Cara Chiara, ho 36 anni. Dopo una lunga relazione con quello che credevo l’uomo della mia vita, ho passato molto tempo da sola. Prima soffrendo, poi trovando un equilibrio di cui sono fiera. Tre mesi fa incontro L., un uomo gentile che sta attraversando un momento di dolore… È da poco rimasto vedovo, e io ne sono quasi innamorata. Usciamo spesso, ci scriviamo messaggi tutto il giorno: siamo sul filo che separa una bella amicizia dalla possibilità che nasca qualcosa d’altro. Le mie amiche mi dicono di fuggire, perché comunque, anche se nascesse una storia, sarebbe sempre all’ombra del suo grande amore perduto. Cosa ne pensi? Samy
Cara Samy, prima di tutto leggi Vite mie di Yari Selvetella. Un romanzo delicato che parla di un uomo che ha perso la moglie con cui aveva tre figli. E che, pochi mesi dopo la morte di lei, comincia una relazione con una donna che negli anni diventa anche lei sua moglie e con cui avrà una figlia. So troppo poco di L. e mi pare che ne sappia poco anche tu: ma è sicuramente sempre una storia complessa quella con chi, mentre si apre a noi, sta chiudendo fra sé e sé ferite per noi inimmaginabili. La prassi psichiatrica vorrebbe che si elabori un lutto e poi, solo poi, si possa avere una nuova relazione. Ma la letteratura e la vita dimostrano, come scrive Selvetella, che il cuore può rivelarsi un appartamento pieno di stanze chiuse e comunicanti allo stesso tempo. Però ti chiedo: non è che proprio da innamorata di un nuovo da poco vedovo trovi l’alibi perfetto per non tornare veramente a metterti in gioco fino in fondo?