. E cosa succederebbe a noi una volta conclusasi la notte e arrivata (finalmente) l’alba. 

Riproduzione riservata