Non è un caso se l’hanno soprannominato Big Driis. Idris Elba, che ritroviamo in Capi di stato in fuga, è un grande in tutti i sensi. Non solo per gli oltre 100 titoli che da Londra l’hanno fatto volare a Hollywood, nei primi 20 posti nella classifica delle star con i maggiori incassi, con quasi 10 miliardi di dollari totalizzati dai suoi film. Ne ha girati di ogni genere, dalle saghe blockbuster di Thor e The Avengers a storie impegnate come Mandela – La lunga strada verso la libertà di Justin Chadwick, biopic sul leader sudafricano della lotta all’apartheid, o Beasts of No Nation di Cary Fukunaga, che ha raccontato i bambini soldato in Africa.
Padre originario della Sierra Leone, madre ghanese, il 52enne attore inglese è un gigante in carne e ossa. È alto 1 metro e 89, ma così fisicato da sembrare più grosso perfino del wrestler John Cena, protagonista con lui di un film appena arrivato su Prime Video.
Idris Elba, un gigante alla Casa Bianca
Capi di Stato in fuga di Ilya Naishuller, di cui Idris è anche produttore, mescola commedia e suspense seguendo una strana coppia: il primo ministro britannico Sam Clarke (Elba) e il presidente americano Will Derringer (Cena), diversissimi e rivali, costretti loro malgrado a unire le forze contro una minaccia comune. E se qui l’attacco al potere è un pretesto per divertire, nell’attesissimo House of Dynamite di Kathryn Bigelow, di cui Elba è uno dei volti, è la miccia di un thriller politico dal sapore molto attuale: il nuovo film della regista premio Oscar per The Hurt Locker, che probabilmente sarà alla prossima Mostra del Cinema di Venezia, è centrato sul lancio di un missile sulla Casa Bianca che scatena una crisi globale e una corsa per evitare la guerra.
Capi di stato in fuga, action comedy tra risate e adrenalina
«Se ho voluto girare Capi di stato in fuga è anche per bisogno di leggerezza» racconta Idris Elba. «Per una volta volevo divertirmi io stesso in una action comedy di pura evasione: mi piace molto l’altalena tra risata e adrenalina, che rende omaggio a classici degli anni ’90 come Arma letale con Mel Gibson e Beverly Hills Cop – Un piedipiatti a Beverly Hills con Eddie Murphy. Qui interpreto un primo ministro inglese molto serio e corrucciato, mentre John Cena è un presidente americano un po’ cialtrone.
Ho scoperto di avere un gran feeling con John sul set di The Suicide Squad – Missione suicida, rendendomi conto che il cliché e la fama di wrestler non rendono giustizia al suo talento. È preparatissimo, ricorda perfino le battute dei colleghi e a volte lo vedi sul set con voluminosi saggi di filosofia e teologia». Anche Priyanka Chopra Jonas, fascinosa agente dei servizi inglesi MI6 che nel film cerca di tirare fuori entrambi dai guai, è stata una sorpresa per Elba: «È bravissima nelle scene d’azione e divertente fuori dal set». Come le migliori spy stories, Capi di stato in fuga si svolge in più parti del mondo, dalla Gran Bretagna alla Serbia, dall’Italia alla Polonia.

Idris Elba nei panni di Big Driis: deejay, rapper e produttore
Definire Idris Elba un attore è decisamente riduttivo. Innanzitutto ha un lungo curriculum come deejay, rapper e produttore musicale, perché proprio con le note è iniziata la sua ascesa: DJ Big Driis era il nome col quale faceva ballare la gente ai matrimoni o nei club londinesi, mentre sosteneva provini per la televisione e il cinema.
Anche dopo essere diventato attore, ha continuato a cantare ed esibirsi. Nel 2006 ha pubblicato l’album Big Man e ha registrato una parte di American Gangster di Jay-Z, poi ha collaborato con molti altri artisti. Per esempio, nel 2015 ha aperto il concerto di Madonna a Berlino durante il tour Rebel Heart, nel 2018 si è esibito al Coachella Festival, nel 2019 è stato coinvolto da Taylor Swift nella canzone London Boy, dove si sente la clip di una sua intervista. Ancora: ha collaborato con Paul McCartney al remix di Long Tailed Winter Bird e l’anno scorso ha creato l’etichetta Sound International per lanciare talenti della house music di ogni parte del mondo.
Gli esordi nella recitazione di Idris Elba
La carriera di attore è iniziata negli anni ’90, con l’idea di andare negli Usa. «New York era la mia meta ideale fin dai 17 o 18 anni: il sogno americano delle grandi opportunità, della megalopoli dove puoi arrivare con un dollaro e crescere se hai talento. Non so se è la stessa America di oggi ma, dopo essermi fatto strada in Gran Bretagna, volevo mostrare le mie capacità anche lì. A Londra devi recitare Shakespeare a teatro, se vuoi essere davvero apprezzato, cosa che non fa parte della mia cultura. Negli Usa non era necessario, per me è stato liberatorio».
Ha definitivamente sfondato con la serie tv The Wire tra il 2002 e il 2004 e il personaggio di Stringer Bell, uno spacciatore nel mondo della droga di Baltimora. «Mi ero molto identificato con uno così svantaggiato nella vita» rivela. È strano sentirglielo dire, visto che i suoi, padre impiegato in uno stabilimento della Ford e madre rappresentante dell’Avon, sono stati un solido punto di riferimento per lui.
Il gigante inglese con origini africane
È cresciuto assorbendo la cultura della Sierra Leone e del Ghana prima ancora di quella inglese, nella quale comunque si riconosce. «Sono felice di essere stato influenzato dalle mie esperienze in Africa: il cibo, l’ambiente, la musica, i vestiti. Mio padre, arrivato a Londra a 33 anni, appartiene alla tribù dei Temne, noti per essere schietti e fieri, un po’ come sono gli scozzesi rispetto agli inglesi, più diplomatici e rigidi. Mia madre, venuta da Accra a 26 anni, è della tribù Ga, gente cauta e molto sensibile». Elba ha ideato una serie tv, In the long run, andata in onda in 19 episodi tra il 2017 e il 2020, nella quale ha messo sicuramente qualche elemento autobiografico, visto che è la storia di una famiglia londinese che nel 1985 viene scombussolata dall’arrivo di un parente dalla Sierra Leone.
Da Big Driis a Idris Elba: «vorrei fare ancora tante cose»
Idris è figlio unico. «E ancora mi sento così, pur essendo circondato da affetti» dice lui, sposato dal 2019 con la modella e imprenditrice canadese Sabrina Dhowre dopo due matrimoni finiti (con la stilista danese Hanne Nørgaard dal 1999 al 2003, che gli ha dato una figlia, e con la make up artist Naiyana Garth per soli 4 mesi nel 2006, dalla quale ha avuto un figlio).
«Da bambino sentivo la mancanza di fratelli e sorelle coi quali giocare e divertirmi. Poi ho scoperto che la solitudine è una grande risorsa. Ti permette di guardarti intorno e osservare gli altri. Ti regala introspezione. Sono diventato curioso e ambizioso». Ed è un vulcano di idee. «I 50 anni? Non li ho sentiti più di tanto, vorrei fare ancora tante cose. Spesso sogno di andare in Africa nello stesso modo in cui, a 20 anni, pensavo all’America. Voglio andare dove c’è cambiamento e voglia di crescere».