In Moonrise Kingdom, piccolo-grande capolavoro diretto da Wes Anderson nel 2012, gli adolescenti innamorati si chiamano Sam e Suzy. Lui è un orfano che sta trascorrendo l’estate in un campo scout, lei è una ragazzina che si sente fuori posto. Tra loro, la magia scatta alla prima occhiata: in un mondo di alieni, entrambi hanno l’impressione di aver incontrato, finalmente, un proprio simile. Dopo un fitto scambio di lettere durato un anno, i due fuggono insieme. E mentre l’intera isola al largo delle coste del New England si mobilita per riacciuffarli, vivono momenti pazzeschi, tra balli sfrenati sulla spiaggia e chiacchierate esilaranti (ma profondissime). «Io sono dalla tua parte», si dicono, decisi a restare insieme per sempre.

L’altalena emotiva dei teen in amore

Surreale, fiabesco, ma veritiero. Anche dalle nostre parti, ben lontani dalla finzione cinematografica, il sentimento che provano gli adolescenti innamorati è travolgente. Scossi da emozioni dirompenti, che non hanno mai sperimentato prima, sono confusi, sconvolti, per aria. Nessuna via di mezzo: dall’euforia passano alla disperazione, per tornare al settimo cielo e sprofondare nuovamente nello sconforto. Il tutto, a volte, nel giro di mezza giornata.

La spiegazione è nel cervello

«Con l’adolescenza si verifica una ristrutturazione generale a livello cerebrale, un’esplosione di nuove connessioni simile a quella che capita ai bambini intorno ai 2 anni», spiega Giada Zurlo, educatrice di discipline positive per genitori, fondatrice di Genitori Diversi. «A questo, si aggiunge la valanga di ormoni che investe gli adolescenti che diventano, così, super impulsivi ed estremi in ogni cosa che provano, fanno e pensano». Ecco perché basta impegnarsi un attimo per ricordare quello che si sente a quell’età. È letteralmente indimenticabile, nel bene e nel male.

Gli adolescenti innamorati si fanno le ossa

«Col primo amore si inizia a scoprire che cosa significa desiderare intensamente un’altra persona e scendere a patti con se stessi nel tentativo di costruire un rapporto ed entrare in sintonia», suggerisce Giada Zurlo. «Nelle fasi più luminose della storia, ci si sente accolti e protetti – non da mamma e papà, ma da un coetaneo – ed è fantastico. Certo, il confronto con l’altro è complicato, ma rappresenta un’occasione di crescita: insegna a interrogarsi su quello che si sente, a sviluppare empatia, a volte addirittura a riconoscere l’importanza dei compromessi». E quando il rapporto si incrina o finisce? «La sofferenza fa parte del percorso e offre l’opportunità di capire che il dolore non è eterno e che banalmente, dopo ogni caduta, si può trovare la forza di risollevarsi».

adolescenti innamorati
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Proteggerli dalla sofferenza? Non si può

Mangiano poco, dormono meno e parlano raramente. Avere per casa degli adolescenti innamorati non è affatto semplice. «Il primo step per i genitori è affrontare una delle loro paure più grandi: vedere i figli che soffrono», dice Zurlo. «La verità difficile da accettare è che proteggerli dal dolore non è possibile, e nemmeno saggio. La sofferenza va attraversata per imparare a conoscersi meglio e a sviluppare la fiducia nella propria capacità di resistere agli urti della vita». Il ruolo di mamma e papà, quindi, non è evitare la tempesta, ma essere presenti mentre piove a dirotto. Il più possibili stabili, sereni. E spesso in silenzio.

Quando serve un silenzio accogliente

Rispettare la privacy degli adolescenti innamorati è un’altra regola base. «Se, come spesso accade, non si aprono, evitiamo di assillarli con le domande, anche perché più insistiamo, più alzeranno barriere», spiega Giada Zurlo. «Cerchiamo, piuttosto, di rassicurarli: quando si sentiranno pronti per un confronto o un consiglio, noi saremo disponibili. Proviamo a stargli vicino fisicamente, anche senza parlare. Possiamo, ad esempio, trascorrere del tempo nella stessa stanza in cui loro studiano o guardano la tv, leggendo o dedicandoci ad altro. Un silenzio accogliente sa essere più prezioso di mille suggerimenti non richiesti (e quindi, in genere, non ascoltati)».

Tutti gli adolescenti innamorati sono diversi

Altro scivolone da evitare, sminuire quello che gli adolescenti innamorati stanno provando o, al contrario, immedesimarsi troppo. «Il rischio è confondere le emozioni dei figli con le nostre, perdere l’equilibrio e, di fatto, non essere più d’aiuto», chiarisce Zurlo. «I nostri amori del passato possono darci una mano a intuire cosa stanno vivendo, ma non dimentichiamo che loro sono individui diversi da noi, con reazioni ed esigenze differenti. Le loro storie non seguiranno necessariamente lo stesso copione delle nostre. Cerchiamo quindi di non minimizzare ciò che provano, ma nemmeno di drammatizzare, soprattutto se stanno attraversando un momento di difficoltà e confusione. Dobbiamo mantenere la calma, mostrarci lucidi e positivi. Il messaggio da trasmettere è: “Mi fido di te e ti reputo forte e in gamba, in grado di cavartela benissimo da solo e risolvere i tuoi problemi”».

Prima dei consigli, va preparato il terreno

Il silenzio, l’abbiamo capito, è molto prezioso. Ma se ci accorgiamo che i nostri figli, adolescenti innamorati, stanno mettendo da parte loro stessi per piacere all’altro? Se, ad esempio, rinunciano alle loro passioni, ai loro spazi? «Perché la nostra critica risulti costruttiva, l’ideale è “connettersi” prima di correggere», spiega Zurlo. «Se sono giorni che ci ascoltano a malapena, la priorità è colmare la distanza, fare un passo nel loro mondo. Potrebbe bastare un pomeriggio trascorso insieme senza tensioni, un giro di shopping, una pizza, un tragitto in macchina ascoltando la musica che piace a loro». Una volta “preparato il terreno”, esponiamo le nostre perplessità. Magari raccontando una storia.

Storie per adolescenti innamorati

Lo storytelling è uno strumento d’insegnamento molto potente. «Per portare i nostri figli, impegnati in una storia d’amore che li fa soffrire, a riflettere sulla necessità di riaggiustare il tiro, potremmo introdurre l’argomento prendendo spunto da una notizia ascoltata al tg, da una serie o da un libro. O, meglio ancora, possiamo raccontare qualcosa che è successo a noi, quando avevamo la loro età. Sapere che, un tempo, abbiamo vissuto emozioni simili e affrontato ostacoli non semplici, li aiuterà a sentirsi meno soli. E soprattutto, restituirà fiducia: in noi come genitori, ma anche in loro stessi».