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Separazione: la casa resta ai figli e sono i genitori ad alternarsi

Un caso in Piemonte conferma una nuova modalità di gestire i figli in caso di separazione: sono i genitori ad alternarsi nella ex casa familiare. Pro e contro

I figli non devono più “traslocare” ogni settimana o ogni 15 giorni, ma saranno i genitori ad alternarsi nella ex casa familiare, garantendo così ai minori una maggiore stabilità. A stabilirlo sono stati i giudici della corte d’Appello di Torino chiamati a pronunciarsi su un caso che arriva da Cuneo. Protagoniste due bambine di 4 e 7 anni, che potranno restare nella casa dei genitori in via separazione. Saranno loro, infatti, a stabilirsi in modo alternato sotto l’ex tetto coniugale.

Il caso: bambini a casa, i genitori si alternano

I giudici piemontesi hanno deciso l’affidamento condiviso in un caso di separazione, ma con una novità: i genitori «dovranno ruotare, a settimane alterne, nella casa familiare. Con previsione di due pomeriggi a settimana con l’altro genitore». A fare le valigie di volta in volta, quindi, saranno madre o padre. L’intento è creare meno disagio possibile alle minori, ma la scelta ha sollevato qualche perplessità: «Per esperienza non è una scelta molto frequente, per diversi motivi. Economici, perché presuppone che i genitori abbiano un’altra casa dove andare nei giorni in cui non vivono con le figlie. E anche perché presuppone un accordo tra ex coniugi e che non ci siano ricadute lavorative negative», commenta l’avvocato Marisa Marraffino, esperta di minori.

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Le perplessità: dalla casa, al lavoro dei genitori

Di sentenza «singolare» parla il legale della donna del caso piemontese, che aveva presentato una denuncia per maltrattamenti, avvenuti proprio in quella stessa casa coniugale. «Una strada del genere si può intraprendere se, per esempio, madre e padre possono disporre di un’altra casa, magari dei nonni. Oppure se c’è un mantenimento diretto dei figli per cui non c’è alcun assegno, ma entrambi gli ex coniugi provvedono direttamente ai bisogni, come ad esempio alla spesa o al vestiario dei figli – osserva Marraffino – Ma ci deve essere l’accordo e può essere difficile una gestione del genere. Il tutto senza contare gli orari di lavoro dei genitori, le distanze, ecc.: può non essere compatibile rispetto a molte variabili».

I vantaggi: stabilità per i bambini dopo la separazione

Ufficialmente si tratta del secondo caso del genere, dopo un precedente in cui il Tribunale di Trieste si era pronunciato nello stesso modo. La sensazione, però, è che soluzioni di questo tipo possano aumentare nel tempo. Il vantaggio più immediato, d’altro canto, è che le figlie potranno non essere costrette a cambiare casa in modo periodico, ma potranno rimanere in quella in cui vivevano quando la famiglia era unita, senza dover cambiare scuola o amicizie. «Questo, però, avviene anche con l’affido congiunto presso la casa coniugale che in genere è assegnata alla madre, proprio per evitare traumi eccessivi ai figli», conferma Marraffino.

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Qual è la soluzione più diffusa in caso di separazione

«Naturalmente molto dipende dall’età dei bambini. Finché sono piccoli o molto piccoli, dunque non sono autonomi e si ritiene prevalga l’esigenza di stare con la madre, prevale proprio la collocazione dalla madre, mentre stanno col padre un week end ogni quindici giorni e, quando non stanno nel fine settimana, anche 1 o 2 giorni infrasettimanali. Poi, col passare del tempo, lo squilibrio tende ad appianarsi. In genere, comunque, la tendenza è questa», conferma l’avvocato, che sottolinea come «comunque la regola è la garanzia della bigenitorialità del figlio».

E se è il figlio a scegliere?

Intanto, però, sempre in questi giorni è arrivata una sentenza della Cassazione che ha posto dei limiti al collocamento paritario, quando il bambino non vede volentieri uno dei genitori e nonostante le richieste da parte questi ultimi. I supremi giudici, infatti, hanno respinto il ricorso di una madre (con ordinanza 3372 del 6 febbraio 2024) contro il provvedimento con cui il bambino era andato a vivere prevalentemente con il padre. Il motivo sta in quello che viene definito l’«interesse del minore, che è al centro del diritto di famiglia», sottolinea Marraffino, che aggiunge: «Con la riforma Cartabia, ora, è previsto proprio il ruolo del minore all’interno del processo».

Serparazione: più importanza ai minori

Secondo la Cassazione, la frequentazione del tutto paritaria tra genitore e figlio, prevista con l’affido condiviso, ha «natura tendenziale»: è possibile quindi discostarsi se nell’interesse del minore, senza predicare il diritto alla bigenitorialità. L’obiettivo rimane il benessere del bambino nella sua crescita armoniosa e serena. «Con la Riforma dell’ex ministro della Giustizia, Marta Cartabia, dai 12 anni in su (e a volte anche in età inferiore) il giudice è tenuto ad ascoltare anche il minore. Se uno dei due genitori, ad esempio, è assente o non ha un rapporto consolidato con lui, può accadere che il percorso di frequentazione sia più graduale – dice Marraffino – Altre volte può entrare in gioco un curatore speciale, che è un avvocato che fa gli interessi dei figli».  

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