Un’università italiana entra per la prima volta nella top 100 del QS World University Rankings, una delle classifiche accademiche più prestigiose al mondo: il Politecnico di Milano si posiziona al 98° posto nell’edizione 2026, raggiungendo un risultato storico a livello nazionale.
Migliori università al mondo: la top 5
Il QS World University Rankings incorona il Mit di Boston che per la quattordicesima volta consecutiva si laurea migliore università del pianeta. Seguono l’Imperial College di Londra e Stanford (Usa), che guadagna tre posizioni rispetto all’anno scorso. Quarta è la britannica Oxford, mentre al quinto posto c’è la statunitense Harvard, protagonista nelle ultime settimane di un durissimo scontro con il presidente Donald Trump.
La sorpresa Polimi
Il report, che considera oltre 1500 università di 106 sistemi universitari del mondo, registra inoltre la crescita delle università asiatiche (il Nus di Singapore è ottavo, Hong Kong undicesimo e Pechino quattordicesimo), ma riserva una grande sorpresa in fondo alla top 100, con il piazzamento migliore di sempre per una università italiana. Grazie a un balzo di 17 posizioni, il Polimi entra dunque nella storia, trainata dai miglioramenti in «reputazione dei datori di lavoro», «reputazione accademica» ed «esiti occupazionali».
«Un traguardo significativo – il commento della rettrice Donatella Sciuto – Nell’ultimo decennio abbiamo ottenuto un miglioramento di 89 posizioni, che dobbiamo alla nostra comunità per la sua incrollabile dedizione e per una strategia di sviluppo a lungo termine. La nostra forza risiede nella qualità della ricerca e dell’insegnamento».
Le altre italiane in classifica
Nella classifica italiana segue la Sapienza di Roma, che sale di quattro posizioni nel ranking mondiale, in cui è 128esima. «Essere il primo ateneo generalista in Italia – esulta la rettrice Antonella Polimeni – è motivo di grande soddisfazione e profondo orgoglio. È il miglior posizionamento mai raggiunto dalla Sapienza in questa prestigiosa classifica globale». Terza università del Bel Paese è l’Alma Mater di Bologna, seguita da Padova e dal Politecnico di Torino.

Università italiane: gli indicatori nel dettaglio
Il report di Qs consente di analizzare nel dettaglio lo stato dell’università italiana. L‘Italia continua a essere riconosciuta a livello globale per l’eccellenza accademica: quattro università sono tra le prime 150 al mondo per reputazione e sono Sapienza (65esima posizione), Bologna (66), Polimi (84) e Padova (119).
Le migliori università italiane continuano anche a guadagnare credibilità presso i datori di lavoro globali, ma questo vale solo per gli atenei in cima alla classifica. La Sapienza è in testa alla classifica dell’indicatore «esiti occupazionali» (92esima nel mondo), ma solo sette università italiane sono tra le prime 500 al mondo in questo parametro.
Cresce anche la reputazione accademica dei nostri ricercatori; rispetto alla sostenibilità c’è in Italia «un nucleo di atenei che investono con convinzione», in particolare Padova, prima nel Paese e 110ma nel mondo, ma la tendenza complessiva è in calo.
Le criticità degli atenei tricolore
Il rapporto Qs fotografa anche le criticità dell’università italiana. L’internazionalizzazione per esempio è ancora un campo critico, e solo quattro atenei sono nella top 500 del mondo per percentuale di studenti stranieri: pochi i corsi in inglese così come le risorse, mentre in compenso la burocrazia è troppa.
Altro nodo dolente quello che il Qs definisce «il tallone d’Achille dell’accademia italiana, e cioè aule sovraffollate e facoltà con poco personale. Perché? Finanziamenti insufficienti, lentezza nel reclutamento accademico e rigidi quadri di assunzione pubblici. «L’ingresso dell’Italia nella top 100 mondiale – commenta la Ceo di Qs Jessica Turner – rappresenta una pietra miliare, ma ora è il momento di trasformare i successi individuali in un progresso strutturale e duraturo. Per competere davvero sulla scena globale, le università italiane devono valorizzare i propri punti di forza nella ricerca, ampliare gli investimenti nell’internazionalizzazione e affrontare con decisione le criticità legate all’occupabilità dei laureati e alle risorse del corpo docente. Le fondamenta ci sono: ora serve un’azione coraggiosa e coordinata».