Occhi rossi e sensazione di un corpo estraneo: sono fastidi che possono capitare e spesso sono attribuiti a causa banali, come la sabbia, il sole, il vento, se si è al mare, o ad altri agenti atmosferici, o ancora alla stanchezza. In realtà possono essere spia di problemi alla tiroide che, se trascurati, possono aggravarsi.
La tiroide colpisce anche gli occhi
Le patologie della tiroide in Italia interessano circa 6 milione di persone, soprattutto donne, con una prevalenza da 5 a 7 volte maggiore rispetto agli uomini. Ma è ai sintomi che occorre prestare attenzione. Perdita di peso, nonostante un’alimentazione regolare, tachicardia, palpitazioni, irritabilità sono alcuni dei segnali spia classici dell’ipertiroidismo, insieme ad ansia, disturbi intestinali, affaticamento e debolezza muscolare, oppure ancora sudorazione eccessiva e intolleranza al caldo. Proprio questi ultimi, però, in estate possono essere confusi con gli effetti del caldo, così come altri sintomi che invece riguardano gli occhi, molto sottovalutati.
Che problemi dà la tiroide alla vista
I disturbi alla vista, infatti, sono molto più frequenti di quanto non si pensi, ma nello stesso tempo sono anche molto trascurati. Eppure ne soffre 1 paziente su 3 tra quelli con ipertiroidismo (circa il 20/30%), ossia con la malattia di Basedow-Graves. «In genere compaiono insieme ai più comuni sintomi dell’ipertiroidismo, ma può accadere che si manifestino anche dopo un anno oppure, seppure in casi più rari, anche anticipando gli altri sintomi. Comunque la malattia oculare tiroidea o TED (Thyroid Eye Disease) per fortuna non è clinicamente presente in tutti i casi di malattia di ipertiroidismo», spiega professor Alfredo Pontecorvi, Ordinario di Endocrinologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore della UOC di Medicina interna, Endocrinologia e Diabetologia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS.
Quali sono le cause della sensazione di occhi che escono dalle orbite?
Il vero pericolo è di trascurare i campanelli d’allarme, col rischio di peggiorare la situazione. Come spiega l’esperto, infatti, occorre prestare attenzione anche a eventuale diplopia, cioè lo sdoppiamento della visione, mentre nei casi più gravi si potrebbe arrivare a «proptosi, il cosiddetto “occhio sporgente”, che può arrivare fino alla lussazione del globo oculare cioè la sua fuoriuscita, o anche a danni a livello corneale, dovuti al fatto che la palpebra non riesce più a coprire completamente l’occhio. Infine, si può verificare rischiare la compressione del nervo ottico, col rischio di perdita della vista».
Perché la tiroide colpisce anche gli occhi
«Il nesso tra la tiroide e gli occhi è stato studiato a lungo e ancora oggi non è del tutto chiarito. Si ritiene, comunque, che sia legato alla natura autoimmune delle patologie tiroidee: nell’ipertiroidismo si producono anticorpi anti-recettore del TSH, che è la molecola che regola il funzionamento della cellula tiroidea, facendo produrre gli ormoni tiroidei. Questi recettori sono presenti sulla tiroide, ma anche nel tessuto retro orbitale. Nell’ipertiroidismo autoimmune o malattia di Graves-Basedow, dunque, il sistema immunitario produce questi anticorpi, che si legano al recettore stimolandolo a produrre più ormoni tiroioidei e facendo proliferare le cellule tiroidee. La tiroide quindi si ingrossa, così come aumenta il numero di cellule retro orbitali. In più spesso c’è un’infiammazione, con produzione di liquido infiammatorio, che insieme all’aumento di volume dei tessuti spinge in avanti il globo oculare», chiarisce Pontecorvi.
La tiroide colpisce gli occhi soprattutto tra le donne
Come per tutte le patologie tiroidee, le donne sono più a rischio: «L’incidenza è maggiore nella popolazione femminile, anche se negli uomini, quando compare, è più grave. Nelle donne la spiegazione più credibile per la maggior incidenza è legata alle fluttuazioni ormonali. D’altro canto si associa anche alla gravidanza che rappresenta un momento delicato: il sistema immunitario si attenua notevolmente, tanto che spesso occorre sospendere le terapie, in caso di patologie alla tiroide già diagnosticate. Dopo il parto, invece, si può assistere a un rimbalzo».
Diagnosi e cura della TED
«L’esame per la diagnosi è senza dubbio la risonanza magnetica, che permette di vedere l’aumento di volume dei tessuti retrorbitali e l’ispessimento dei muscoli che muovono gli occhi – sottolinea l’esperto – Il primo passo nella terapia è la stabilizzazione della situazione tiroidea, evitando ipotiroidismo ed ipertiroidismo. In alcuni casi occorre anche l’asportazione della ghiandola o la sua distruzione mediante iodio radioattivo. In ogni caso è fondamentale intervenire sull’antigene, che è responsabile della risposta anomala del sistema immunitario. Oggi, in centro dedicati, si somministrano soprattutto farmaci cortisonici ma, dopo l’approvazione da parte dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), si attende il via libera anche di quello dell’Aifa, l’Agenzia italiana, a un nuovo anticorpo monoclonale. Altri farmaci sperimentali sono in studio in specifici trials clinici», spiega il professore.
Gli altri interventi
In ogni caso è importante «far scendere gli anticorpi, che possono anche avere un andamento fluttuante. Nella profilassi per la TED, in ogni caso, è prevista l’assunzione di selenio: gli studi hanno mostrato che un apporto adeguato migliora l’orbitopatia. È anche consigliato l’uso di lenti scure perché la luce solare stimola l’orbitopatia, ma soprattutto è essenziale smettere di fumare perché ci sono chiarissime evidenze che il fumo di sigaretta peggiora sensibilmente la TED. Infine, è indicato anche l’uso di colliri e lacrime artificiali, a base di soluzione salina o acido ialuronico», spiega ancora Pontecorvi.
Una gestione multidisciplinare
Molto importante, comunque, è la diagnosi precoce, che consente di intervenire farmacologicamente e di bloccare la patologia. «L’ideale sarebbe comprendere, attraverso il dosaggio di alcuni biomarcatori, quale sia il pathway principale di malattia, per indirizzarsi verso la terapia a target più specifica per un determinato paziente. Il Policlinico Gemelli sta prendendo parte a molti dei trial clinici su queste nuove terapie sperimentali», spiega Pontecorvi che è anche coordinatore dell’Ambulatorio TED del nosocomio, che vede la presenza di specialisti di vario tipo, dall’endocrinologo al chirurgo endocrino, al medico nucleare, al radioterapista, all’otorinolaringoiatra fino all’ortottista.