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Simona Sinesi

Simona Sinesi: «Il mondo è nelle nostre mani, miglioriamolo!»

Con la sua onlus Never give up, Non arrenderti, Simona Sinesi ha rotto il silenzio sui disturbi alimentari che uccidono tanti giovani. Ora vuole dimostrare che l’imprenditore sociale non è un folle né un ingenuo, ma deve essere competente e coraggioso. E lo fa con un libro e con la “benedizione” di un Premio Nobel

La sua capacità di sposare progetti ambiziosi e di portarli avanti con passione, costanza e doti narrative Simona Sinesi la manifesta fin da bambina. Tanto che lei stessa, sorridendo, ricorda: «La prima campagna marketing l’ho fatta a 9 anni quando ho convinto i miei genitori che sarebbe stata un’idea bellissima darmi una sorellina (la sorellina – Stefania – arriverà e avrà un ruolo importante in altre “campagne” che Simona lancerà negli anni seguenti, ndr)». La bambina poi cresce, si laurea in Economia, e per una ventina di anni la sua carriera si snoda ai piani alti – Global marketing team – in varie multinazionali, come Coca-Cola, Unilever, Barilla e Sony.

L’impreditore sociale combina business e obiettivi sociali e ambientali

Fino a una decina di anni fa, quando Simona Sinesi inizia la sua seconda vita professionale: nel mondo dell’imprenditoria sociale, «che comprende organizzazioni sia profit sia non profit e combina il business con obiettivi sociali, ambientali o comunitari» spiega lei stessa. La sua competenza in materia diventa così solida e riconosciuta che, oltre a fondare la onlus Never give up, è docente in alcune università, la Cattolica e la Lumsa, direttrice scientifica del master executive in Social Impact Entrerpreneurship di H-Farm, collabora con la Fao, è nella lista delle Unstoppable Women di “Startup Italia”, nel 2019 le viene conferita la fellowship di Ashoka, il più grande network internazionale di imprenditori sociali.

Qual è stato l’elemento scatenante di questa svolta?

«Un viaggio a Washington DC. Là mia sorella esercitava, la professione di psicoterapeuta al Children Medical, Center con una una équipe multidisciplinare di eccellenza, nella cura dei disturbi alimentari. Tornata in Italia, ho fatto ricerche e ho scoperto che anoressia e bulimia, costituivano la prima causa di morte tra i 12 e i 25 anni, che solo il 10% degli adolescenti che ne soffrivano chiedevano, aiuto e che impiegavano mediamente 3 anni per, rivolgersi a dei professionisti».

La onlus Never give up di Simona Sinesi vuole rompere il silenzio su bulimia e anoressia

Come ha reagito?

«Con mia sorella ho fondato Never give up, non arrenderti, una onlus che vuole cambiare la narrazione sui anoressia e bulimia e i disturbi alimentari in genere. È cruciale intervenire sullo stigma che circonda questi problemi. Bisogna “normalizzare” il disagio, abbattere le barriere, far sì che i giovani chiedano aiuto. Occorre lavorare con le scuole, le istituzioni. Abbiamo realizzato varie campagne con la Presidenza del Consiglio e con il ministero della Salute, abbiamo contribuito alla creazione della giornata nazionale il 15 marzo. Nel 2022 e 2023 il Colosseo illuminato in viola veicolava un messaggio potente : “Rompiamo il silenzio”. Cerchiamo di raggiungere anche i padri che, spesso, quando una figlia o un figlio soffre di anoressia o bulimia, restano o sono lasciati ai margini: con Lega Calcio di serie A in una giornata di Campionato prima del fischio d’inizio il telecronista ricorda che viene supportata la campagna di Never give up per rompere il silenzio sui disturbi alimentari».

Il libro di Simona Sinesi

Ora ha scritto un libro per cambiare la narrazione sull’imprenditoria sociale.

«All’estero chi lavora in quest’ambito è valorizzato. E non mi riferisco solo ai Paesi del Nord Europa. In Spagna gli imprenditori sociali siedono ai tavoli decisionali importanti. In Italia invece il mondo dell’impatto sociale è associato al fare elemosina, agli attivisti ribelli, a chi parte come volontario in Paesi lontani, a persone che sì fanno del bene ma alla fin fine sono un po’ sfigati. Pare un settore poco appetibile, con scarsa professionalità– io stessa, invece, ho trasferito qui molte delle mie competenze e relazioni sviluppate con il mio lavoro precedente».

Secondo una ricerca di Deloitte il 45% della GenZ, sceglie il lavoro in base ai propri ideali. Saranno loro a cambiare le cose?

«Credo di sì. Lo vedo anche come docente. In un mio corso alla Lumsa di Palermo un gruppo di studenti e studentesse ha fatto un progetto di impatto sociale per rendere il ritorno a casa di sera più sicuro per le donne, evitando così episodi di violenza. Una delle iniziative previste consiste nel cambiare le regole della Ztl in città per facilitare l’accompagnamento fin sotto casa delle ragazze che sono senza auto. Si tratterebbe di introdurre la possibilità di segnalare l’auto con data e ora di entrata e uscita della persona che accompagna. Un’idea semplice ma pragmatica».

Il suo modello è il Premio Nobel Mohammad Yunus

Perché sostiene che l’imprenditore sociale è il nuovo leader?

«Perché è colui che lavora per rimuovere le cause profonde dei problemi, non solo per alleviarne i sintomi. Deve essere una persona concreta, ma restare un sognatore. Per fare un parallelo in ambito agiografico, diciamo che deve essere umile come santa Chiara, determinata come santa Rita e combattiva come Giovanna d’Arco».

Chi è il suo modello?

«Una leggenda vivente: l’economista bengalese Mohammad Yunus, Nobel per la Pace nel 2006. Lui, inventando il microcredito, ha davvero sparigliato le carte! In sostanza, partendo dalla constatazione che le banche non concedevano credito ai poveri perché non li ritenevano capaci di restituire il denaro, ha elaborato una soluzione personale più audace e quindi più rischiosa: ha deciso di prestare a circoli di donne piccole somme di denaro senza garanzie in cambio e ha fondato la Grameen Bank proprio per per favorire la microimprenditorialità femminile».

Lo ha incontrato?

«Sì, ho avuto il privilegio di incontrarlo più volte. Al Festival dell’Economia di Trento l’anno scorso mi ha detto una frase che ha ispirato il titolo del mio libro: “Social impact is in your hands not in somebody, else hands”, l’impatto sociale è nelle tue mani, non in quelle di qualcun altro. Lui stesso poi ha scritto la prefazione».

Nel suo libro ci sono varie citazioni per ispirare il lettore. Ne dedica una a noi?

«Never give up: non arrendetevi, mai. Fermatevi davanti a tutto per osservare e fare la differenza, ma non fermatevi davanti a niente».

Una guida pratica

Il libro di Simona Sinesi, Social impat in your hands Guida completa per start-up a impatto sociale (Hoepli), è suddiviso in 9 moduli dal taglio molto pratico. Si va dalla spiegazione di chi è l’imprenditore sociale e del percorso che va fatto per realizzare il progetto fino alla guida per creare delle alleanze, oltre che per misurare, finanziare e comunicare l’impatto. In più, sono proposte storie di imprenditori sociali straordinari e un piccolo “test” per capire se si hanno le caratteristiche giuste per provare a emularli.

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