Donne ai vertici dell'azienda

Donne ai vertici nel mondo del lavoro: una nuova ricerca

Nei ruoli che rivestono e negli stipendi che guadagnano, le donne evidenziano ancora uno squilibrio di genere che mette in discussione qualsiasi slogan in nome di una parità che ancora appare difficile da raggiungere. Nelle aziende però cambia la percezione che si ha della leadership femminile, in grado di offrire diversi benefici. Insomma, avere donne ai vertici farebbe bene sia ai guadagni sia a chi lavora

Il gap salariale continua a farsi sentire e le discriminazioni di cui le donne sono vittime sul posto di lavoro rappresentano ancora oggi una piaga da contrastare. Godono di stipendi più bassi e vanno in pensione più tardi, ma finalmente arriva una rivincita: le donne ai vertici di un’impresa apportano non pochi benefici sul posto di lavoro, favorendo il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Una nuova indagine lo conferma. La leadership femminile, tuttavia, è ancora troppo circoscritta.

Donne ai vertici, i benefici

Parlano chiaro i dati di una nuova ricerca condotta da survey EY – SWG su un campione di oltre 700 lavoratrici e manager sul ruolo delle donne all’interno delle aziende italiane. La ricerca si chiama “La leadership al femminile nel mondo del lavoro” e i risultati emersi sono confortanti solo a metà.

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Cosa significa? A crescere è la percezione secondo cui un’azienda guidata da donne riesca a raggiungere più facilmente i propri obiettivi. Al contempo però, le lavoratrici sono sempre più consapevoli delle discriminazioni presenti nel mondo del lavoro. Tra dipendenti e dirigenti, tuttavia, dilaga un certo malcontento quando si parla di servizi attivi all’interno della propria azienda per favorire l’equità di genere. Passa da 9 a 8 punti percentuali la quota di donne secondo cui all’interno della propria realtà lavorativa sono favoriti i congedi parentali per gli uomini e promosse la formazione e la crescita professionale delle donne. Di parere diverso i colleghi uomini: i dirigenti, infatti, evidenziano la presenza di servizi appositamente pensati per favorire la promozione dell’equità di genere. Se addirittura il 58% dei dirigenti uomini ritiene che nella propria azienda siano presenti progetti che mirano all’inclusione femminile, solo il 23% delle dirigenti donne la pensa allo stesso modo.

Donne ai vertici dell'azienda

Come sottolineato da Stefania Radoccia, Law Leader di EY, dall’analisi emerge che «nell’ultimo anno è cresciuta del 19% tra i dirigenti, uomini e donne, la percezione che la leadership femminile consenta alle imprese di raggiungere meglio gli obiettivi aziendali».

E a tal proposito ha ricordato: «Mai prima d’ora vi è stata così tanta consapevolezza nel mondo aziendale della necessità e dei benefici di sostenere e promuovere le donne nel corso della loro carriera lavorativa». In tal senso, tuttavia, i passi da compiere sono ancora tanti. Infatti, «la percentuale di donne che ricopre ruoli dirigenziali rimane ancora estremamente contenuta. Le donne nei Cda delle società italiane hanno raggiunto il 43% alla fine del 2022. Tuttavia, sono ancora poche le presenze femminili ai vertici: nel 2% dei casi amministratrici delegate e nel 4% presidenti».

Un divario difficile da azzerare

Le donne lavoratrici appaiono sempre più sfiduciate. Ebbene sì, perché quando si parla di ruoli dirigenziali ben il 23% di loro crede che non sarà mai raggiunto un equilibrio di genere. Da segnalare un aumento di sette punti percentuali in dodici mesi. Al contrario, il 68% dei dirigenti uomini è convinto che l’obiettivo potrà essere raggiunto nell’arco di dieci anni. Rispetto al 2022, appare in crescita il numero delle lavoratrici che evidenzia un divario salariale tra uomini e donne all’interno della propria azienda. Lo sottolinea il 55% delle lavoratrici, con un aumento del 7% rispetto all’anno precedente.

Molte, inoltre, ritengono che le opportunità di carriera offerte siano inferiori rispetto a quelle a cui possono andare incontro i colleghi uomini. Ne è convinto il 61% delle donne lavoratrici, registrando un +9% rispetto al 2022. Tra di loro c’è chi ritiene che si dia ancora poco spazio alla leadership femminile per via delle difficoltà di coniugare lavoro e famiglia. Lo evidenzia l’86% delle lavoratrici coinvolte nella ricerca. Al contempo, molte di loro ritengono che gli uomini lascino ancora oggi poco spazio alle donne (74%).

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Insomma, quando si parla di lavoro è ormai assodato che le donne non godono degli stessi diritti e degli stessi benefici degli uomini. Il problema appare difficile da contrastare. Ma è fondamentale che ogni impresa sensibilizzi i propri dipendenti sull’importanza dell’equità di genere e promuova iniziative concrete volte ad abbattere un gap che fa male.

Sembrerà paradossale, ma sul fronte della parità di genere nel mondo del lavoro ci sono stati dei peggioramenti proprio negli ultimi anni. Il motivo? «L’impatto della pandemia di Covid-19», la «crisi economica» e «le tensioni geopolitiche». Lo spiega Stefania Radoccia, ricordando che «viviamo un momento storico molto importante. Il raggiungimento dell’uguaglianza di genere è tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 Onu per lo Sviluppo Sostenibile, nonché uno dei pilastri nei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».

Poi ha fatto sapere: «Qualcosa si sta muovendo: dalla direttiva UE sulle quote di genere nei Cda delle quotate a quella sulla parità salariale, passando per la normativa italiana della certificazione di genere. Le aziende italiane devono farsi trovare pronte. La valorizzazione dei talenti femminili è una leva chiave per l’economia e la società più in generale». Ma anche «per stimolare l’innovazione e aumentare la resilienza». Infine, un monito da tenere bene a mente: «Ora più che mai è necessario agire in ecosistema e incoraggiare azioni concrete e coraggiose per sostenere e promuovere le donne nel mondo del lavoro».

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