“Invenzione” è una parola femminile: le donne hanno il merito di aver inventato alcuni tra i dispositivi più utili del quotidiano (anche se non sempre riconosciuti) e continuano a condurre ricerche significative, depositando importanti brevetti nei vari campi della scienza.

Già nel 1474 a Venezia si era escogitato un sistema per difendere e premiare gli autori di invenzioni, garantendo loro un monopolio in cambio di tributi. È ciò che chiamiamo “brevetto”, una protezione di legge riservata all’autore di una nuova idea che gli permette di ripagarsi le spese per la sua ricerca e di ricavarne profitto senza essere impunemente copiato. Oggi tutte le legislazioni dei Paesi più sviluppati prevedono regole di tutela: un brevetto è protetto unicamente nel territorio, nazionale o internazionale, in cui è concesso e, scaduto il termine previsto, generalmente dopo 20 anni, l’invenzione diventa accessibile e utilizzabile da tutti. Il caso di “liberalizzazione” più noto è probabilmente quello dei farmaci generici, che, usando brevetti scaduti di farmaci di marca, possono essere commercializzati a minor costo, nonostante contengano lo stesso principio attivo.

In Italia 1 invenzione su 5 è di una donna

Ma di idee innovative ce ne possono essere di tutti i tipi, come dimostrano le inventrici che abbiamo intervistato in questo articolo. Già, perché c’è una evoluzione positiva: il Patent Index 2023, che per la prima volta ha analizzato il contributo femminile all’innovazione, ha infatti rilevato che un’invenzione su cinque, in Italia, è opera di donne.

«Per il nostro Paese sono le università il centro più importante per lo sviluppo delle invenzioni» osserva Roberta Romano-Götsch, Chief Sustainability Officer dell’EPO, l’Ufficio Brevetti Europeo, che consente di estendere la tutela di un brevetto a 44 Paesi, tra cui i 27 Stati dell’Ue, più altri come Cina e Giappone, attraverso un’unica richiesta. «Si tratta di una semplificazione notevole, rispetto al richiedere un brevetto per ogni Nazione» osserva ancora Romano-Götsch. Mentre da noi l’organo competente è l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, UIBM, che si occupa di tutelare anche i marchi d’impresa, «in EPO ci occupiamo solo di soluzioni nuove a problemi tecnici nei campi della medicina, della chimica e delle energie rinnovabili».

Tutela e royalties: i vantaggi del brevetto

Roberta Romano-Götsch (ph. EPO)

I vantaggi, secondo Romano-Götsch, sono principalmente due: la protezione dell’invenzione, e dunque l’accesso, per l’inventore, a royalties e a finanziamenti per altre ricerche o test, e la divulgazione delle nozioni tecniche del brevetto, «che consente a chiunque di costruire la fase successiva di una innovazione». Roberta Romano-Götsch parla anche per esperienza. Dopo la laurea in Chimica alla Sapienza di Roma e un dottorato all’Università Tecnica di Monaco di Baviera, ha lavorato nel dipartimento Ricerca e Sviluppo della multinazionale Procter & Gamble, ideando uno dei più famosi detergenti per la casa, per il quale le è stato concesso il brevetto europeo EP0805200B1. «Rendere pubbliche scoperte e invenzioni di questo tipo consente a tutti di accedere alle informazioni e farle progredire» dice convinta.

I brevetti hanno un costo da non trascurare

L’oncologa Patrizia Paterlini-Bréchot (ph. Francesca Mantovani)

Tuttavia la strada per ottenere un brevetto non è semplice. «Quello della proprietà intellettuale è un settore che necessita di consiglieri esperti di fiducia, perché il rischio di imbarcarsi in spese non giustificate è alto: i brevetti hanno un costo e alcuni non diventano mai redditizi» dice l’oncologa Patrizia Paterlini-Bréchot attiva nel campo della biopsia liquida con la sua Rarecells (47 brevetti all’attivo).

Quello esplorato da Paterlini-Bréchot è un ambito medicale relativamente nuovo – e dibattuto – che analizza i liquidi corporei per diagnosticare in anticipo l’insorgenza di alcune patologie, fra cui i tumori. In Europa il metodo è poco diffuso, mentre «negli Stati Uniti si effettuano tra gli 8.000 e i 10.000 test al mese» spiega la scienziata. «Abbiamo fatto testare il nostro apparecchio da 35 centri indipendenti internazionali e solo dopo lo abbiamo usato per sviluppare i nostri dispositivi ISET». Ecco perché, aggiunge, «prima di brevettare ogni strumento medico è necessario organizzare e finanziare diversi studi clinici. Un processo che richiede anni».

La virtù di ogni inventore? La pazienza

Virna Cerne (ph. Mitja Emili)

Che la pazienza sia la virtù di ogni aspirante inventore lo sostiene anche Virna Cerne, esperta in Scienze e tecnologie alimentari che, da quasi 30anni, dirige il reparto ricerca e sviluppo della Dr. Schär, azienda che cerca di trovare soluzioni alimentari per esigenze nutrizionali particolari, come la celiachia. Cerne – che insieme al suo team ha ideato un metodo per isolare proteine simili al glutine, per imitarne consistenza e sapore nei cibi – racconta che «al progetto del mio primo brevetto ho lavorato 3 anni, ma per riuscire poi a industrializzarlo ho aspettato molto di più, per una questione di costi». Non bisogna, però, lasciarsi scoraggiare. L’attesa ripaga quasi sempre, e non solo a livello economico. «I consumatori ci scrivono e ci ringraziano, e questo ci dà una grande soddisfazione» confida.

Donne e brevetti: il caso di Traininpink

Una soddisfazione analoga l’ha avuta anche Carlotta Gagna, fondatrice dell’app di allenamento al femminile Traininpink, che alcune settimane fa ha depositato all’Ufficio Marchio e Brevetti italiano il suo esclusivo corso di Pilates Linfodrenante, subito adorato dalle fan (e da chi scrive). «Dopo averlo lanciato online, ho notato che la dicitura cominciava a spopolare in Rete e ho preferito “tutelarmi”, perché questa tipologia di allenamento l’ho inventata io e funziona solo se si combinano assieme i movimenti tipici del Pilates ad altri che ho studiato appositamente per favorire il ritorno venoso-linfatico» spiega. Impegno e devozione sono elementi necessari per riuscire a trovare un’idea e svilupparla. «Lo sforzo è maggiore di quanto si possa pensare, ma lo sono anche i risultati».