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Aborto: qual è lo scopo dell’emendamento di cui si parla

L'emendamento sui consultori di Fratelli d'Italia al decreto legge che mette in atto il PNRR fa discutere. Perché? Di fatto blinda l'ingresso delle associazioni pro-vita nei consultori: questa è la novità

Perché parlare di aborto in Italia è così difficile e finisce per trasformarsi in una discussione ideologica? E perché se ne parla tanto in questi giorni? Eppure i dati ci dicono che il tasso di abortività in Italia (cioè il numero di interruzioni volontarie di garvidanza per 1.000 donne di età 15-49 anni) è tra i valori più bassi a livello internazionale. E che il rapporto di abortività (cioè il numero di IVG per 1000 nati vivi) si è ridotto del 4,1 per cento nel 2021 rispetto al 2020. Per quanto vecchi e disaggregati, i dati dicono questo e sono gli unici disponibili oggi sull’IVG (si possono leggere nella Relazione del Ministero della Salute sulla tutela sociale della maternità, l’unica fonte ufficiale). Perché allora l’aborto è costantemente al centro dell’attenzione

Cosa dice l’emendamento 

Il Parlamento ha appena votato la fiducia al decreto per l’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma il deputato Lorenzo Malagola di Fratelli d’Italia ha presentato un emendamento all’articolo 44, intitolato “Norme in materia di servizi consultoriali”, di fatto blindandolo. 

L’emendamento recita: “Le regioni organizzano i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, Componente 1, del PNRR e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”. Come scrive su Quotidiano Sanità Anna Pompili, ginecologa, Consigliera Generale Associazione Luca Coscioni, «l’emendamento sottolinea ciò che è già chiaramente espresso nell’art. 2 della legge 194, secondo il quale “I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”. La legge 194 quindi dice la stessa cosa. 

L’emendamento ribadisce ciò che è già scritto nella 194. Perché?

Perché allora si ritiene necessario evidenziare ciò che è già chiaramente espresso nella legge? «Certamente non per destinare ai consultori, depotenziati, con personale ridotto all’osso, sempre in affanno, qualche centesimo di euro in più; nell’emendamento si chiarisce infatti che per esso non è previsto alcun onere per la finanza pubblica» spiega la dottoressa Pompili. Perché allora questa sottolineatura dell’art. 2 della legge 194? Forse perché proprio di sottolineatura non si tratta. «Nella legge 194 il soggetto che può avvalersi della collaborazione di associazioni di volontariato al fine di sostenere le maternità difficili è il consultorio, e ad esso e alle figure professionali (queste sì altamente qualificate) che ne compongono l’équipe multidisciplinare, spetta la valutazione e la scelta di eventuali collaborazioni. Nell’emendamento del governo, invece, il soggetto cambia, ed è la Regione a decidere di tale eventuale coinvolgimento. Dunque, ciò che viene fatto in consultorio sulla base di una valutazione specifica, caso per caso, con l’emendamento in questione verrà imposto dall’alto, sulla base di criteri generali che snaturano i compiti e le competenze dei consultori. Lungi dal voler valorizzare e potenziare il ruolo dei consultori anche nel sostegno alle maternità difficili, tale emendamento ha dunque, di fatto, lo scopo di dare una dimensione nazionale e di estendere a tutto il Paese ciò che è già stato fatto in alcune regioni, con l’apertura ai cosiddetti “pro-vita” e ai loro centri di aiuto alla vita». 

L’emendamento di fatto apre alle associazioni pro-vita

Mentre in Francia il Parlamento inserisce il diritto di aborto tra quelli garantiti dalla Costituzione, e mentre il Parlamento europeo vota a favore dell’inserimento dell’interruzione di gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, nel nostro Paese si aprono i consultori alle associazioni pro-life che, secondo le associazioni femministe, usano metodi manipolativi (come far ascoltare il battito del feto) per convincere le donne a non abortire, seguendo il modello di un’associazione antiabortista di destra americana. 

La reazione delle opposizioni e il video

Il Partito Democratico e il Movimento 5Stelle hanno contestato l’emendamento dicendo che rappresenta un attacco alla legge 194, quella che, dal 1978, regola il diritto all’aborto. Oggi l’onorevole Gilda Sportiello in un appassionato intervento alla Camera accusa il governo di voler minare la libertà delle donne.

Le critiche all’emendamento della maggioranza di governo arrivano anche dall’estero. In particolare dalla Spagna. «Consentire pressioni organizzate contro le donne che vogliono interrompere una gravidanza significa minare un diritto riconosciuto dalla legge – ha commentato su X, riferendosi al caso italiano, Ana Redondo, ministra per l’Uguaglianza spagnola – È la strategia dell’estrema destra: minacciare per togliere diritti, per frenare la parità tra donne e uomini».

La legge 194 già tutela la maternità

La legge 194, in ogni caso, proprio perfetta non è, come spiega Chiara Lalli, docente di Storia della medicina, autrice con Sonia Montegiove, informatica e giornalista, del libro Mai dati. Dati aperti (sulla 194). Perché sono nostri e perché ci servono per scegliere (Fandango). «La 194 è una legge mediocre e ma applicata o, meglio, la cui applicazione è oscura e nebulosa. Comunque lo spirito della legge è già conservativo e a difesa della maternità, tant’è che si chiama “norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza”. La legge assiste le donne in gravidanza “contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”. Non spinge all’aborto ma cerca di rimuoverne le ragioni, per esempio di natura materiale ed economica. Il problema è che oggi con questo emendamento si sottrae ai consultori il controllo sulle professionalità dei medici e operatori per darlo alle Regioni. Quindi dobbiamo chiederci: come sarà formato il personale? Come possiamo sapere se non si cercherà di provare a convincere la donna a non abortire facendola sentire in colpa? Il nodo più importante è capire come controllare questo passaggio fondamentale. Finora comunque – prosegue l’esperta – la legge è stata mal applicata, quindi il governo in carica raccoglie un’eredità pregressa». 

I consultori non sono solo centri in cui abortire

Soprattutto spiace che si parli dei consultori solo come centri che aiutano ad abortire. «Nell’impianto della legge 194 avrebbero dovuto essere ben altro, cioè centri per la salute, non solo riproduttiva, strettamente legati al territorio, in cui fare prevenzione. La verità è che ce ne sono sempre meno e con meno fondi, e questo emendamento li sottrae perché passa alle Regioni il compito di gestirli» conclude Chiara Lalli.

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