Interventi di chirurgia preventiva, quali asportazione di tube e ovaie o mastectomia bilaterale sono salvavita nelle giovani donne con «mutazione Jolie». Ciò vale non solo per le portatrici sane, ma anche per chi ha già ricevuto una diagnosi di tumore al seno. Lo rivela per la prima volta il più ampio studio al mondo mai realizzato su giovani under 40 con storia clinica di un tumore mammario e mutazioni dei geni BRCA 1 e BRCA 2. Geni, ricordiamolo, responsabili di un elevato rischio di sviluppare cancro al seno e alle ovaie.

L’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova ha coordinato la ricerca, pubblicata su The Lancet Oncology. Il tutto sotto la guida è degli oncologi Matteo Lambertini ed Eva Blondeaux, con il sostegno dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC).

Rischio recidive e mortalità ridotto fino al 42%

Lo studio chiarisce in via definitiva come l’asportazione preventiva dei seni o delle ovaie e delle tube, e non solo la sorveglianza attiva per il cancro, siano un’importante via da seguire per ridurre recidive e mortalità. Gli interventi di mastectomia bilaterale, sino ad oggi non altamente raccomandati nella pratica clinica, e rimozione chirurgica di tube e ovaie, si sono invece mostrati fondamentali per ridurre fino al 42% la possibilità di recidive e di mortalità nelle giovani pazienti.

Chirurgia preventiva, i numeri della ricerca

La ricerca ha analizzato i dati raccolti tra il 2000 e il 2020 di 5.290 pazienti under 40 con tumore del seno legato a mutazioni del gene BRCA, trattate in 109 istituti di tutto il mondo. «Delle partecipanti incluse nello studio, 2.910 si sono sottoposte a mastectomia bilaterale, 2782 a ovariectomia», riferisce Eva Blondeaux, prima autrice dello studio. «Tra le 5.290 partecipanti – prosegue -, 1.804 hanno optato per entrambe le procedure, mentre 1.402 non si sono sottoposte a nessuno dei due interventi chirurgici».

Per circa otto anni i medici hanno seguito le pazienti per valutare l’efficacia dell’approccio della chirurgia preventiva. «A distanza di quasi un decennio, il gruppo che si è sottoposto solo a mastectomia bilaterale ha riportato, mediamente, una riduzione del rischio di mortalità del 35%, e di recidiva o di altra neoplasia primaria del 42% – aggiunge l’oncologa -. Per le pazienti che invece hanno rimosso tube e ovaie, i numeri sono quasi invertiti. L’intervento è stato infatti associato a un rischio di mortalità inferiore del 42% e a un rischio di recidiva, sempre in media, del 32% in meno», puntualizza.

screening seno

Alterazioni genetiche e rischi

«Nelle donne con mutazione BRCA 1 e/o BRCA 2, il rischio di sviluppare cancro al seno è di circa il 70% nell’arco della vita e quello di cancro ovarico del 20-45%, quindi notevolmente più alti rispetto al rischio di sviluppare tali neoplasie in chi non ha questa alterazione genetica ereditaria – spiega Matteo Lambertini, coordinatore dello studio -. Spesso, poi, in queste pazienti, l’esordio della malattia è precoce, sotto i 40 anni, in una fase della vita in cui sono ancora fertili».

«Strategie di riduzione del rischio – continua – tra cui la mastectomia bilaterale profilattica e l’asportazione di tube e ovaie, sono ampiamente raccomandate nei portatori sani di mutazioni BRCA, ma in chi ha già una storia pregressa di tumore al seno, il vantaggio era, fino ad oggi, meno chiaro e non quantificato, specialmente per le pazienti molto giovani nelle quali bisogna tener conto anche delle conseguenze sulla qualità di vita come la menopausa chirurgica e l’infertilità.

«I risultati – conclude Lambertini – hanno dimostrato che entrambi questi interventi chirurgici sono associati a un miglioramento della sopravvivenza complessiva nelle portatrici di mutazione BRCA con una storia pregressa di cancro al seno insorto in età precoce. Questo importante beneficio si è osservato indipendentemente dall’età alla diagnosi, da dimensione e aggressività del tumore, dall’eventuale precedente chemioterapia. La ricerca evidenzia dunque come entrambe le chirurgie siano strategie fondamentali di gestione del rischio per questo gruppo di donne. E vadano integrate nelle linee guida per le portatrici di mutazioni BRCA con tumore al seno a insorgenza precoce».