Sono tutte al Nord le Asl e le aziende ospedaliere che si collocano ai primi posti per efficienza e migliori performance di gestione. Il Sud, invece, arranca e rimane fanalino di coda. La conferma di un’Italia sanitaria ancora spaccata a metà, con un divario tra regioni settentrionali e meridionali sempre più ampio, arriva dai dati aggiornati al 2023 del modello di valutazione della performance manageriale delle aziende sanitarie pubbliche, ospedaliere e territoriali, presentati dall’Agenas (Agenzia nazionale servizi sanitari regionali) al Forum Risk management ad Arezzo. La valutazione riguarda parametri organizzativi ed economici, mentre nel Rapporto Esiti presentato sempre da Agenas ad ottobre erano valutati gli esiti clinici e delle cure erogate dalle strutture.
Le Asl con le migliori performance
Nella classifica stilata dall’Agenas, sono 5 le Aziende sanitarie territoriali pubbliche che registrano i migliori livelli di performance: Azienda Ulss n.8 Berica (Vicenza), Ats di Bergamo, Azienda Ulss n.6 Euganea (Padova), Azienda Ulss n.1 Dolomiti e l’Azienda Usl di Bologna. Le Aziende sanitarie territoriali pubbliche meno performanti risultano invece essere Asl Napoli 1 Centro, Asp di Crotone, Asl di Matera, Asp di Enna e Asp di Vibo Valentia.
I parametri del monitoraggio delle Asl
Il monitoraggio prende in considerazione tutte le 110 Aziende sanitarie territoriali italiane e si basa sulla valutazione di 34 indicatori classificati in 6 aree: prevenzione, assistenza distrettuale, assistenza ospedaliera, sostenibilità economica-patrimoniale, outcome. Complessivamente, 27 aziende hanno una valutazione buona, 53 intermedia e 30 migliorabile.
L’area della prevenzione
Rispetto all’area della prevenzione, in particolare, si legge nel report, «la valutazione degli indicatori sulle percentuali di screening (mammella, cervice, colon) eseguiti sulla popolazione target, evidenzia come le Asl delle regioni del Nord-est registrano un livello alto/molto alto di screening eseguiti rispetto alle Asl delle regioni del centro e del sud che presentano mediamente valori bassi».
L’Area Outcome
L’Area Outcome (Esiti), che ha come indicatori mortalità prevenibile e trattabile, fa inoltre rilevare come i tassi di mortalità siano molto più bassi al Centro-Nord, con l’eccezione delle Asl della Regione Lazio, rispetto al Sud.
Al Nord gli ospedali migliori
Sempre al Nord sono anche le migliori Aziende ospedaliere e Aziende ospedaliere universitarie. Le prime migliori 5 sono l’Azienda ospedaliera Ao Santa Croce e Carle (Cn); Aou Padova (Pd); Aou Policlinico Tor Vergata (Rm); Aou Sant’Andrea (Rm); Aou Policlinico San Matteo (Pv). La valutazione si è basata su27 indicatori classificati in 4 aree (accessibilità, processi organizzativi, sostenibilità economico-patrimoniale, investimenti) e sono state considerate tutte le 51 Aziende ospedaliere presenti sul territorio, tranne gli Ircss. Sul totale, 13 aziende hanno ottenuto una valutazione complessiva buona, 25 intermedia e 13 migliorabile.
Agenas: «Gli ospedali stanno facendo il loro lavoro alla grande»
«Il sistema ospedaliero – ha commentato il direttore generale Agenas, Domenico Mantoan – è un sistema che, al netto di qualche caso da migliorare, regge il servizio sanitario italiano. Oggi gli ospedali stanno facendo il loro lavoro alla grande, compresi i Pronto Soccorso. Se oggi abbiamo 25 milioni di accessi ai Pronto Soccorso è perché il cittadino non trova risposte sul territorio. O ci sbrighiamo creando un nuovo modello di cure primarie o abbandoniamo questa strada e triplichiamo i Pronto Soccorso perché al cittadino bisogna dare una risposta».
Nuovo modello per valutare il personale
Al Forum, l’Agenas ha anche presentato un nuovo modello per calcolare gli standard del personale, vale a dire il fabbisogno medio per ciascuna struttura in relazione ai bisogni di salute e alle prestazioni erogate. «È una roba difficilissima – ha detto Mantoan -, ma è indispensabile, se vogliamo programmare». Lo strumento, per esempio, potrebbe essere usato per definire il fabbisogno di personale per contrastare le liste d’attesa. Nel 2023, ha quindi sottolineato, «il Servizio sanitario pubblico non è riuscito ad arrivare ai livelli di produzione del 2019, nonostante ci siano 40mila lavoratori in più rispetto a quell’anno».