a scuola di drag queen
Dario Bellotti, meccanico e drag queen, in arte @barbiebubu

Nei panni di una drag queen

Abiti favolosi, trucco sgargiante, parrucche cotonate, tacchi super… E tre divertentissime ore di lezione per trasformarsi in una drag queen. Ma soprattutto per giocare, osare, cambiare. Come ha fatto la nostra giornalista, allieva per una sera nella scuola del Piccolo Teatro Comico di Torino

Che vestiti da sogno!

Torino, quartiere Santa Rita, esterno notte. Ma appena entro al Piccolo Teatro Comico il buio scompare e vengo abbagliata dalle paillettes che luccicano, le sete cangianti, i broccati principeschi degli oltre 1.500 abiti appesi in ordine perfetto. Lunghi, corti, scollati sulla schiena, a sottoveste: ce n’è per tutti i gusti. Sono i vestiti indossati dagli allievi del corso per drag queen che si tiene ogni martedì sera, dalle 19.30 alle 22.30, da ottobre a maggio. A colpirmi, nel dietro le quinte di questo piccolo teatro, oltre ai colori e alle file interminabili di parrucche, sono le risate: genuine, gioiose, libere.

Dario Bellotti, drag queen e ideatore delle scuola di Torino

Proprio come la lezione che sta per iniziare. A farmi da guida in queste 3 (magnifiche e divertentissime) ore è Dario Bellotti, 46 anni, meccanico di Torino. «L’idea di aprire la scuola Art Studio Drag Queen è nata 3 anni fa per gioco, su richiesta anche di alcune donne che volevano migliorare il proprio portamento e imparare a camminare con i tacchi» dice Dario, in arte Barbie Bubu (@barbiebubu). «Noi siamo preparatissimi» scherza. «Ci alleniamo con il carrellino!». E in effetti è proprio così: sia lui sia gli uomini che stanno arrivando (e che chiamerò con il loro nome d’arte) camminano senza problemi su trampoli che arrivano fino a 25 centimetri. «Io ne ho 60 paia. Ho più vestiti e scarpe da donna che da uomo» rivela Isabel, drag queen che frequenta la scuola già da 2 anni. «Mi piace imparare, mettermi in gioco, cambiare» dice, mentre indossa un tubino stretch e una nuova parrucca rossa, a caschetto.

Cosa bisogna studiare per diventare una drag queen

Il bello di questa scuola per drag queen è che c’è posto per tutti, senza pregiudizi né paletti. Ci sono uomini che vogliono trasformarsi in donne, donne che sognano di essere uomini e pure chi non vuol cambiare sesso ma solo aspetto per tirar fuori lati della propria personalità e identità che altrimenti sarebbero destinati a rimanere nascosti. «Per partecipare è sufficiente la voglia di osare e divertirsi. I nostri allievi, una decina quest’anno, vanno dai 14 ai 70 anni e qui con noi studiano recitazione, postura, portamento, burlesque, ballo, cabaret e naturalmente trucco, parrucco e sartoria» mi spiega Carla Peroggi Balducci, performer e attrice, che insegna nella scuola con Bellotti. «Ognuno sceglie ciò per cui si sente più portato, io a 20 anni mi sono seduto a una macchina da cucire e mi sono fatto un vestito, senza saper nulla di sartoria. Ma ce l’avevo dentro e così è per ognuno di noi» dice Dario. Quel vestito rosa fucsia Barbie Bubu ce l’ha ancora oggi e lo indossa negli spettacoli più importanti, in cui di solito sono previsti 20 cambi d’abito e almeno 3 ore di preparazione per il trucco e l’acconciatura.

Suona la campanella: inizia la lezione

Ma torniamo alla lezione. Sono le 20, le luci sono pronte e le aspiranti drag queen anche, 5 uomini e 3 donne. Partiamo con l’allenamento della voce. «Proprio come prima di una performance sportiva un atleta ha bisogno di riscaldare tutti i muscoli del corpo per poter dare il massimo, un cantante o un attore ha bisogno di riscaldare le corde vocali, i muscoli della voce» dice Dario, che prima di insegnare qui ha studiato commedia dell’arte, tip-tap, pattinaggio artistico, danza. In cerchio con loro, ci provo anche io: una mano dietro all’orecchio e l’altra davanti alle labbra, inspiro dal naso ed espiro dalla bocca, come se volessi scaldarmi la mano. Poi passiamo al “fry”, un esercizio – difficilissimo per i principianti come me – in cui devi tirare fuori la voce più grave che hai. «Quasi come fosse un rutto» mi spiegano. Serve per pulire le corde vocali in modo che il suono sia nitido, chiaro. Mi cimento anche in questo ma con scarsi risultati, dopo pochi secondi non ho più fiato. A questo punto, prima di salire sul palco, è la volta della camminata: sicura, femminile, decisa. Tutti gli allievi, tranne me che sui trampoli che mi hanno dato traballo come un funambolo, sono davvero imbattibili. Ma la più brava è Marika, 49 anni, shorts neri, top animalier e zeppe tacco 18. «Vengo al corso perché mi ha iscritto mia moglie: cammino meglio di lei!» dice, mentre sale sul palco per primo. E la scena adesso è tutta sua.

Perché diventare una drag queen

Diventare una drag queen è un’arte, come fare l’attore di teatro o il ballerino. «È un’arte che non prevede generi. Non ha sesso. Ti dà la possibilità di trasformarti in quello che vuoi» sottolinea Dario. Al centro c’è la libertà di espressione e la voglia di giocare con gli stereotipi, di farli a pezzi. «Negli ultimi anni sono cambiate molte cose» continua. «Abbiamo tolto parecchi blocchi, oggi ci sono meno pregiudizi. Le persone hanno capito che essere drag queen non significa essere gay, volgari o vendere sesso, ma semplicemente divertirsi, mettersi alla prova, cambiare. Ci trasformiamo per far ridere e a volte anche per far piangere». Lo scopo della scuola per drag queen è proprio questo: scoprire qualcosa di sé, giocare con la propria espressività tra paillettes e boa di piume, con il concetto di genere e, soprattutto, sentirsi liberi. Come mi confessa Giulia, 58 anni: «Non ho mai messo in mostra la mia femminilità, mi vergognavo. Adesso inizio a esagerarla e mi piace. Mi piaccio». La stessa cosa me la fa capire Isabel che, dopo aver chiuso la sua valigia del trucco, mi dà un passaggio. «Non ti togli la parrucca rossa?» gli chiedo. «No, così mi sento bella!». Credetemi, è proprio così.

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