È stato necessario filmare 32 stupri per credere alle donne e fermare le violenze quotidiane che avvenivano nel reparto di radiologia dell’ospedale di Piacenza ad opera del primario, medico stimato e molto conosciuto. Dopo due denunce – anche se una era stata ritirata – ci sono voluti 32 filmati per procedere all’arresto. Alberto Michieletti, 60 anni, ora è agli arresti domiciliari con l’accusa di violenza sessuale e stalking. Il giorno dopo l’arresto è stato licenziato.

L’omertà e le violenze nell’ospedale di Piacenza

Tutti sapevano all’ospedale di Piacenza ma nessuno parlava. Un clima di omertà, di paura ma anche complicità perché – ricordiamocelo – il silenzio è sempre complice. Un ambiente in cui a dominare era la soggezione verso un uomo potente che ha potuto continuare a usare le donne e i loro corpi come un patrimonio personale. Come conferma lo stesso presidente della Regione, Michele de Pascale: «È evidente che alla base di simili condotte ci sono certamente comportamenti individuali, ma c’è anche un clima maschilista e patriarcale che dobbiamo aggredire in radice anche dentro le nostre organizzazioni e istituzioni, affinché non si possa nemmeno ipotizzare il verificarsi di fenomeni di questo tipo».

Il ricatto del potere contro le donne

Fenomeni che non sono casi isolati e che caratterizzano altri ambienti di lavoro, in cui le donne faticano a uscire allo scoperto per le minacce e la paura di ritorsioni. «Sappiamo bene che questo non è un caso isolato» – commenta Cristina Carelli, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. «Attraverso la violenza sessuale si vuole riaffermare un potere fondato sulla minaccia, il ricatto, la denigrazione, la colpevolizzazione e l’appropriazione del corpo delle donne. Tutto ciò è ancora possibile perché radicato nella cultura dello stupro che legittima linguaggio sessista e misogino, molestie sessuali scambiate per approcci, ruoli stereotipati, avallati da un’onda conservatrice che tende a legittimare le reazioni maschili alla crescente libertà delle donne».

Finora solo una denuncia

Tutto è partito dalla denuncia, mesi fa, di una medica che riferì alla direzione sanitaria locale, e poi alla Questura, di essere entrata nello studio del primario per concordare il proprio piano ferie e di essere stata spinta contro il muro dopo che lui aveva chiuso la porta a chiave, e poi obbligata ad atti sessuali che non voleva compiere. A interrompere la violenza, un medico che aveva bussato alla porta dello studio. Alberto Michieletti è poi stato denunciato anche da una seconda donna, che ha però ritirato la denuncia il giorno dopo «per paura delle conseguenze di aver segnalato all’autorità giudiziaria quelli che in molti definiscono un uomo “potente” e che vanta “conoscenze”», come riferisce Il Fatto Quotidiano.

Violenze quotidiane all’ospedale di Piacenza

Le indagini sono quindi partite, la Procura di Piacenza ha disposto intercettazioni telefoniche e ambientali nello studio del primario e raccolto quelli che la Questura stessa definisce «numerosissimi elementi» di prova contro di lui. In soli 45 giorni sono stati documentati 32 casi di violenze: le riprese video nel suo ufficio hanno documentato atti sessuali pressoché quotidiani in orario di servizio e le resistenze di alcune delle donne con cui li compiva.

Le donne convocate con l’altoparlante

In un caso il primario avrebbe convocato nel suo ufficio una collega consenziente appositamente per fare sesso, dopo le resistenze di un’altra collega ad alcuni suoi palpeggiamenti. Si sarebbe inoltre vantato con alcuni suoi colleghi di quello che faceva. In ospedale, quindi, quello che accadeva era ben noto anche perché – come riferisce Il Corriere della sera – il primario convocava addirittura le donne con l’altoparlante. Nonostante questo, gli investigatori sottolineano come a rendere complesse le indagini, sia stato proprio il clima di forte omertà all’interno del reparto, che ha reso difficile a diverse vittime raccontare quanto stesse accadendo, a loro e ad altre dottoresse e infermiere.

Finora una sola denuncia

Tant’è che, al momento, la denuncia è una sola: nel corso delle indagini, una seconda dottoressa, appositamente invitata in Questura, aveva sporto denuncia e raccontato gli abusi subiti, ma poi l’aveva ritirata il giorno successivo per timore delle conseguenze lavorative e familiari. Riferisce la Questura che «Sono al momento diverse le vittime individuate che hanno confermato gli abusi sessuali, ma come i video e le immagini estrapolati dimostrano chiaramente, si tratta solo di parte delle donne costrette a subire atti di violenza».

«Vittime in stato di prostrazione» per la Questura

Vedremo se l’arresto innescherà altre denunce di donne impaurite dal ruolo e dal potere del primario. Di fatto – si legge nella nota della Polizia – il primario «compiva atti sessuali con quasi tutte le donne che varcavano da sole la porta del suo ufficio, all’occorrenza chiudendole nella stanza e bloccandole. Sebbene siano stati anche registrati all’interno dell’ufficio dei rapporti sessuali consenzienti con alcune operatrici, peraltro nell’orario di servizio, nella maggior parte dei casi le condotte erano espressione di atteggiamenti prevaricatori, evidenziati dalle riprese audio-video. È stato registrato come l’uomo abbia appositamente convocato una collega consenziente per sfogare la sua libidine, insoddisfatto dai soli palpeggiamenti ai danni di una vittima avvenuti pochi minuti prima. Le flebili resistenze delle vittime, ormai in stato di prostrazione, erano vinte di volta in volta, ed ogni giorno ricominciavano nuovi abusi».

Da altre intercettazioni sono emerse dichiarazioni del primario dopo le quali la Procura ha formulato anche l’accusa di atti persecutori, per la continuità con cui le donne venivano «costrette», dice la Questura, a subire gli atti sessuali col timore di ripercussioni nel caso di un rifiuto.