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La sedentarietà fa male (anche) al cervello

Secondo uno studio britannico la sedentarietà fa aumentare il rischio di demenze. Pare che neppure un po’ di attività fisica possa contrastare le conseguenze negative dell’inattività. È tutta questione di stile di vita, come dice l’esperto

La sedentarietà fa male: allo stato di salute generale, al cuore, alla circolazione, ma anche al cervello. A indicarlo è uno studio britannico, dal quale emerge che chi passa seduto 10 ore o più al giorno ha un maggior rischio di sviluppare malattie come la demenza. Quel che è peggio è che pare che neppure un po’ di attività fisica possa contrastare le conseguenze negative dell’inattività, se si passano troppe ore consecutive alla scrivania, in poltrona o comunque senza muoversi. Ecco perché, ma anche come “rimediare” con semplici accorgimenti.

La sedentarietà fa male al cervello

La ricerca inglese, pubblicata su Jama, è stata condotta su un campione di quasi 50mila tra uomini e donne dai 60 anni in su, dei quali è stata monitorata l’attività fisica quotidiana, minuto per minuto, grazie a un tracker, un rilevatore di movimento. Nessuno soffriva di demenza, ma dai controlli effettuati nei successivi 7 anni, tramite documenti ospedalieri, esami, visite e cartelle cliniche è stato possibile trovare un nesso tra la sedentarietà ed eventuali segnali di declino cognitivo. In particolare è emerso che chi stava seduto per 10 ore o più al giorno aveva un rischio dell’8% in più di sviluppare demenza. Chi non si muoveva per 12 ore arrivava persino al 63%. «Non è poi così impossibile trascorrere 10-12 ore seduti. Succede al lavoro, in macchina durante gli spostamenti, a pranzo e a cena. Questi livelli estremi di sedentarietà sono quelli in cui vediamo un rischio molto più elevato di declino cognitivo e di memoria», ha spiegato David Raichlen, uno degli autori dello studio.

Il nesso corpo-mente nel declino cognitivo

Dal momento che lo studio ha puntato a osservare un nesso tra le condizioni fisiche, il movimento e l’incidenza delle malattie come la demenza, non è stato indagato il motivo del collegamento tra inattività e declino cognitivo, anche se gli esperti hanno supposto una causa: «Il flusso sanguigno cerebrale potrebbe essere influenzato dallo stare seduti, riducendo l’apporto di ossigeno e nutrienti al cervello», hanno spiegato i ricercatori inglesi.

Fare attività fisica serve a compensare la sedentarietà?

Secondo gli studiosi praticare sport o attività fisica non compenserebbe del tutto gli effetti negativi della sedentarietà. «Le persone che svolgevano attività fisica o sportiva, ma poi se ne stavano sedute per 10 ore o più – hanno spiegato – erano inclini alla demenza tanto quanto le persone che non avevano praticato esercizio». «Per correttezza, devo dire che scindere l’effetto netto dell’attività fisica da tutto il resto che costituisce lo stile di vita è un’impresa titanica da un punto di vista scientifico; tuttavia c’è un generale accordo sul fatto che un’attività fisica regolare, soprattutto aerobica, comporti un rallentamento dell’evoluzione delle patologie legate all’età», spiega Ciro Indolfi, Professore Ordinario di Cardiologia, Direttore Centro di Ricerche Malattie Cardiovascolari presso l’Università Magna Grecia di Catanzaro e Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia.

Cosa aiuta il cervello a non invecchiare

Secondo l’esperto, quindi, «Un’attività fisica regolare, praticare uno sport, persino un’attività ricreativa con un modesto impegno fisico, sono associate a un minor rischio di deterioramento cognitivo. Chi fa attività fisica ha uno stile di vita complessivo completamente diverso da una persona sedentaria» chiarisce Indolfi, che quindi esorta soprattutto a cambiare lo stile di vita. Il cardiologo, però, sottolinea anche i benefici di altre attività: «Non meno importante è l’attività mentale. La lettura, hobbies “attivi” e “partecipativi”, giochi (il bridge sopra a tutti, ma comunque anche altri giochi di carte che richiedano un minimo di ragionamento), gli scacchi o l’enigmistica (in dosi non tossiche) sono attività importanti nella prevenzione del declino cognitivo».

I consigli per “spezzare” la sedentarietà

Certo è che chi è costretto a lavorare da una scrivania, in un ufficio, in auto o comunque a trascorrere molte ore seduto non sembra avere tante alternative. Secondo Indolfi, però, è sempre possibile adottare piccoli accorgimenti per interrompere la sedentarietà forzata: «Le contromisure da adottare sono poche e semplici, indicate per chi è costretto a lavorare seduti. Per esempio, alzarsi ed interrompere con piccole pause il lavoro alla scrivania». L’importante, quindi, è in qualche modo non trascorrere troppo tempo seduti, in modo consecutivo. Attenzione, però: «Nonostante i benefici di piccole pause frequenti, non bisogna abbandonare le buone abitudini, come fare uno sport. Le evidenze dimostrano che fare attività fisica regolarmente apporta benefici a tutto il corpo: rallenta l’involuzione dell’apparato muscolo-scheletrico e di quello cardiovascolare e anche le capacità psico-intellettuali ne traggono giovamento», sottolinea l’esperto.

Muoversi per mantenere il cuore in salute

Un precedente studio, pubblicato su JamaNetwork, aveva mostrato come chi resta seduto per più di 8 ore al giorno ha un rischio di malattie cardiovascolari e morte prematura tra il 17% e il 50% in più rispetto a chi trascorre meno di 4 ore seduto. «L’inattività riduce il metabolismo con un conseguente aumento dei livelli di trigliceridi nel plasma, una riduzione del colesterolo HDL e della sensibilità insulinica – spiega Indolfi – Inoltre, stando in piedi o camminando, i muscoli delle gambe lavorano per smaltire il glucosio e i grassi nel flusso sanguigno mentre da seduti questo non avviene perché i muscoli non sono attivi. Studi precedenti hanno infatti dimostrato che indipendentemente dallo svolgimento di attività fisica, rimanere a lungo in posizione seduta rappresenta un fattore di rischio per la mortalità generale». Da qui l’invito – ancora una volta – all’attività «non necessariamente di tipo aerobico: qualsiasi attività potrebbe attenuare l’aumento del rischio cardiovascolare dovuto alla sedentarietà», suggerisce il cardiologo.

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