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Una medicina chiamata stile di vita

Ogni nuovo studio scientifico lo conferma: le buone abitudini a tavola e nella vita di tutti i giorni possono cambiare il nostro futuro. E migliorare il presente. Un'esperta ci indica da dove iniziare. A qualunque età

Stile di vita: molto più che un modo di dire

10.000 passi, 5 pasti, 2 litri di acqua al giorno, zero sigarette. I numeri del “benessere” li conosciamo, sono ovunque. Ma per migliorare la nostra salute possiamo affidarci a molto di più che a un semplice elenco. E la parola chiave è stile di vita, un insieme di abitudini che include tanti comportamenti, anche quelli a cui non pensiamo mai, come spalmare correttamente una crema solare. Lo sa bene la dottoressa Carmela Asteria, endocrinologo, responsabile del Servizio di Nutrizione a indirizzo endocrino-metabolico NutrEndo_Me presso l’IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio, del Gruppo San Donato.

La dottoressa Asteria riceve ogni giorno decine di pazienti, e lo spiega sempre come prima cosa anche a tutti loro: «Mantenere abitudini salutari ci fa vivere più a lungo e meglio. E non è una considerazione generica, un semplice modo di dire, ma un dato scientifico ribadito dall’Organizzazione mondiale della sanità». Nel rapporto 2022 l’Oms ha messo nero su bianco che un corretto stile di vita incide fino al 50% sullo stato di salute di ognuno di noi, arrivando a influenzare la qualità delle nostre giornate e la durata della nostra esistenza. Mangiare in modo sano, mantenersi ben idratati, non fare vita sedentaria e non esporsi in modo selvaggio ai raggi ultravioletti sono le prime regole che tutti dovremmo seguire, spiega l’esperta. «Ma ci sono accorgimenti ad hoc per ogni persona, a seconda del genere, dell’età, della nostra storia e del nostro corredo genetico. Persino la provenienza geografica conta».

L’intervista alla dottoressa Carmela Asteria

Serve quindi uno stile di vita “su misura” a seconda delle caratteristiche genetiche? «Come ho detto, ci sono consigli che valgono per tutti. Ma ciò che facciamo ogni giorno si ripercuote anche sui problemi a cui siamo geneticamente predisposti, può aiutarci a prevenirli o al contrario favorirne l’insorgenza. L’epigenetica ci spiega che esistono fattori ambientali in grado di modificare l’espressione di alcuni geni o silenziare quelli che hanno la capacità di proteggerci. Persino tra gemelli omozigoti l’ambiente esterno ha un impatto notevole».

Cosa si può fare in concreto? «Chi ha una familiarità o una tendenza a sviluppare certe malattie può applicare corrette abitudini ad hoc. E prima lo fa meglio è perché determinati accorgimenti possono evitare il ricorso alle cosiddette terapie croniche. Farò un esempio comune: l’ipertensione. Mi è capitato di vedere pazienti con valori leggermente oltre la soglia, che hanno modificato i loro comportamenti in fase precoce, per esempio riducendo sale e alcol e aumentando l’esercizio fisico. E che hanno potuto interrompere i trattamenti farmacologici».

Quali sono le spie che ci dovrebbero spingere a cambiare abitudini? «La prima è sicuramente il sovrappeso, che a lungo andare porta sempre scompensi e disturbi. Poi gli esami ematochimici, che ci danno i valori di glicemia, colesterolo, trigliceridi, e ancora, l’ipertensione, anche leggera, o l’affanno».

Parliamo di noi donne. Abbiamo delle fragilità che dobbiamo tenere sotto controllo? «Quando ci occupiamo di sesso femminile dobbiamo dividere la popolazione in due fasce, quella della pre e quella della post menopausa. Nella prima i disturbi hanno a che fare soprattutto con il ciclo mestruale irregolare o l’infertilità. Spesso sono segnali di malattie come l’ovaio policistico, ma anche il prodotto di cattive abitudini che si possono modificare. Nel secondo periodo della vita subentrano nuove problematiche come le malattie cardiovascolari, comuni soprattutto nei 10, 15 anni post menopausa. È risaputo che questi disturbi sono legati anche alla mancata produzione di estrogeni. Quello di cui si parla poco invece è l’altro fattore che contribuisce all’aumento del peso e peggiora il rischio di ammalarsi. E sa di cosa sto parlando? Della sedentarietà. Dati Istat di qualche anno fa ci dicono che tra i 55 e i 74 anni il 44,7% delle donne non fa movimento, e tra le over 75 la percentuale arriva al 68,8%. Un vero peccato perché muoversi potenzia muscoli e ossa, e ha una funzione protettiva anche nei confronti dell’apparato cardiocircolatorio».

Quanto siamo più a rischio sul fronte cuore? «Le patologie cardiovascolari nella donna sono più subdole, hanno una sintomatologia più sfumata, le avvisaglie sono difficili da riconoscere anche per il medico. Ecco perché in questa fase della vita è così importante seguire una dieta povera di grassi e sale, senza rinunciare al calcio, che aiuta le ossa».

Parliamo di stress: è veramente così “tossico”? «Direi proprio di sì. L’ansia o il superlavoro ci impediscono spesso di dormire le 7, 8 ore di cui avremmo bisogno, alza i livelli di cortisolo, l’ormone che fa aumentare la massa grassa e riduce quella magra, con tutti i problemi di salute che comporta. E sempre l’ansia ci spinge alla ricerca di comfort food, il più delle volte cibo spazzatura».

Ma lei cosa consiglia ai suoi pazienti? «Non puoi eliminare la fonte di stress, perché se al lavoro o in casa
hai problemi, quelli restano o vanno risolti, ma si possono seguire percorsi psicologici per modificare l’atteggiamento mentale con cui li affrontiamo, e migliorare il rapporto con le nostre emozioni. Per arrivare a dirsi, per esempio, che quell’urgenza che ci porta ad aprire il frigorifero è rabbia, frustrazione o dolore, e non fame. E al di là del contentino momentaneo, tornerà presto. Trovo molto efficace la mindfulness, perché ci insegna ad ascoltarci. Ed è proprio questo il primo passo per stare bene».

Menopausa e sport

150 minuti a settimana: sono quelli che servono a una donna in menopausa per potenziare i muscoli e allenare la frequenza cardiaca, proteggendosi da malattie cardiovascolari e osteoporosi. Se due ore e mezza di sport sembrano troppe, basta frazionarle. «Non è necessario andare tutti i giorni in palestra a praticare spinning» spiega la dottoressa Carmela Asteria. «È sufficiente un’attività di tipo aerobico, come andare in bicicletta o camminare, da dividere a seconda delle abitudini e degli impegni: 30 minuti per 5 giorni oppure 50 minuti per 3 volte alla settimana».

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