Fratelli coltelli per eccellenza, il Caino e Abele della musica, Liam e Noel Gallagher, impegnati nel tour Live ’25, stanno facendo impazzire di gioia i fan. Che dal 2009, anno dello scioglimento degli Oasis, sentivano la loro mancanza e pregavano per rivederli sul palco gomito a gomito. C’è chi si era ormai arreso: troppi i veleni, gli insulti e le prese in giro tra i due perché fosse possibile una reunion. C’è chi, invece, non ha mai smesso di sperarci (fosse solo per lo straordinario potere di convincimento esercitato dalla montagna di sterline che avrebbero guadagnato riunendo la band).
Mamma Peggy ha continuato a crederci
Il posto d’onore nel gruppo degli ottimisti tocca, per diritto, alla granitica mamma dei litigiosi fratelli, Peggy Gallagher, 82enne originaria di Charlestown, Irlanda. Scappata a Manchester quando Liam e Noel (e il terzo fratello Paul) erano piccoli, per salvarsi – e salvarli – da un marito violento e alcolista, ha tirato su i ragazzi da sola, facendo ogni genere di lavoro le capitasse a tiro, dalla bidella alla babysitter. «Sono stata io a dare il via al ricongiungimento» ha spiegato Peggy Gallagher al The Mail on Sunday. «Ma dai, non era ovvio che prima o poi sarebbe successo? È stata una loro scelta, ovviamente. Non puoi costringere qualcuno a fare qualcosa che non vuole fare».
Fratelli coltelli: così turbolenti, così comuni
Liam che precisa che preferirebbe mangiare la sua mer** piuttosto che tornare a suonare col fratello, il quale ribatte raccomandagli di andare di corsa dallo psichiatra: sui burrascosi scambi di opinione tra i fratelli coltelli del rock si è scritto di tutto. Meno si è ragionato sul ruolo di mamma Peggy, e sul disagio che ha probabilmente provato nel vederli bisticciare negli anni come cane e gatto. «I diverbi dei Gallagher sono diventati famosi, ma in realtà la signora Peggy è in buona compagnia: i litigi tra fratelli non sono l’eccezione ma la regola» afferma Ilaria Consolo, psicoterapeuta a Roma. È il primo dato di fatto che ogni genitore dovrebbe tenere a mente.
Quei litigi come palestra di vita
«Quella con il fratello o la sorella è la prima relazione tra pari che il bambino sperimenta: è naturale che ci siano momenti di confronto e scontro, di competizione e rivalità» precisa la dottoressa Consolo. «Questi conflitti rappresentano una palestra di vita: sono un’opportunità per sviluppare la propria identità e, al tempo stesso, per mettere a punto una serie di abilità sociali fondamentali, come la negoziazione, la capacità di tollerare punti di vista diversi dal nostro, di contenere della rabbia, di rispettare regole e limiti. Il compito dei genitori, quindi, non è eliminare ogni disaccordo, ma aiutare i figli a vivere queste dinamiche senza che diventino troppo violente o distruttive. La strada è favorire il dialogo, esortandoli a mettersi nei panni dell’altro e a riflettere sui motivi che scatenano gli scontri». Cercando di non prendere una posizione netta a favore di uno dei due litiganti.
Gelosie e competizione tra fratelli coltelli
La gelosia e la competizione per ottenere l’attenzione e l’approvazione dei genitori sono le cause più frequenti dei litigi tra fratelli. «Mamma e papà devono impegnarsi al massimo per non far emergere eventuali preferenze, cercando di occuparsi dei figli in maniera simile, sia per qualità che per quantità» consiglia la dottoressa Consolo. Anche qui, è inutile raccontarsela: è molto comune che si stia più volentieri con un figlio, piuttosto che con l’altro – o gli altri. A volte dipende dal periodo che stiamo attraversando, altre volte è questione di indole, di feeling, proprio come capita con qualsiasi altra persona che incontriamo nella vita. «I conflitti più feroci, che rischiano di innescare un’inimicizia profonda e irrisolvibile, però, nascono proprio quando uno dei fratelli si sente meno amato dai genitori».
Le differenze caratteriali sono la norma
Tra gli altri motivi di disaccordo, ci sono le grandi differenze caratteriali. «Succede spesso che i fratelli tendano a rivestire ruoli molto diversi l’uno dall’altro» prosegue Consolo. «Con l’obiettivo di conquistare il proprio spazio all’interno della famiglia – e poi, nel mondo – un figlio potrebbe giocare a fare lo scapestrato e l’altro, per reazione, il super diligente. Ai genitori non resta che sforzarsi di tenere a mente come funziona questo normale meccanismo di differenziazione, senza incoraggiare la competizione, evitando di fare confronti. Bisognerebbe, invece, esortare i figli a migliorare e a smussare i propri eccessi in parallelo». Senza costringerli a passare troppo tempo insieme se non ne hanno voglia, senza obbligarli – nei limiti del possibile – a condividere esperienze, spazi e oggetti. «Ognuno deve sentirsi speciale, unico, ugualmente accolto e al sicuro».
Quando i fratelli coltelli trovano un terreno comune
Ci sono fratelli che passano l’infanzia e l’adolescenza a darsele di santa ragione, ma che poi, una volta adulti, diventano complici e solidali. «Il tempo, la maturità e le esperienza possono cambiare radicalmente la qualità delle relazioni» osserva la psicoterapeuta. «Crescendo i ruoli si riequilibrano, le rivalità si attenuano e si può iniziare a riconoscere nell’altro, non solo il fratello che ci ha fatto arrabbiare così spesso in passato, ma una persona che ha in comune con noi le radici, i ricordi, la storia – bella o brutta, poco conta. Ci si può anche trovare in disaccordo su parecchie questioni, ma è facile che il senso di appartenenza, alla fine, crei legami difficili da spezzare».
Non sempre fare pace è possibile
Battibecchi sulle questioni ereditarie o sul modo di gestire mamma e papà diventati anziani. Scelte di vita agli antipodi, conflitti in cui intervengono i rispettivi partner, alimentando lo scontro e riaccendendo vecchie frizioni. Non tutti i fratelli riescono a creare un buon legame col passare degli anni. «Come dice Peggy Gallagher, i genitori non possono costringere i figli ad andare d’accordo» afferma la dottoressa Consolo. «Molti la vivono male, con forte ansia, considerando il mancato riavvicinamento dei propri ragazzi come un fallimento personale, il segno che non si è stati in grado di essere bravi genitori. È comprensibile ma, al netto di un po’ di sana autoanalisi, addossarsi ogni colpa è inutile, oltre che ingiusto. Bisogna farsene una ragione e soprattutto continuare a rappresentare un punto di riferimento stabile e il più possibile imparziale».